La parola che risuona in piazza Chanoux, ad Aosta, è “dignità”. La filiera della ristorazione torna a fare sentire la sua voce – nel primo, nuovo giorno di zona arancione –, in un appuntamento allargato, che si fa “filiera” vera e propria.
Assieme, in piazza, si radunano – oltre ai ristoratori e baristi – anche commercianti, imprenditori, maestri di sci e di snowboard, lavoratori stagionali, albergatori, chef, negozianti. Al microfono, a manifestare la propria vicinanza, e la necessità di sostenere il terziario, anche una dipendente pubblica.
Nessuna “elemosina”, nessun ristoro. La necessità è quella di ottenere degli indennizzi, rapidi ed in giusta misura, ma soprattutto la possibilità di lavorare. “Dignità”, appunto.
Concetto che riecheggia nei vari interventi, tra i quali quello di Jean-Claude Brunet, uno degli organizzatori della manifestazione sin dagli inizi: “La differenza tra vivere e sopravvivere sta in quella che facciamo: andare al ristorante, in palestra, uscire la sera. Bisognerà imparare a convivere con questo maledetto virus, non castigare le persone. L’Assessore alle Finanze ha parlato di ristori a giugno, ma per allora spero di aver ripreso a lavorare, non di avere dei ristori. Se non possiamo lavorare si trovi una soluzione, ma non si può far più finta di niente. Aspettiamo un impegno, non chiediamo miracoli ma coraggio”.
La protesta si fa anche politica, inevitabilmente: “È tutta qui, oggi, la ‘montagna che piange’ – si chiede Piero Roullet, albergatore –? Dove sono i Sindaci, gli albergatori, i produttori, i rappresentanti delle categorie, gli agricoltori, i rappresentanti del commercio? Se nelle nostre valli crolla il turismo lo fa tutta l’economia. Dobbiamo pensare ad un modello di sviluppo nuovo, nel rispetto della natura e del territorio”.
“Oggi abbiamo tanti dubbi – dice invece l’imprenditore Edoardo Artari –, ma dobbiamo rendere consapevole il comparto pubblico che noi moriamo per primi, ma loro arriveranno subito dopo. Qui non c’è in gioco solo il fatturato, ma una parola più importante: la libertà”.
Al microfono anche Liliana “Lilly” Breuvé, storica titolare di una discoteca a Courmayeur e già Presidente della Silb VdA, il Sindacato italiano locali da ballo: “Oggi, ovunque, vedo solo depressione. Ma nessuno deve dirci cosa fare, perché siamo bravi. Abbiamo perso e patito tutti, e questo maledetto virus passerà. Ma cosa succederà dopo?”.
Un “dopo” che si rivolge direttamente a Palazzo regionale, dove i manifestanti si presentano poco dopo. Lo sguardo rivolto alle finestre, ed i toni si inaspriscono: “È il popolo che comanda, non voi. Fate ‘carta straccia’ della Costituzione, la state tradendo e tradendo il popolo italiano”.
Ora, ciò che serve, sono risposte. Altrimenti, come riecheggia in piazza Deffeyes: “O soluzioni, o dimissioni“.