Alluvione a Valencia, il racconto della valdostana di adozione Alba Picazo Diaz

Da sei anni a Courmayeur, Alba Picazo Diaz racconta le drammatiche notizie da Valencia e dalle campagne circostanti. "Mi sto occupando di verificare e diffondere tutta l'informazione che mi arriva" dice, affinché "questa tragedia non sia dimenticata".
Alluvione Valencia
Società

Per renderla riconoscibile l’hanno chiamata DANA, acronimo spagnolo di Depresion Aislada en Niveles Altos, ossia depressione isolata ad alta quota ed è un fenomeno meteo che si verifica generalmente nel Mediterraneo occidentale, Spagna compresa. La DANA si scatena quando una grande massa di aria fredda isolata ad alta quota forma una depressione che va a scontrarsi con l’aria calda in bassa quota, questo contrasto crea piogge intense e temporali a “V” che si fanno ancora più forti in corrispondenza dei rilievi montuosi. Quello che ha lasciato sul suo percorso tra il 29 e il 30 ottobre scorsi, però, non ha acronimi che possano descrivere la distruzione e il dolore.

Alluvione Valencia
L’alluvione a Valencia.

Alba Picazo Diaz vive a Courmayeur da ormai 6 anni, ma è originaria della regione di Valencia e vuole raccontare il dolore e l’impotenza degli spagnoli di fronte a un evento così devastante, ma soprattutto vuole dare voce alla rabbia di chi ha assistito prima al disastro naturale e poi al ritardo nell’arrivo dei soccorsi. A raccontare ad Alba cosa sta succedendo nella sua terra natale non sono solo le strazianti immagini mandate in onda da tutti i telegiornali del mondo, ma anche i racconti della sua famiglia che abita in città: “Sono in contatto continuo con la mia famiglia e i miei amici, tra le tante persone che non sono state trovate dopo questi sette giorni ci sono persone che conosciamo. Le notizie che mi arrivano sono molto tragiche, questo disastro è stato un trauma per tutti; le persone hanno perso tutto: lavori, case, animali, amici e familiari. C’è una grande indignazione, e mi sembra dire poco, per il modo in cui la situazione è stata gestita fin dall’inizio, quando l’allerta non è stata emessa in tempo, per non parlare del fatto che, fino a solo due giorni fa, c’erano ancora persone che convivevano con i corpi dei loro cari in casa, in attesa che qualcuno venisse a prenderli. Sebbene i disastri naturali non possano essere evitati si può fare molto per ridurre le loro conseguenze ma le persone si sono sentite abbandonate, sia prima che dopo la tragedia”.

Oltre ai racconti di persone ancora disperse e di distruzione totale dell’ambiente e delle strutture, arrivano ad Alba anche piccoli sussurri di speranza che, fragili ma presenti, si fanno largo tra le ferite che DANA ha aperto nel cuore dei valenciani e di tutta la Spagna: “Ci sono anche notizie che mi hanno riempito il cuore, come i video ricevuti da mia madre, in cui si vedono migliaia di persone che ogni giorno camminano verso i villaggi colpiti per portare tutto il necessario. Tantissime persone si sono organizzate per aiutare, le donazioni hanno superato ogni aspettativa ed è incredibile vedere quanti giovani ogni giorno vanno per svuotare le case e pulire le strade. Gli agricoltori di tutta la Spagna stanno andando a spostare le auto e i camionisti trasportano cibo e acqua. C’è chi si dedica a restaurare oggetti di valore sentimentale, album fotografici, giocattoli per bambini, hard disk e altro. È stata creata una sorta di scuola estiva per intrattenere i più piccoli. Gli psicologi stanno offrendo assistenza gratuita a tutti gli affetti. Coloro che sono stati più fortunati e hanno conservato le loro case stanno ospitando volontari da tutto il mondo”.

Alluvione Valencia
L’alluvione a Valencia.

La lista di chi si sta prodigando è infinita e Alba stessa ammette che “potrebbe andare avanti per ore”, tra “programmatori che hanno creato applicazioni per connettere i volontari con chi ne ha bisogno e decine di pagine sui social network per localizzare i dispersi”. Oltre ai danni materiali c’è poi la situazione sanitaria messa in ginocchio: ” Ora le condizioni sanitarie sono molto peggiorate e c’è gente che distribuisce mascherine e guanti” e, come in una catena, “ci sono anche volontari che si occupano di prendersi cura dei volontari”.

Valencia città è stata risparmiata dalla tragedia solo grazie alla deviazione del corso del fiume Turia operata nel 1957 dopo un altro evento calamitoso, “se non fosse stato per quella deviazione sarebbe stata completamente allagata anche questa volta. Tuttavia, molti dei miei amici e conoscenti sono stati colpiti, una ragazza che ha vissuto tutta la vita nel nostro quartiere, e che lavora in una clinica veterinaria a Benetússer, una delle zone più colpite, è scomparsa da sette giorni”.

Alluvione Valencia
L’alluvione a Valencia.

Gente da tutta la Spagna e anche da molte zone d’Europa è partita alla volta di Valencia per aiutare, sentimento che anche Alba ha condiviso per alcuni giorni, come una “domanda che non riuscivo a togliermi dalla testa. Tuttavia, mio fratello, anche lui volontario, mi ha tranquillizzata dicendomi che ormai sono molte le persone che stanno aiutando e per ora, mi sto occupando di verificare e diffondere tutta l’informazione che mi arriva, affinché la situazione sia conosciuta anche fuori dalla Spagna e affinché questa tragedia non sia dimenticata. I più colpiti avranno bisogno anche di questo quando l’emergenza sarà finita. Se posso fare una riflessione su questa tragedia, non posso fare a meno di pormi una domanda: se il popolo non avesse aiutato, se non avesse donato né portato cibo, acqua, vestiti, trattori, camion, pale, medicine, coperte, queste persone non sarebbero forse morte di fame, freddo e disperazione? Sono orgogliosa di vedere il mio paese unito, lavorando fianco a fianco. Ma dove sono coloro che dovrebbero occuparsi di tutto questo?”

Il grido di dolore di Alba vuole essere un monito per non dimenticare, per non lasciare che questa tragedia possa ripetersi o che almeno le cose non vadano come sono andate questa volta. C’è molta amarezza nel suo racconto, ma soprattutto sono parole che descrivono molto bene le immagini che tutti hanno visto online o in televisione, anche se, come spesso accade, riescono a dare ancora più profondità alla disperazione: “È stato impattante vedere le immagini dell’acqua che travolgeva tutto ciò che incontrava e allo stesso modo vedere le fotografie successive, in cui alcune delle strade che ho percorso numerose volte sono diventate completamente irriconoscibili, è stato altrettanto scioccante, ma se devo dire la verità sono state quelle che sono arrivate dopo a colpirmi di più. A colpirmi di più è stato vedere come tre giorni dopo la tragedia, i soccorsi erano ancora gravemente in ritardo e si parlava di abbandono totale, pompieri e militari che denunciavano di essere pronti a intervenire, ma di non essere stati autorizzati. Questo ad oggi, sette giorni dopo, è ancora la cosa più impattante, vedere così tante persone completamente disperate fronte a l’attenzione insufficiente da parte del governo”.

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