Cogne: chiusa la requisitoria, il pg conferma richiesta di 30 anni

Si è chiusa la requisitoria del pg Vittorio Corsi al processo d'appello per il delitto Cogne. Corsi ha escluso l'attenuante della seminfermità mentale, confermando la richiesta di condanna a 30 anni di carcere formulata in primo...
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Si è chiusa la requisitoria del pg Vittorio Corsi al processo d’appello per il delitto Cogne. Corsi ha escluso l’attenuante della seminfermità mentale, confermando la richiesta di condanna a 30 anni di carcere formulata in primo grado a carico di Annamaria Franzoni.
Per il pg l’omicidio di Samuele Lorenzi è stato infatti il prodotto di un “tremendo scatto d’ira non controllato“, di una madre normale e non di una patologia.
Corsi ha, inoltre, sollevato degli interrogativi riguardo a un calzino perduto, che potrebbe essere stato utilizzato per cancellare delle tracce o addirittura per occultare l’oggetto, forse un pentolino o un mestolo di rame, utilizzato per uccidere Samuele, ed ha rinnovato ad Annamaria Franzoni la richiesta di svelare dove sia stata nascosta l’arma del delitto evidenziando anche che se avesse ammesso la sua colpevolezza fin dall’inizio a quest’ora avrebbe già pagato il suo debito alla legge.
Un invito che non è stato raccolto dalla mamma di Cogne, che ha ribadito in aula la propria innocenza chiedendo parola e dicendo ?io volevo solamente dire che non ho ucciso mio figlio?.

“Sulle richieste del pg non dico nulla – ha commentato all’uscita l’avvocato difensore Paola Savio – era assolutamente normale che succedesse un po’ di tutto questa mattina. Dalla richiesta di una riduzione della pena alla richiesta di conferma della condanna di primo grado. Ho depositato un elaborato del professore Carlo Torre, che potrà essere utilizzato non solo da me per discutere, ma anche dalla corte d’Assise d’Appello per ragionare con un argomento in più su questo fatto. Non è un flop non poter ascoltare Torre e non ci mancherà qualcosa”.
Carlo Torre, consulente tecnico della difesa, nel suo elaborato ha ipotizzato che l’arma del delitto possa essere stata uno scarpone con la suola intagliata a carro armato. Tesi che ha, come affermato negli scorsi giorni dall’ex difensore della famiglia Franzoni, Carlo Taormina, è stato uno dei motivi che l’ha spinto ad abbandonare il caso. Per Taormina tale tesi potrebbe rappresentare ?un elemento pericoloso fino all’inverosimile per Annamaria Franzoni, nelle mani della quale, contro la verità, la Corte potrebbe mettere lo scarpone”.

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