Era, per la maggior parte dei presenti, il primo giorno di università magistrale: ottobre 2008, quando in un’aula del dipartimento di Economia dell’Università di Torino entrò un manager della Fiat. “Ragazzi, se volete fare qualcosa nella vita bisogna cambiare” affermò celere. Tra gli studenti all’ascolto c’era anche Maurizio Leoni, che di grandi cambiamenti ancora non ne aveva intrapresi e con un’unica esperienza lavorativa esercitata durante la triennale. Ma oggi che lo racconta ammette quanto la dichiarazione sentita quel giorno si fosse poi rivelata vera ed estremamente aderente all’andamento della sua carriera e alla sua personalità.
“Ed è proprio così. Sempre cambiare!” esclama, prima di essere incalzato.
“E adesso vorrebbe ancora cambiare?“.
Lui ha riso divertito, poi si è reso serio, mostrando il possesso di esperienza e l’ancor fresco zelo che convivono tipicamente in un uomo di 39 anni. “Adesso ho appena iniziato, questa è una grande challenge e devo ancora fare un sacco di cose. Poi quando avrò già fatto tutto valuterò se lanciarmi in qualche altro progetto, ma è altrettanto importante trovare un equilibrio solido su cui poter poi costruire“.
Maurizio, da quando è in Svizzera, non ha mai ricoperto una stessa posizione lavorativa per più di cinque anni. Non si è mai trattato di dinamiche studiate o programmi attesi, ma di spontanee deviazioni che giungevano al ragazzo, sempre aperto e fiducioso nei confronti delle diverse circostanze.
Svolge l’attuale mestiere da sette mesi, “un mestiere che non rientra in nessuna casella” avvisa “Ma mi sono innamorato di questo mondo: anche se è immenso dopo un po’ arrivi a conoscere tutto”.
Pietra naturale, cave, costruzioni…ascoltandolo sembra di sentire il racconto di un ingegnere. Lui capta il legittimo disorientamento, cercando, per quanto possibile, di spiegare la mansione sua e dei suoi colleghi all’interno di Interstein, una holding che opera nella Svizzera francese, di cui proprio lui è responsabile di vendita, con questa frase riassuntiva: “Noi siamo la sorgente di tutto il sistema di produzione”.
Dall’estrazione della pietra da una cava dall’altra parte del mondo fino alla realizzazione di costruzioni dal Vallese a Ginevra, c’è l’operazione di Maurizio e dei suoi colleghi. Essi controllano la qualità dei blocchi della cava e del laboratorio che successivamente li taglierà, si preoccupano di metterli in produzione e si accertano che il camion o la nave che li trasportano arrivino alla meta. Dopodiché, devono fornire la materia ai progetti degli architetti, solitamente di piazze o facciate, e rivenderla, facendo offerte e restando nei budget.
“A livello economico mi rimane la conoscenza dei numeri e della parte amministrativo-gestionale e gli interessi di economia di scala” si riallaccia al discorso “Sta cioè a me decidere quali monete usare e stare attento a eventuali guerre o crisi; cosa si può e non si può fare insomma”. A questo proposito riporta un esempio interessante: “Ora c’è una guerra in un canale coinvolto nel nostro commercio, quindi la nave deve circumnavigare l’Africa e di conseguenza i costi e i tempi salgono. Noi dobbiamo capire come adattarci”.
Essendo Interstein una holding e dunque di natura più strutturata, quella attuale è un’occupazione meno movimentata rispetto a quelle che copriva precedentemente, che erano molto più “sul campo”. Ma “meglio così”, visto che ora ha due figli.
Appena prima, Maurizio era Direttore Operativo della società Capinat, con sede a Martigny, sempre finalizzata all’importo e utilizzo di pietra naturale. “In Svizzera le aziende di costruzioni sono enormi, contano mille dipendenti. Costruiscono e ristrutturano come dei matti” testimonia.
Era già la seconda volta per Maurizio in Capinat: fu proprio lei la prima azienda a ospitare il suo debutto svizzero.
L’esordio svizzero e il primo approccio con il commercio della pietra naturale
Maurizio all’epoca era un ragazzo di 27 anni, laureato da tre, con due attività lavorative pregresse: una amministrativa al casinò di Saint-Vincent svolta durante l’università e una come contabile alla Tecont di Pont-Saint-Martin. Aveva scelto Economia, in particolare l’indirizzo “Direzione e gestione d’Impresa”, perché “alla base mi piacciono i numeri”, dice, nonostante la tentazione di intraprendere la carriera medica e, inizialmente e in modo più onirico, quella da calciatore. Infatti, già alle scuole superiori aveva frequentato l’indirizzo di ragioneria all’Istituto Tecnico Panorama di Châtillon.
Era cosciente di essere un eterno insoddisfatto, ma la situazione lavorativa in Italia gli era esageratamente stretta. “Lavorare come commercialista a un chilometro da casa mia non faceva per me. Così mi sono battuto”. Cercò a Bologna, a Sassuolo, ma “era difficilissimo”: nulla esisteva che appagasse la sua natura intraprendente; solo grosse aziende di carattere chiuso e poca imprenditoria. “Da subito mi è venuta voglia di fare qualcosa di mio”.
Il suo desiderio è stato soddisfatto quando, senza che l’avesse cercata, gli si è presentata la possibilità di “fare qualcosa di diverso”, come dice lui, e si è lasciato trasportare. La società svizzera Capinat cercava qualcuno che si occupasse dei mercati in Africa e in Germania di un materiale che gli avrebbe aperto un nuovo mondo: quello della pietra naturale. Nel narrare questo sbalzo nelle sue abitudini si percepisce un uguale sbalzo di vivacità nel tono di voce del suo racconto: “Se c’era la necessità di importare un nuovo materiale dall’Etiopia bisognava andare in cava a vedere come si lavorava, in modo che potessimo organizzare i trasporti e occuparci dei progetti con queste pietre”. Viaggiava due o tre volte al mese, sia in Africa che in Europa, e il lavoro d’ufficio era minimo. “Da subito ho capito che in Svizzera viene data la possibilità di fare pienamente e in libertà. Contano più i fatti che le parole”.
Il rodaggio svizzero: da contabile a membro di una start up
Terminato il progetto con Capinat, a Maurizio giunse la proposta di lavorare come commercialista per la società Fidag, a Crans Montana, un comune nel Canton Vallese. Era lo stesso mestiere che svolgeva in Valle d’Aosta, ma lo accettò, traendo come al solito un’ importanza da questa esperienza, tra cui una nuova cognizione. “Mi sono reso conto di quanto in Italia sia complicato fare qualsiasi cosa” comincia “Qui è tutto più semplice, chiaro, quadrato e, di conseguenza, veloce. Se per fare contabilità in Italia bisogna essere iscritti all’Ordine dei commercialisti, qui basta avere un computer. Poi, una grossa differenza che ho notato rispetto a uno studio italiano, è la cifra dei redditi: qua ci sono clienti multimilionari e puoi pagare tutto a forfait”.
Presa consapevolezza, il ventinovenne realizzò quanto il lavoro alla Fidag rappresentasse per lui solo una curiosità verso il sistema finanziario ed economico straniero. “A me piace sviluppare i progetti, non mi interessava stare in ufficio alla scrivania” ribadisce. In questo frangente, a colmare il suo senso di ristrettezza è stato, ancora una volta, l’avvento di un’opportunità.
Una start up aveva avanzato un nuovo programma di contabilità online: EZYcount, caratterizzata da un alto grado di automatizzazione e capace addirittura di fare le fatture solamente importando l’estratto conto. Per la prima volta Maurizio ricoprì le vesti di Business Development Manager, a Sion, sempre nel Canton Vallese. Il suo incarico prevedeva lo sviluppo e l’utilizzo delle strategie dell’azienda. Poi, dopo poco più di un anno, il più grande partner della start up, iDAYit, gli propose di lavorare con loro per occuparsi di aggregazione di altre applicazioni. Proprio in questo periodo conobbe la Responsabile marketing di una società partner di iDAYit: Kristina, una ragazza slovena. Questo incontro determinerà positivamente tutto ciò che succederà dopo nella vita di Maurizio.
Oggi, lei è sua moglie, e insieme hanno due figli: Luca e Gaia, di 4 e 3 anni. La vita che ha costruito insieme a Kristina “è ciò che mi ha permesso di diventare quello che sono” rivela sicuro. Loro quattro vivono insieme a Martigny, “il posto perfetto per fondare una famiglia” secondo lui.
Com’è la vita in Svizzera?
Martigny, “il posto più simile al mondo alla Valle d’Aosta” per Maurizio, è l’ideale per fondare una famiglia per lo stile di vita tranquillo che offre. “Ci sono tutte le infrastrutture per fare qualsiasi tipo di sport a un massimo di 15 chilometri da ovunque tu sia. Gli svizzeri sono i campioni dell’organizzazione; anche se sono le persone più inquadrate del mondo organizzano le feste più pazze!”.
Fortunatamente, Maurizio è un appassionato di sport, in particolare di calcio, e questo gli ha permesso di stringere legami, perché “se non hai qualche passione è difficile conoscere gente, tutti vanno al lavoro e poi a dormire. E le persone sono parecchio più fredde” aggiunge, ricordando il suo periodo di vita a Crans Montana.
“Puoi entrare quaranta volte in un bar e ti chiederanno sempre cosa vuoi, mentre in Italia sarebbero già a prepararti il caffè dal bancone” esemplifica. Questa distanza è tuttavia anche giustificata dal fatto che “c’è un continuo ricambio di personale. Qui c’è tutto il mondo: è pieno di italiani, portoghesi, francesi…ce n’è di ogni. Lo svizzero vero è una piccola minorità nel paese, la maggior parte sono stranieri o figli di immigrati”.
Però, “anche se mi manca il modo che ha la gente italiana di farti sentire parte della società, io qui sto da dio” rivela “se stai alle regole problemi non ce ne sono”.
E’ un punto di vista comprensibile. In fondo, da un certo punto in poi, il lavoro occuperà quasi la totale integrità della vita, e se si ha una famiglia il tempo avanzato sarà ben poco, quindi perché non dare la precedenza alla soddisfazione della sfera lavorativa? La Svizzera sicuramente la pensa così, infatti lì il lavoro è il perno, e fuori c’è poco, ma quando si è all’interno le occasioni di godimento non mancano.
Meritocratico e aperto: tutto nel lavoro, ma poco fuori
“Qualcosa trovi sempre” riprende la riflessione Maurizio “ragioni proprio diversamente, non pensi a cosa trovare ma cosa potrei fare”. E’ innanzitutto il bassissimo tasso di disoccupazione, solo al 2%, a spingere i cittadini ad essere più audaci, e poi “è molto più meritocratico”.
Maurizio ha notato la differenza non appena lasciato il lavoro da contabile in Italia, dove non avrebbe sperimentato una crescita lavorativa. “Faccio un esempio” rincara l’intervistato “So di un commercialista che è entrato come stagista e qui dopo tre mesi faceva già faceva la revisione per una società quotata in borsa. In Italia puoi morire: ti prendono in u n posto e resti lì, io infatti mi sentivo in prigione. Invece qui il mercato economico nel mio settore è florido e riesco a trovare molte soddisfazioni. Da fare ce n’è, ma sta tutto a te. Se non ce la fai ti mandano a casa senza problemi, ma se lavori ti danno l’opportunità di crescere, di fare e di avere responsabilità. La Svizzera mi ha permesso di provare un sacco di cose diverse e incredibili. Viene dato valore a tutti i lavori e in qualsiasi campo puoi specializzarti sempre di più, non c’è mai fine”. Per questo e “perché c’è un’economia che da anni va a mille all’ora e che ha bisogno di manodopera” molti scelgono la Svizzera per lavorare.
Adesso, almeno una volta al mese Maurizio e Kristina tornano in Italia, portando Luca e Gaia a trovare la nonna a Hône. “In Italia faccio la bella vita, vedo gli amici, ma poi ho bisogno di tornare qua” ammette, è però convinto che “dal primo giorno di pensione me ne tornerò a casa!”.
Insomma, questa storia può insegnare quanto la capacità di lanciarsi in novità inaspettate, che siano esperienze, proposte o persone, possa determinare la pienezza della propria esistenza, pur sempre mantenendo un perno saldo che non faccia perdere l’equilibrio lungo questa strada composta da piastrelle di affidamento e temerarietà.
“Io, in fondo, non ho deciso realmente i vari passaggi della mia vita, ma sono solamente rimasto aperto al cambiamento, provando a dargli un senso” conclude con una semplice sincerità il protagonista di questa storia.