Al Forte di Bard il Cervino in mostra tra scienza, moda e pubblicità

La seconda mostra del progetto del Forte di Bard "L'Adieu des Glaciers", quest'anno incentrata sul Monte Cervino.
Quadri di Busci
Cultura

Entra nella sala vestito elegante, sulla giacca del completo porta uno zaino da escursionismo. E’ Michele Freppaz, uno dei tre curatori della seconda mostra del progetto del Forte di Bard “L’Adieu des Glaciers”, insieme a Enrico Peyrot e Annalisa Cittera. Inaugurata, giovedì scorso, resterà aperta fino al 17 ottobre 2021 e sarà dedicata al Monte Cervino e al cambiamento climatico sui ghiacciai.

Il materiale era ancora più abbondante rispetto all’anno scorso: sono stati ricevuti contributi da più di 80 autori, tanto che una sala espositiva non è bastata e la mostra si è dovuta allargare a due piani. “Abbiamo cercato di fare una sintesi di questa moltitudine di voci”, dice Freppaz. “Ci è voluto un lavoro immenso, ma ci piace cercare tra i documenti del passato”, ammette la presidente del Forte Ornella Badery, che  dichiara anche di aver riscontrato “un grande entusiasmo da tutte le persone che abbiamo contattato”. Enrico Peyrot, addetto alla parte fotografica, annuncia: “E’ stato divertente e bello, ho potuto vedere molti archivi e sorprendermi”. 

Tuttavia è proprio “colpa del Cervino se la mostra è così multiforme e articolata”, nota Annalisa Cittera. “Il  Cervino è la meta escursionistica per eccellenza, ma in realtà è anche stato fonte di ispirazione in moltissimi altri ambiti dell’agire e del sapere umano: dall’arte alla moda, fino al mondo della comunicazione”. Il Cervino è stato frequentato da “finanzieri, attori, attrici, campioni dello sport… di tutto e di più!”, elenca Peyrot. “E anche nella mostra c’è tutto e di più” aggiunge Badery. 

Tra gli autori più rilevanti Hervé Barmasse, il primo alpinista ad aver salito tutte le sei creste del Monte in solitaria, il celebre personaggio televisivo Mike Bongiorno, Emilio Pucci, maestro della moda italiana e Alessandro Busci, pittore milanese che “dipinge Cervini che si sfaldano e si ricostruiscono sotto i nostri occhi”, descrive Cittera. Non ricorre nel pensiero comune, eppure “la montagna è stata una fonte incredibile nel mondo della moda”, spiega ancora la curatrice. Sono infatti esibiti vestiti d’epoca, tessuti su cui è stato reinterpretato il motivo del Cervino, stivali, foulard… “è toccante vedere l’alta moda con la nostra montagna”, osserva Badery.

Il Cervino “è un palcoscenico spettacolare”, secondo la presidente, d’accordo con Peyrot che aggiunge: “Ha la forma di una conca, è un luogo unico in Valle d’Aosta, qui è successo il boom: la gente andava per allestire set e servizi, per fare pubblicità, i vip internazionali ci andavano per divertirsi. E’ effettivamente un luogo speciale.” In più. il Cervino è “straordinario anche dal punto di vista della geologia”, ricorda Freppaz. “La sua roccia tiene memoria della placca africana che è stata portata fino a qui”.

Accanto a questi aspetti, però, si ricorda subito il netto motivo all’origine del progetto: quello di ostentare l’intenso cambiamento climatico attraverso gli effetti sui ghiacciai  e di conservarne la memoria. I numeri sono severi”, allarma Freppaz. Rispetto alla metà degli anni Sessanta del Novecento, si è registrata una riduzione dei ghiacciai del 40%Il Cervino è un ambiente che presenta molti indicatori dei movimenti del clima. Ci si avvale dello studio della vegetazione, dell’analisi di neve e ghiaccio e di ricerche con raggi cosmici ad alta quota. 

Non possiamo portare i ghiacciai qui, quindi portiamo le rappresentazioni”, annuncia Peyrot. Le fotografie della mostra sono tutte originali, mai state in pubblicazione da nessuna altra parte e vanno da fine Ottocento al periodo contemporaneo, da immagini più dimostrative di neve, ghiaccio, roccia a rappresentazioni vivaci dei fruitori del monte. In una sezione, Cervinia “diventa come un parco giochi”, dice Peyrot, con i personaggi che si svagano e in atto di pubblicizzare prodotti.

Sono delle opere dell’ingegno straordinarie”, esalta il curatore fotografico.“Nel passato fare una foto era un’impresa. Vittorio Sella per scattare una panoramica a 3500 metri ha dovuto percorrere con le lastre in mano tre giorni di cammino”.
“Dobbiamo conservarle, sono uno spettacolo”, rincara Badery.

L’abbondante materiale raccolto per questa mostra verrà approfondito ulteriormente durante una serie di conferenze fuori dal Forte di Bard.  Il progetto L’Adieu des Glaciers è dunque a metà percorso e continuerà nei prossimi due anni con il Gran Paradiso e poi con il Monte Bianco. 

 

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