Dal 28 al 30 aprile 2025, Aosta ha ospitato la prima edizione della “Vetrina delle compagnie teatrali e di danza della Valle d’Aosta”. Un evento organizzato dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta, che ha acceso i riflettori sul teatro valdostano e offerto ai programmatori culturali provenienti dall’Italia e dalla Francia e al grande pubblico un’occasione gratuita per scoprire la vivacità artistica del territorio. Oltre 1100 le presenze registrate nei tre giorni di programmazione, a conferma del forte interesse verso le arti performative valdostane. Sette le compagnie locali, sette gli spettacoli dal vivo, per un vero e proprio festival diffuso tra il Teatro Splendor, il Teatro Giacosa e Plus. In scena, ci sono stati personaggi mitologici, fiabe e romanzi intramontabili, ma anche narrazioni contemporanee che hanno parlato di resistenza, identità e memoria; linguaggi diversi che hanno fuso parola, gesto danzato e forme ibride di multimedialità. Non sono poi mancati il dialogo e lo scambio di idee tra rappresentanti della Regione, esperti teatrali e compagnie: il pomeriggio del 28 si è infatti aperto con una tavola rotonda dedicata al ruolo del teatro nelle comunità di montagna presso la sala della BCC di Aosta. Al centro del confronto, il valore del teatro come strumento di coesione sociale, narrazione del territorio e produzione culturale, nonché il rapporto sinergico tra le compagnie teatrali e la Regione, che ne sostiene attivamente la crescita e la valorizzazione.
Tra mitologia e attualità
La vetrina teatrale è stata inaugurata dallo spettacolo “Fedra La luminosa” della compagnia framedivision. Gli spettatori, entrati in una stanza chiusa, sono stati invitati a prendere in mano una delle ventiquattro cornette appese e ascoltare. Dall’altra parte della parete in vetro opaco, Fedra, interpretata dall’attrice Alexine Dayné, ha monologato ridando alla figura tragica di Fedra il suo senso originario: quello della luce. “Voi non potete parlarmi e io non posso ascoltarvi, ma io ho una storia da raccontare…” Non si poteva rispondere, non si poteva interrompere: la voce della donna, attraversando i fili, è diventata confessione, bisogno, ricerca.
Con “Quintetto”, la compagnia Les 3 Plumes ha rotto gli schemi della fruizione teatrale tradizionale portando in scena uno spettacolo che ha messo in discussione le convenzioni stesse del fare teatro. Marco Augusto Chenevier, dopo aver confessato al pubblico di essere rimasto solo, abbandonato dai membri della compagnia, ha dato vita a uno spettacolo in interazione: le persone in sala sono state così coinvolti attivamente, chiamate a partecipare e a scegliere. Tra risate, improvvisazione e condivisione, “Quintetto” ha dato vita a una riflessione ironica sulla postura del cittadino nell’esperienza artistica e sui rapporti di potere nelle convenzioni culturali.
Fiabe, frontiere e verità relative
“Cappuccetto Rosso“, portato in scena da Replicante teatro, è un classico che si è rinnovato. Tre storie, tre versioni, tre punti di vista: quella della mamma, quella della bambina e quella del lupo, ognuno con la propria verità. Il bosco non è solo un luogo pericoloso, ma il passaggio necessario per crescere: in scena, c’è la morte del bambino che, per diventare grande, deve attraversare la vita con tutti i suoi pericoli. Una fiaba che, come in “Rashomon” di Akira Kurosawa, diventa specchio della complessità della vita. Perché, come ha suggerito Andrea Damarco, “la somma delle verità dà la complessità dell’esistenza e la complessità dell’esistenza è la bellezza dell’esistenza stessa.”
Confini reali e simbolici sono stati anche al centro di “Aliens“, il road trip teatrale firmato dalla compagnia Curious Industries. Alessandra Celesia e Marta Mclduff, madre e figlia nella vita e in scena, hanno ripercorso insieme il loro viaggio da Belfast al Sud Italia. Tutto è partito da una storia poco nota: quella degli italiani emigrati in Irlanda del Nord che, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, quando l’Italia si alleò con la Germania, vennero classificati come “Aliens”, nemici della patria. Mentre sullo sfondo sono scorse le immagini del tragitto reale – auto, treni, barche, frontiere da attraversare, confini fisici e simbolici, geografici, relazionali e generazionali che interrogano il senso di appartenenza – madre e figlia hanno raccontato frammenti di sé e del proprio viaggio alla ricerca delle radici e in confronto con il presente.
Memoria, impegno e politica
Con “Dal cielo”, la compagnia Nuovababette Teatro, che non ha potuto esibirsi per motivi di salute dell’attrice protagonista Donatella Cinà, vuole ricordare la figura di Giovanni Bassanesi, giovane fotografo aostano che, nel 1930, lanciò volantini antifascisti su Milano. Un atto visionario e coraggioso, nato da un’urgenza politica: passare dal ritocco estetico delle fotografie alla necessità di cambiare la realtà. Una storia vera che affonda le radici in via Festaz, ad Aosta, dove si trovava il suo studio fotografico, e parla al presente con forza; una vicenda locale che risuona con un’eco globale.
“Come Noi” della compagnia Palinodie, ha affrontato un’urgenza tanto diffusa quanto spesso taciuta: la violenza domestica. Una tematica che si inserisce pienamente nel percorso della compagnia, da sempre attenta a portare in scena questioni civili e sociali legate all’attualità con un teatro dichiaratamente militante. In scena, tre personaggi, tutti interpretati dall’attrice Silvia Piano, si sono alternati in una narrazione non lineare, che ha condotto il pubblico dentro e fuori un trauma che, anche quando sembra distante, riguarda tutti. La drammaturgia, ricostruita con il contributo di una professionista legale, composta per salti e fratture, ha restituito la complessità e la fatica di dare forma e voce a ciò che, spesso, resta sommerso.
Pinocchio: un saluto poetico
A chiudere la vetrina, “Le avventure di Pinocchio” della compagnia Teatro d’Aosta, in una versione filologica e danzata ispirata a “La filastrocca di Pinocchio” di Gianni Rodari. Sul palco, l’attrice Amandine Delclos ha cantato e danzato sfogliando le pagine di un grande libro e regalato ai tantissimi bambini in sala una nuova versione del burattino più conosciuto al mondo. Un omaggio poetico a un personaggio che attraversa le generazioni e che accompagna il teatro di Livio Viano da quasi cinquant’anni.