Ripensare completamente il sistema di solidarietà alimentare del Comune di Aosta che durante le precedenti fasi della pandemia si era concretizzato nel Servizio spesa a domicilio.
L’Amministrazione del Capoluogo, che a fine dicembre aveva deciso di abrogare il precedente regolamento, ha in mente un nuovo modello del servizio, oggi appena accennato durante in lavori della III Commissione “Servizi alla persona” e che – raccogliendo in un prossimo appuntamento anche le suggestioni dei commissari di minoranza – coprirà le esigenze legate all’emergenza alimentare.
Addio alla spesa, il Comune pensa ad un “voucher sociale”
Tre le ipotesi che Clotilde Forcellati, Assessore comunale alle Politiche sociali in quota Pcp, mette sul tavolo della Commissione: l’erogazione della somma – la stessa stanziata lo scorso anno e pari a circa 200mila euro – agli enti del Terzo settore, che poi dovranno rendicontare i contributi dati ai nuclei familiari all’Amministrazione; un servizio che si basa su una PostePay, fornita da Poste Italiane e un cosiddetto “voucher sociale”.
Ed è questa la strada che, da piazza Chanoux, sembra convincere maggiormente: “Non è altro che una card – spiega Forcellati – che possiamo utilizzare ‘flaggando’ alcuni beni specifici e disattivarla invece per i prodotti che non ci interessano, come gli alcolici, i tabacchi o i Gratta e vinci, utilizzabile solo negli esercizi commerciali che si convenzionano con Comune di Aosta”.
Esercizi da coinvolgere, nei piani dell’Amministrazione: “Ci stiamo muovendo per un avviso pubblico e capire tutte le attività commerciali, che vendono alimentari, interessate a convenzionarsi, coinvolgendo in un tavolo allargato anche Confcommercio e l’Associazione dei consumatori, per poter far spendere questi voucher sociali negli esercizi aostani e limitrofi che aderiranno. È un’iniziativa che permette di far circolare energie che coinvolgono anche il mondo del commercio che ha subito perdite importanti. Una scelta consapevole che potrà avvenire tramite una piattaforma del Comune di Aosta”.
Idea che convince – per quanto l’appuntamento decisivo sarà per le prossime Commissioni – anche la minoranza, come spiega il consigliere Paolo Laurencet (Forza Italia): “I voucher trovano la nostra preferenza. Sono importante però i requisiti, anche per chi offre il servizio, e se privilegiamo quelli di prossimità sarebbe un ottimo risultato rispetto ad una grande distribuzione che fa parte di quell’economia che, non per colpa sua, ha sopportato decisamente meglio questo periodo”.
I numeri della spesa a domicilio durante l’emergenza
L’occasione è anche quella di “far di conto” rispetto all’iniziativa messa in piedi nella scorsa consiliatura, in piena prima ondata Covid, dalla Giunta Centoz, proseguita poi sul finire dell’anno da quella guidata da Nuti prima della revoca del regolamento.
L’Assessora Forcellati illustra i dati alla Commissione: “L’iniziativa passata di è articolata in tre fasi: 180mila euro stanziati nella primavera 2020, 52mila a luglio e altri 50mila circa a dicembre. Sono state fatte 965 erogazioni di spesa a domicilio per 711 i nuclei familiari. 41 di questi hanno ricevuto tre erogazioni, in tutte le fasi; 177 nuclei due erogazioni e 488 una sola erogazione”.
Segnali chiari, prosegue l’Assessora: “Questo ci fa capire che per alcune famiglie la situazione è passata da un impoverimento contingente a uno cronico”.
Nella profilatura dei nuclei sono emersi altri elementi: “Il 23% delle persone che hanno usufruito di questo servizio ha un contratto a tempo indeterminato – spiega ancora Forcellati –. Il che fa pensare che un sacco di datori di lavoro abbiano assicurato molti dipendenti per fare ottenere loro gli ammortizzatori sociali. Il 30% è invece disoccupato, il 6% ha partita Iva mentre per il resto si tratta di lavoratori a tempo determinato”.
La “mappa” dell’emergenza
Dai dati emersi in Commissione, a richiedere maggiormente la spesa a domicilio comunale, in emergenza Covid, è stata per la maggior parte la zona ovest di Aosta, dove tra il 41,32% del quartiere Cogne ed il 16,08% di Saint-Martin si è concentrata ben oltre la metà delle richieste per il servizio.
Il 25%, invece, è arrivato dal Centro storico e l’11,85% dal quartiere San Rocco. Bassissimi, invece, i valori rilevati nella zona collinare della città.
“Riguardo la cittadinanza – chiude Forcellati –, la percezione comune è che si aiutino solo gli stranieri, ma il 71% sono stati cittadini italiani. Le persone provenienti dai paesi del Nord Africa, ad esempio, sono state il 13%, i cinesi il 3%. È interessante anche la composizione dei nuclei: molti sono composti da una o due persone e senza minori, ma anche da tre, quattro o cinque persone senza minori. Quindi, o con figli grandi o in cui c’è stata la necessità di avere genitori, cugini, zii, come parte del nucleo familiare”.