“Esposto infondato”: Usl e Regione condannate a risarcire una coppia a cui fu tolta la potestà genitoriale

Nel condannare nei giorni scorsi Usl e Regione a risarcire Patrick e Agnieszka, i genitori di un bambino di nove anni, con una malattia ultra-rara, il giudice Maurizio D'Abrusco ha stabilito come l'esposto, da cui originò la sospensione della potestà genitoriale, era infondato.
La casa di Sabbia
Società

Ci sono voluti quattro anni, ma ora i dubbi sollevati dal Tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta diventano certezze: l’esposto dell’Usl della Valle d’Aosta, che nel 2019 per tre settimane ha portato alla sospensione della potestà genitoriale di Patrick e Agnieszka, i genitori di un bambino di nove anni, con una malattia ultra-rara, è “infondato”.

A stabilirlo è stato nei giorni scorsi il giudice Maurizio D’Abrusco nel condannare l’Azienda Usl e la Regione Valle d’Aosta, in solido fra loro, ad un risarcimento danni in favore dei genitori di 27mila euro, oltre che al pagamento dei due terzi delle spese processuali.

Sulla base della documentazione prodotta e dei testimoni sentiti, il giudice è arrivato alla conclusione che fu “certamente ingiusta la privazione, sia pur temporanea, della capacità genitoriale conseguente all’operato dell’Azienda sanitaria e della Regione le quali, senza minimamente approfondire le ragioni del rifiuto legittimamente e fondatamente opposto dai genitori, senza alcun accertamento sulla praticabilità di un intervento invasivo e pericoloso per la vita del minore (da parte dell’Usl) e omettendo di fornire informazioni rilevanti alla Procura minorile (da parte della Regione) hanno contribuito a porre le condizioni per l’assunzione di un provvedimento che ha privato  i genitori delle prerogative costituzionalmente garantite”.

Il danno accertato è da una parte patrimoniale, per le spese processuali che i genitori del bambino “hanno dovuto sobbarcarsi per il procedimento dinnanzi al tribunale per i minorenni e il reclamo avverso il provvedimento di quest’ultimo”, ma anche di natura non patrimoniale, “in relazione al pregiudizio esistenziale correlato alla ingiusta lesione, sia pure temporanea, del diritto costituzionalmente garantito”. In particolare, ricorda il giudice, “la lesione del diritto all’integrità familiare, in cui si sostanzia il danno ingiusto subito dagli attori, ha avuto ripercussioni significative sulla serenità familiare, gravemente turbata in un contesto già doloroso per le disabilità che affliggono il bambino ma anche sul diritto alla reputazione dei genitori che hanno dovuto rendere partecipi gli operatori scolastici coinvolti nel piano educativo dedicato al minore della ingiusta sospensione della loro capacità genitoriale e della conseguente impossibilità di decidere per il proprio figlio.”

Nella sentenza emergono le “ragioni di razionalizzazione delle risorse” sottese all’operato dell’Usl, “esplicitate nella lettera di incarico al legale per l’esposto”. Proprio la corrispondenza con il legale dell’Usl, a cui Patrick e Agnieszka hanno avuto accesso presentando un ricorso al Consiglio di Stato, dimostra come “contrariamente a quanto riferito dall’Usl al Tribunale per i minorenni, quanto denunciato alla Procura non era affatto conseguenza della segnalazione della pediatra, ma era già stato ponderato e deciso mesi prima, tanto che era stata confezionata dal legale una bozza di delibera di incarico”.

Soddisfatti Patrick e Agnieszka, assistiti nella causa civile dall’avvocato Sacha Bionaz.
“Siamo felici di questa sentenza, non abbiamo mai fatto questa causa per i soldi, nessun risarcimento danni potrà mai restituirci il dolore, l’ansia e la paura che abbiamo vissuto in quel periodo quando ci siamo trovati nella tormenta giudiziaria, con una denuncia che ci accusava di essere dei pessimi genitori non in grado di prendersi cura del figlio con disabilità gravissima e con il Tribunale che ci ha infine sospeso la responsabilità genitoriale. – scrivono sulla pagina Fb dell’Associazione La Casa di Sabbia –  Siamo usciti da quel procedimento presso il Tribunale per il Minorenni con le ossa rotte e senza fiducia nel sistema, ma con un provvedimento del Giudice che diceva, infine, che su di noi genitori non ci sono dubbi, ma dubbi ci sono verso l’Azienda Usl che ha fatto la denuncia”. Da lì la decisione di andare avanti nella ricerca della verità, che oggi con la sentenza del Tribunale di Aosta appare più nitida.

Disabilità, l’Usl mette in dubbio la capacità genitoriale di una coppia. Il Tribunale dei minori: “Dubbi sulla segnalazione”

28 maggio 2020

A chi come genitore messo di fronte ad un intervento o un trattamento sanitario sul proprio figlio, anche se di routine come può essere una tonsillectomia, non viene naturale raccogliere quante più informazioni e pareri possibili, confrontarli per poi compiere, se possibile, una scelta ponderata? Volere il meglio o fare la cosa giusta per nostro figlio ci rende dei genitori inadeguati? Per qualcuno evidentemente sì.

Una segnalazione e le poche righe di un esposto sono bastate per sospendere per un mese la responsabilità genitoriale e per far precipitare una famiglia per oltre sei mesi in un incubo giudiziario.
Patrick e Agnieszka sono i genitori di un bambino di cinque anni, il loro secondogenito, con una malattia ultra-rara, di cui poco si sa.

Oltre a compiere entrambi enormi sacrifici per poter assistere al meglio il figlio, da anni combattono con la loro associazione – La Casa di Sabbia onlus – affinché lo Stato sostenga le famiglie come la loro con dei servizi adeguati per garantire al piccolo “l’incolumità e nello stesso tempo a noi un po’ di vita”. Hanno portato l’Azienda Usl davanti ai giudici ottenendo l’assistenza infermieristica per il bambino durante la frequenza scolastica. Sono ritornati in un’aula di tribunale, di nuovo vincendo, per far predisporre alla Regione un progetto individuale per il bambino, in modo da coordinare i servizi già esistenti in maniera efficace ed efficiente. Giudizio tuttora aperto perché la Regione al momento non ha ottemperato alla sentenza.

L’ultima vittoria forse la più importante, l’hanno ottenuta pochi giorni fa. Ma questa volta non sono stati loro a decidere di entrare nelle aule del Tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta. Chi li ha portati, l’Azienda Usl con un esposto firmato dal Commissario straordinario Angelo Pescarmona, ha ottenuto nei giorni scorsi dal giudice questa risposta: “Circa il modo in cui i genitori esercitano la responsabilità genitoriali sui figli non sono emerse criticità e pertanto non vi è motivo per intervenire sulla stessa. Dubbi invece emergono a proposito della segnalazione relativa alla loro inadeguatezza, basate su critiche che non hanno trovato alcun riscontro”. Il decreto definitivo del Tribunale per i Minorenni risale al 9 aprile, ma ai genitori è stato notificato solo nei giorni scorsi. Sei mesi e oltre dopo che questa “assurda, allucinante e paradossale” vicenda ha inizio.

Tutto comincia quando il pediatra di base torna a suggerire a Patrick e Agnieszka un intervento urgente per l’applicazione di una sonda Peg per la nutrizione del minore in sostituzione del sondino naso-gastrico. Una procedura chirurgica che prevede la sedazione del piccolo che, pur presentando una condizione di disabilità gravissima, non è mai stato sedato prima in quanto sconsigliato dagli stessi medici anestesisti e rianimatori, non essendo prevedibili le reazioni del bambino. Di fronte a dubbi espressi da diversi sanitari e in assenza di un consulto multidisciplinare in grado di ponderare rischi e benefici dell’intervento, i genitori non possono che esprimere preoccupazione e prendere tempo.

Tanto basta però per far scattare a fine settembre prima la segnalazione del pediatra e in seguito l’esposto dell’Azienda Usl alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni. L’intervento viene definito urgente, necessario “per salvaguardare l’integrità fisica del minore”, e i genitori, la cui posizione viene letta come un rifiuto, accusati di “mancanza di collaborazione” e di “inerzia”.

Il 21 ottobre – “senza nemmeno sentire le nostre ragioni” spiegano i genitori – il giudice del Tribunale per i minorenni sospende a Patrick e Agnieszka, con riguardo alle scelte sanitarie, la responsabilità genitoriale, nominando un tutore. Passeranno circa 20 giorni prima che il provvedimento venga revocato da parte dello stesso tribunale, 20 giorni in cui se al minore fosse successo qualcosa i genitori non avrebbero avuto voce su eventuali trattamenti o interventi.
Nel revocare “provvisoriamente” la sospensione genitoriale l’8 novembre 2019 il giudice del Tribunale per i minorenni di Torino sottolinea di aver avuto “la prova di un accudimento completo e adeguato da parte dei genitori nei confronti del minore, non avendo viceversa avuto la prova dell’esistenza di un atto di cui si lamentava il rifiuto dei genitori da parte dell’Asl”. All’azienda Usl viene chiesta una relazione sulle ragioni della denuncia e soprattutto sulle ragioni per cui l’intervento della Peg fosse stato ritenuto necessario e non procrastinabile.

La mano destra sembra però non sapere cosa fa la mano sinistra. Negli stessi giorni infatti è un altro dipendente dell’Azienda Usl, il case manager del bambino, un altro pediatra, nella sua relazione clinica, a manifestare dubbi sul posizionamento della Peg, non ritenendo l’intervento rivestire carattere di emergenza e consigliando un consulto multidisciplinare per ponderare la scelta. Per questo viene prenotata a dicembre – Nda alla faccia dell’urgenza  – una consulenza specialistica presso il centro di nutrizione clinica dell’Ospedale infantile Regina Margherita di Torino, propedeutica ad un successivo incontro multidisciplinare (ad oggi mai avvenuto). Nel capoluogo piemontese i medici suggeriscono sul minore un altro trattamento ancora, diverso dalla Peg.

I mesi passano, la vicenda giudiziaria, proseguita con un dispendio da parte della famiglia di energie fisiche e mentali e sopratutto con un ingente esborso economico, che avrebbe senz’altro potuto essere orientato ad altro, viene rallentata dal sopraggiungere della pandemia. Il punto finale arriva, come detto, solo nei giorni scorsi, lasciando però alla famiglia, e non solo a loro, tanti punti interrogativi.

A cominciare dai dubbi sull’esposto dell’Usl, manifestati dagli stessi giudici che hanno chiuso definitivamente il procedimento.

Un ente può far partire una simile denuncia dalle conseguenze così pesanti senza i necessari approfondimenti? Peraltro quando per svolgere questi approfondimenti, tutti interni, bastava convocare nella stessa stanza alcuni fra i suoi dipendenti? Era necessario poi nominare un legale, pagato con i soldi della collettività, per accompagnare questa segnalazione? Perché alla famiglia non è stato dato modo di esporre le proprie ragioni su una vicenda sanitaria così complessa, che chi meglio di loro, che da cinque anni la vive sulla propria pelle, conosce?

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