Il 15 settembre l’Assessore Fosson affermava: “La nostra proposta introduce fattori positivi come l’ampliamento della fascia d’età, che scatta da 6 mesi e la flessibilità di orari. Nelle tariffe abbiamo cercato di quantificare il costo unitario ottimale, proponendo una retta mensile di 850 euro. Se il servizio è rivolto a chi lavora, non si può non chiedere niente. Fino a 42.000 euro annui di Isee si paga in proporzione, oltre si deve versare la cifra intera”.
Alla luce delle proteste di questi giorni sembrerebbe addirittura un terremoto del Welfare valdostano; ma analizzando la riforma ( sperimentale ) con il dovuto distacco emotivo ci rendiamo conto che la direzione imboccata dalla Giunta è sovrapponibile a quella del riccometro.
Infatti è appena da ricordare che l’Isee, o riccometro, è cambiato nel 2015 per adeguarsi alla molteplicità delle situazioni a cui si applica, ma soprattutto per smascherare i “finti poveri”, cioè chi pretende di ottenere prestazioni sociali agevolate senza averne diritto e omettendo di dire tutta la verità. Lo scopo della riforma è stato quello di migliorare l’equità sociale di questo strumento, riconoscendo le agevolazioni a chi ne ha un bisogno effettivo e contrastando gli abusi. I dati del Ministero del Lavoro indicano ad esempio che l’80 per cento dei nuclei familiari dichiara di non possedere neanche un conto corrente o libretto di risparmio, un numero che contrasta di molto coi dati pubblicati dalla Banca d’Italia.
L’Isee non è la panacea e dovrebbe essere migliorato, ad esempio non computando come reddito l’indennità d’invalidità, ma ci viene il dubbio che molta dell’agitazione vissuta in questi giorni derivi proprio dal fatto che grazie a questa riforma molti “finti poveri” dovranno pagare la retta di 850 euro.
Giovan Battista De Gattis
Segretario CittadinanzAttiva Valle d’Aosta