La stabilità dei governi regionali? La chiave è l’Elezione diretta del Presidente

24 Settembre 2019

L’elezione diretta del Presidente della Regione è finalizzata alla stabilità, nell’idea dei Costituzionalisti, e fedele al pensiero che chi vota possa scegliere il governo, il suo capo e la maggioranza che lo sostiene. Non solo, è fedele anche al fatto che se cadesse il Governatore cadrebbe il Consiglio, sottraendo la questione alla decisione assembleare”.

A dirlo ieri sera – lunedì 23 settembre – durante l’incontro “L’instabilità dei governi regionali: un male solo valdostano?”, organizzato alla Bccv di via Garibaldi ad Aosta dall’Associazione Corvée, è stato Gianmario Demuro, Ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Cagliari e già assessore degli Affari generali e Personale della Regione Sardegna fino al dicembre 2016.

Ed è proprio dalla sua terra, anch’essa a Statuto speciale, che Demuro parte per intavolare il suo pensiero: “In Sardegna l’elezione diretta ha funzionato bene e ci sono state alternanza e stabilità. I governi sono durati l’intera legislatura, con qualche rimpasto, aggiornando il programma, ma la stabilità è sempre stata garantita”.

Non solo, anche i tentativi di “abbandonare” la scelta diretta del Capo dell’esecutivo sono naufragati: “Tutte le volte che un Presidente ha minacciato le dimissioni – spiega ancora Demuro -, il Consiglio regionale è arrivato ad una sintesi. Ha funzionato anche in Friuli Venezia Giulia, dove un referendum per reintrodurre l’elezione consiliare del Presidente è stato bocciato. In tutte le altre esperienze, anche nei Comuni dove vige l’elezione diretta del Sindaco, l’elemento della stabilità è stato garantito”.

Insomma: “Tranne la Provincia autonoma di Bolzano e la Valle d’Aosta tutte le regioni scelgono direttamente il Presidente – continua il docente -, un tema che andrebbe ridiscusso ora. Il rischio è che l’elezione diventi un discorso ‘parlamentare’ che si trasforma in un ‘assembleismo esasperato’”.

Chi non ha mai fatto segreto della volontà di arrivare all’elezione diretta del Presidente in Valle è Rete Civica, presente in maniera massiccia alla serata. La moderatrice dell’incontro, l’avvocata Valeria Fadda, “lancia l’amo” per dare il via alla discussione.

“È un momento storico per la Valle d’Aosta – spiega – e la paura principale è che l’elezione diretta mortifichi il ruolo del Consiglio, esautorato dalla rappresentanza diretta”. Ma soprattutto, chiede e si chiede: “Un argomento come questo può essere affrontato in soli due mesi? Il Consiglio Valle si è dato il limite temporale a novembre, ma visto il tema è possibile fare una buona forma di governo completamente nuova?”.

Demuro risponde rapido: “Penso che serva una discussione pubblica importante ed evitare ciò che è successo in Sardegna, che per cavillo abbiamo perso una Legge statutaria”.

A rimorchio arriva invece Elio Riccarand, ormai universalmente riconosciuto come uno degli “ideologi” di Rete Civica e della riforma elettorale: “Non sono due mesi, in realtà – spiega – perché il Consiglio regionale, con atti deliberati in primavera, ha già detto che c’era una prima fase della legge elettorale e che ora serve la seconda, basata sulla forma di governo. Se ne parla da mesi, e la I^ Commissione ha tre mesi per analizzarla e tornare in aula per la decorrenza di termini, si sta lavorando da mesi”.

Che Rete Civica sia particolarmente dentro il discorso lo dimostrano anche gli interventi di Fabio Protasoni, che parla di una riforma che “dà la possibilità di scegliere una giunta che duri 5 anni e che restituisce alla politica la capacità di essere efficace”.

Opinione che trova l’ex assessore sardo concorde: “Nel 2019 bisogna fare una sforzo maggiore sullo studio della democrazia diretta, come un dibattito importante sui grandi lavori pubblici o le tematiche ambientali. L’elezione diretta riporta anche al centro il programma di governo, perché il fatto che i programmi si facciano dopo le elezioni, con contratti di governo o altro, lo trovo un po’ lontano”.

A cambiare, però, devono essere i Consigli stessi: “Se il Consiglio regionale vuole occuparsi di amministrazione sbaglia, perché dovrebbe occuparsi di legislazione, di valutazione delle politiche pubbliche e di tutti elementi moderni della rappresentanza utilizzati ad esempio dal Parlamento Europeo che è diventato quello più importante, nel quale si raggiungono compromessi all’interno e con possibilità di incidere in aula, sugli spazi e sulle politiche pubbliche. I Consigli regionali possono fare cose straordinariamente interessanti, se si occupano di amministrazione fanno ben poco perché è un elemento in capo esclusivamente all’Esecutivo”.

C’è, però, una via “ibrida” tra l’elezione votata dal Consiglio e quella diretta – si chiede l’altro moderatore, Nicolò Alessi -? Demuro è “tranchant”: “Le vie intermedie sono una questione difficile, la Corte Costituzionale ha norme stringenti e ad oggi vie di mezzo non le ha previste”.

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