Controlli, lavoro irregolare e marginalità femminile: luci e ombre del Reddito di Cittadinanza in VdA

Il Reddito di Cittadinanza si appresta a cambiare diviso in tre nuove misure. Nella nostra regione sono un migliaio circa i nuclei familiari (oltre 2000 persone coinvolte) che ogni anno lo percepiscono. Fra le criticità l'esclusione dalle donne, impossibilitate a partecipare ai corsi di formazione per i carichi di cura, ma anche il peso del lavoro irregolare.
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Lavoro

Mia, Gil, Gal o Pal. L’unico dato certo al momento è che il Reddito di Cittadinanza, voluto dal Governo Conte, si appresta a cambiare, e non solo nel nome. Le ragioni, spiegate alle regioni nelle scorse settimane in un incontro avuto con la Ministra Calderone e i suoi collaboratori, stanno nell’efficacia della misura, che di fatto non ha “raggiunto i risultati per la quale era stata creata: le disuguaglianze sono rimaste e anzi in alcuni casi si sono acuite”.

Il Reddito di Cittadinanza in Valle d’Aosta

Dalla sua istituzione, nel 2019, il Reddito di Cittadinanza è stato erogato nella nostra regione ogni anno a un migliaio circa di nuclei familiari (oltre 2000 persone coinvolte)  – numeri via via in calo – con un importo medio mensile di 400 euro circa (dati Inps).
Soltanto una parte dei percettori arriva alle strutture che fanno capo al Dipartimento politiche per il lavoro, mentre l’altra viene seguita dal Dipartimento politiche sociali. Al marzo scorso risultavano 432 domande accolte e notificate ai Centri per l’impiego. Di queste però 214 sono state inviate al servizio sociale per la presa in carico. “Ci sono delle situazioni multi problematiche” racconta la coordinatrice del Dipartimento Politiche del lavoro Stefania Riccardi “dove un soggetto che fa parte di un nucleo familiare attenzionato dalla misura del reddito di cittadinanza ha un problema di lavoro, ma non solo, magari ha anche dei problemi sociali, familiari o legati alla casa”.
70 percettori sono stati esclusi dagli obblighi per frequenza di un regolare corso di studi, o perché di età pari o superiore ai 65 anni, invalidi o perché occupati con reddito da lavoro subordinato superiore a 8.170 euro  annui o da lavoro autonomo superiore a 5.500 euro; 35 esonerati per carico di cura, frequenza a corso di formazione, inserimento in tirocinio extracurriculare, lavoratori sotto soglia di reddito.
97 beneficiari dovranno invece sottoscrivere il Patto per il Lavoro e prendere parte ad un percorso di inserimento lavorativo mentre 16 beneficiari sono in fase di convocazione.

“Abbiamo una serie di percorsi legati al programma GOL inserito dentro il Pnrr, il quale si rivolge prioritariamente ai percettori di reddito di cittadinanza o di disoccupazione. Si tratta di percorsi brevi di formazione o percorsi più lunghi e in alcuni casi, pochi, percorsi di accompagnamento alla ricerca di un lavoro”.
Dall’inizio  dell’entrata in vigore della misura oltre 1200 beneficiari hanno avuto almeno un contratto di lavoro, nella maggior parte dei casi a tempo determinato e nel settore turistico. Il percettore tipo del reddito di cittadinanza è un uomo sopra i 45 anni con un titolo di studio basso, non superiore alla licenza media.

Lavoro irregolare e donne escluse

L’importo medio percepito in Valle d’Aosta dalle persone “occupabili”, secondo i dati del Dipartimento politiche del lavoro, è di circa 300 euro. Una cifra che, a dispetto delle credenze popolari, non consente nella nostra regione ai percettori di vivere senza lavorare. Per questo alcuni, privi di altri sussidi, finiscono con lo svolgere un lavoro irregolare. “Secondo noi, e secondo l’Ispettorato del lavoro, anche qui in Valle d’Aosta è presente.  – evidenzia Stefania Riccardi – Ci sono dei contratti che vengono fatti per x ore ma poi la persona lavora per molte di più. E’ uno dei temi sui quali c’è un importante lavoro culturale da fare. Sicuramente dietro c’è un problema gigantesco di questo Paese che è il costo del lavoro, straordinariamente elevato per  degli imprenditori anche piccoli come ci sono qui. Il sistema va ripensato se si vuole curvarlo in maniera più equa”.

La misura è risultata più efficace per gli uomini, mentre per molte donne è emersa la difficoltà a frequentare corsi di formazione, ancorché brevi, per i carichi di cura. “Molte di loro vorrebbero tantissimo lavorare, però non ne hanno la possibilità perché non hanno nessuno a cui affidare i bambini. C’è la necessità di un voucher di conciliazione, che abbiamo inserito nel piano di politiche del lavoro e che ora è allo studio”. La misura potrebbe essere pronta per fine anno e impegnare, secondo le previsioni, un milione di euro.

In Valle d’Aosta i controlli funzionano

Il mancato rispetto di uno degli impegni del Patto del lavoro – come la mancata frequenza ai corsi di formazione o ai colloqui –  porta alla decadenza dalla misura. “Anche Inps ci ha riconosciuto che noi, aiutati anche forse dalle dimensioni ridotte di questa regione, siamo gli unici che effettuano controlli a tappeto sul rispetto delle regole”racconta Riccardi. “Ogniqualvolta un percettore di ammortizzatori sociali o reddito di cittadinanza non rispetta una delle politiche inserite nel patto viene immediatamente segnalato. Segue prima la decurtazione del beneficio e successivamente la decadenza”.

La restituzione alla collettività con i Puc

Sono soltanto tre i comuni su 74 riusciti ad oggi ad attivare in Valle d’Aosta i progetti utili alla collettività (Puc), che i beneficiari Rdc sono tenuti a svolgere, nell’ambito dei Patti per il lavoro e/o per l’inclusione sociale, per almeno 8 ore settimanali, aumentabili fino a 16.

“L’organizzazione dei Puc è stato un problema gigantesco, perché per legge sono legati ai singoli comuni e non come avremmo auspicato noi per l’intera regione o per Unité. L’estrema fluidità della misura dal reddito di cittadinanza che magari vedeva una persona percepire per un mese la misura e quello dopo no, rendeva quasi impossibile attivare realisticamente dei Puc su singole persone. Abbiamo fatto enormi sforzi, ma credo che in quasi tutti i territori dove ci sono comuni piccoli questa restituzione sia stata pressoché impossibile”.  I Puc nella prossima revisione del Reddito di cittadinanza sembrano destinati a scomparire.

Reddito di cittadinanza si cambia

Fra le novità annunciate dalla Ministra alle regioni la decisione di dividere in maniera più netta i nuclei in situazioni di povertà e di disagio sociale, da quelli che invece sono considerati occupabili. In base alle ultime indiscrezioni di stampa sull’ultima bozza del decreto lavoro saranno tre le nuove misure previste: Garanzia per l’inclusione (Gil), rivolta ai nuclei familiari con persone disabili, minorenni o con almeno 60 anni e i soggetti non occupabili, mentre per gli occupabili arriveranno Garanzia per l’attivazione lavorativa (Gal) e Prestazione di accompagnamento al lavoro (Pal).

La prima grande novità riguarda la platea dei destinatari, che andrà a ridursi. Verrà infatti abbassata la soglia di Isee per accedere alla misura da 9.360 a 7200 euro. Per gli stranieri, dopo l’avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, scende da dieci a cinque anni il requisito della residenza in Italia.

La Gil potrà essere richiesta per un massimo di 18 mesi, a cui seguirà un mese di stop, e poi potrà essere richiesta per altri 12 mesi. Il beneficio tocca i seimila euro l’anno, 500 euro al mese (aggiornato alla scala di equivalenza). Il sussidio è integrato fino a 3.360 euro (280 euro al mese) come contributo affitto.

Per i beneficiari del Rdc che, al momento della scadenza dei 7 mesi di sussidio previsti per quest’anno, abbiano sottoscritto un patto per il lavoro e sono inseriti in misure di politica attiva, arriva la Prestazione di accompagnamento al lavoro dell’importo di 350 euro al mese. Stesso valore per la Garanzia per l’attivazione lavorativa, riconosciuta a soggetti tra i 18 e i 59 anni in condizione di povertà assoluta, con un valore Isee non superiore a seimila euro (che fanno parte di nuclei che non hanno i requisiti per accedere alla Gil).

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