Bella presentazione per la futura struttura che si appresta ad attivare al suo interno l’Hospice per lungodegenti, che si spera sia dotato di aria condizionata essendo una struttura ex novo se pur realizzata lungo il vecchio corridoio che porta alle camere mortuarie. Il direttore generale afferma di essere consapevole del problema a cui stanno lavorando per risolverlo. Bene, ma essendo anni che l’ospedale Beauregard è nella morsa delle calde estati che portano le temperature oltre i 30 gradi e che per realizzare strutture nuove come quella di St.Pierre (rispettose degli standard previsti, compresa l’aria condizionata) ci sono voluti meno di due anni, mi domando se è eticamente corretto che i cittadini valdostani e i turisti che si recano nella nostra valle debbano attendere ancora fino al 2010-2011 per godere di un elemento ormai contemplato negli ospedali di ultima generazione. Oppure se è scientificamente comprovata la validità del rimettersi alla valutazione dei profili di rischio dell’équipe della geriatria che per compensare il caldo esterno (34°C) dovrebbe intervenire sull’idratazione del paziente che se per esempio fosse affetto anche da un scompenso cardiaco dovrebbe in linea di massima assumere meno liquidi possibili nelle 24h. Non solo, essendo le strutture sanitarie oggetto di accreditamento (ivi compresi gli spazi utilizzati e gli standard di cui sopra) da parte della Regione Autonoma Valle d’Aosta nasce spontanea un’altra domanda: “
come è possibile che l’Azienda USL abbia ottenuto l’accreditamento essendo carente su un intero presidio dell’impianto di trattamento dell’aria?”
Continuando in un’aperta riflessione sul fatto che l’ospedale Beauregard diventi un centro per lungodegenti e riabilitazione non appena avverrà l’ampliamento della sede di Viale Ginevra, visti i ritardi sullo stato avanzamento lavori del Presidio Umberto Parini, ho l’impressione che molto probabilmente neanche tra 10 anni si potrà vedere il Beauregard con una veste unica e definitiva.
E da quando sono adolescente che sento parlare del BEAUREGARD: splendida struttura in cemento armato, finestre in pvc arancioni, vista panoramica con parete di roccia alle spalle e torretta di controllo all’entrata. Splendidi spazi aperti e ben visibili (chi sale le scale per andare in Geriatria riesce a ben vedere nelle stanze della Ginecologia) che i più anziani ricorderanno come elementi portanti della struttura idonea per soggetti carcerati e non certo per le persone malate.
Certo che mi metto nei panni dell’amministrazione aziendale che si trova a trasformare una zucca nella carrozza di Cenerentola senza l’aiuto della fatina buona ed ironia a parte mi rendo conto che ciò che sembra una richiesta logica a tanti appare quasi impossibile a pochi.
Premesso quanto sopra è doveroso ricordare che se pur in una condizione migliore del Beauregard anche l’ospedale Umberto Parini (oggetto di anni di ristrutturazione) ad oggi non conta di un impianto di trattamento dell’aria sul 100 % del presidio, ovvero esistono ancora dei reparti con situazione analoga a quella della geriatria del Beauregard.
Ciò che mi rammarica delle parole del sig. Milesi è la descrizione degli operatori sanitari che a causa di fattori non da loro dipendenti appaiono “cfr…..ad ogni ora del giorno come scaricatori di porto o facchini tanto sono madidi di sudore”. Non tanto per la descrizione del sig. Milesi che non corrisponda a verità, in quanto ho operato per oltre 2 anni della suddetta struttura e ben conosco la realtà lavorativa di cui stiamo parlando. Mi rammarico perché un pensiero tanto puntuale e circostanziato è venuto da un parente che ha subito un lutto e che come tale poteva anche volgere il suo pensiero a tutti tranne che al malessere degli operatori.
Come mai un semplice cittadino riesce a volgere anche un pensiero di tutela agli operatori che hanno preso in carico la sua mamma e il nostro Direttore Generale e/o il Direttore Sanitario o chi per essi non hanno avuto la stessa lungimiranza? Nell’articolo di cui sopra non una parola vs i dipendenti, non una parola di conforto per loro. A mio avviso non è sufficiente dire “siamo consapevoli che c’è un problema lavoriamo per risolverlo” perché il disagio è oggi e l’aria condizionata sarà dopo domani e un’ Azienda che si ritiene attenta alle risorse umane non fa l’impossibile solo domani (il nuovo impianto di aria condizionata) ma offre anche piccole strategie per l’oggi, anche attraverso le soluzioni proposte dagli operatori che il più delle volte rimangono accantonate o inascoltate. Perché la morte di un essere umano fa notizia e crea dolore (se un parente “coraggioso” si espone) e il malessere di un lavoratore come lo prendiamo in carico? Facendo costantemente e ripetutamente “spallucce”? Gran parte di altre categorie (es.: ferrovieri, poliziotti,….) hanno in dotazione una divisa che tiene conto delle stagioni (estate – inverno); gli operatori sanitari godono di divise di ugual materiale sia per l’estate sia per l’inverno e qualora avessero freddo possono usufruire di un golfino di lana. Ora tra realizzare un impianto di aria condizionata (poi) e prevedere per gli operatori delle divise di tessuto diverso dall’estate all’inverno o dotarli di N. magliette di cotone a maniche corte (adesso) mi sembra che possa essere un esempio di micro attenzione che non pesi troppo sulle casse aziendali e aiuti gli operatori sanitari a non apparire come ben descritti dal sig. Milesi.
Concludendo, volgo un sentito ringraziamento ai colleghi che tutti i giorni sopperiscono alle notevoli carenze strutturali denunciate dall’articolo di cui sopra e che anche a danno della loro salute cercano di offrire ai loro pazienti il migliore servizio sanitario possibile. Ma attenzione perché anche le rocce più dure prima o poi si scalfiscono!