Sarrexit: comincia l’iter per il divorzio da Saint-Pierre

Si sta consumando, nella media Valle, il primo divorzio illustre dopo l'attuazione della legge 6 del 2014. Ma potrebbe non restare l'unico.
Il Municipio di Sarre
Politica

“Nella gioia e nel dolore” recita la formula che lega per sempre due persone che convogliano a nozze. Formula valida finché l’amore dura. E quando l’amore finisce? Si divorzia.

Tra Sarre e Saint-Pierre la strada intrapresa è quella e a decidere le sorti di questa strana unione combinata e voluta dalla legge 6 del 2014, che regola l’esercizio associato di funzioni e servizi comunali, è il consiglio comunale sarolein.

Troppe le difficoltà per due realtà così grandi, le uniche ad aver attuato fino in fondo il pieno accorpamento dei servizi: “Siamo stati pionieri nel mettere in pratica questa legge nella sua totalità – sostiene il primo cittadino Massimo Pepellin -, gli unici due grandi comuni a farlo in tutta la Valle d’Aosta e ora, dopo tre anni di rodaggio, possiamo dire che non è possibile. Abbiamo garantito tutti i servizi a Saint-Pierre, ma questo non ha funzionato come previsto. L’arresto della Carcea non c’entra nulla, è tempo che la legge cambi”. Seduto tra le file del primo consiglio comunale in previsione del Sarrexit anche Paolo Lavy, sindaco di Saint-Pierre, spettatore suo malgrado della fine di un periodo che ha visto buona parte del personale sarolein traslocare per prendere servizio nel suo comune, con lui alcuni componenti della maggioranza e Andrea Sapegno della minoranza.

Fermo il sindaco Pepellin, deciso ad andare fino in fondo con la fine dell’unione tra comuni: “Porterò la questione fino in fondo, così come in fondo siamo andati con l’attuazione della legge. Abbiamo garantito a Saint Pierre tutti i servizi e abbiamo contribuito in maniera davvero importante, ma non abbiamo ottenuto i risultati sperati, basta”.

Dello stesso parere, nonostante faccia un ulteriore passo indietro nel tempo, la minoranza di Sarre, che si esprime attraverso la sua capogruppo Nelly Celesia: “Qui non parliamo di inchiesta Geenna o meno, non c’entra nulla. Stiamo parlando di una legge studiata e attuata in maniera sbagliata. All’epoca dei fatti il Celva votò in massa a favore di questa legge (solo Sarre votò contro n.d.r.), con una leggerezza che ha dell’incredibile, senza nemmeno consultare i segretari comunali, dei tecnici che avrebbero potuto dare la loro opinione. Dal canto nostro possiamo dire che quando Sarre e Saint-Pierre si sono uniti abbiamo espresso da subito le nostre perplessità, inoltre il nostro comune non aveva eccedenza di personale e spostare diverse persone nell’altro comune era una decisione che andava presa facendo un’ulteriore riflessione. Forse l’analisi dello stato attuale delle cose sarebbe stata facilmente evitabile se all’epoca la maggioranza avesse agito coi piedi di piombo circa lo spostamento di personale, forse non saremmo arrivati a questa decisione. Questa legge andava approfondita”.

Sarre fa i bagagli e torna a casa, la strada è ancora lunga, ma il comune diventa pioniere di un movimento che per la Regione potrebbe diventare fatale. E, mentre il divorzio dell’adret si consuma, altri comuni pensano seriamente a un dietrofront: all’ombra del Castello di Plane qualcosa si muove, e forse tra Nus, Fénis e Saint-Marcel la luna di miele è finita.

0 risposte

  1. Mi pare che l’accorpamento dei servizi abbia causato, nella maggior parte dei casi, un peggioramento dei servizi senza evidenti risparmi.

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