“Le montagne mi mancavano. Era il periodo del lockdown, ero a Bruxelles da tanti anni, e ho scritto loro una lettera d’amore. È una cosa che spesso chiedevo alle persone di fare durante le sedute di arteterapia: Dear mountains, I’m coming home. Ho aperto la finestra, l’ho letta ad alta voce, e piangevo mentre lo facevo. Mi sono data tre anni per capire quali montagne, dove, come, ma dovevo fare qualcosa”. Ed è così che Gina van Hoof è arrivata a Rhêmes-Notre-Dame. Rhêmes che suona come rêve e come R.E.M. Sono solo assonanze, certo, ma la dimensione onirica ha giocato una parte non trascurabile nel suo arrivo proprio nella vallata della Granta Parey.
Nata in Belgio, passaporto olandese, la giovinezza passata in Svizzera, gli studi in California, il ritorno in Belgio, a Bruxelles, Gina è un’artista giramondo e poliedrica – d’altra parte, si può essere artisti senza essere cittadini del mondo ed eclettici? – che ha scelto la Valle d’Aosta guidata dall’istinto e dalle sensazioni. “Volevo tornare tra le mie montagne, ma non avendo il passaporto svizzero sarebbe stato troppo complicato vivere lì”, racconta. “Anche in Francia e in Italia le montagne sono le stesse che avevo conosciuto e amato, ma preferisco la mentalità italiana a quella francese, e guardando sulla cartina la Valle d’Aosta era il posto giusto”.
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A Rhêmes-Notre-Dame guidata da un sogno
Nel 2023 Gina qui passa del tempo, dormendo in macchina e provando a vivere tutte le vallate. Ma c’era stato un sogno, tempo prima, che in qualche modo aveva già deciso il suo destino. “Do molta importanza ad alcuni sogni. Una volta, appena svegliata, mi ero scritta su un foglio la parola “renne”, ma non avevo capito molto. Pensavo magari la città di Rennes, ma poi me ne sono dimenticata. Una sera ero a cena con un’editrice per parlare delle carte che ho realizzato, e le raccontavo che volevo andare a vivere in Valle d’Aosta. Una persona a fianco a me ha detto che trascorreva le sue vacanze tutti gli anni nella valle di Rhêmes, e allora ho capito”. I pezzi del puzzle si incastrano. Pur avendo visitato le diverse vallate della regione, a Rhêmes sentiva un’energia, un appagamento che non provava da nessun’altra parte. “Nel mio corpo sentivo che qui tutto era al suo posto. Ho chiesto alla montagna se mi avrebbe accolta se fossi venuta a vivere qui, e quel giorno ho fatto un giro nei boschi: ho incontrato un capriolo che è rimasto con me per diverso tempo, sopra di me volava una coppia di gipeti. Ho capito che era il posto giusto”.
Ora Gina vive nella frazione Bruil, in una casa dove non arriva la strada, ad una decina di minuti di cammino a piedi. Spala la neve, recupera la legna per la stufa, fa sport, si gode la montagna e continua a coltivare il suo lato artistico.
“Plume dans le désert”, un racconto iniziatico per bambini e adulti
Un legame, quello tra la Valle d’Aosta e la sua arte, che avrà uno dei suoi primi momenti “concreti” giovedì 20 marzo, con la presentazione del suo libro “Plume dans le désert” in occasione delle Journées de la Francophonie. Una storia che Gina ha tenuto con sé per sette anni, usandola nei suoi workshop ma lasciandola solo in una versione orale, anche per paura di sbagliare l’ortografia o di non riuscire a rendere i giochi di parole. “Ma poi mi sono detta che potevo farlo correggere a qualcuno, e così nel 2021 l’ho autopubblicato, con le illustrazioni di Sarah Cherpion, che ha fatto degli studi con me e che mi piace molto come lavora”.
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Una traversata simbolica del deserto, un racconto iniziatico con tanti elementi metaforici, che può essere letto da bambini e da adulti: “Ho sempre notato che nelle storie i protagonisti, anche quando sono donne come ad esempio Giovanna d’Arco, hanno un percorso tipico dell’eroe maschile. Ma l’eroina femminile deve fare un percorso diverso: qui Plume è la protagonista, e fa un suo percorso. È un racconto universale, do diverse idee creative per permettere di digerire le emozioni e trasformarle. Credo che se si vuole guarire il mondo si deve cominciare da dentro, ognuno deve essere in pace con se stesso”.
Il percorso artistico senza confini di Gina van Hoof
Fotografia, collage, creazioni, libri rilegati e confezioni fatte a mano, per Gina van Hoof la creatività artistica non ha confini materiali o concettuali. All’inizio era la fotografia, in tutti i suoi aspetti. Foto artistiche, mostre, copertine di libri, ma anche servizi ai matrimoni o agli eventi, ed una buona parte di lavoro come fotogiornalista, che l’ha portata a girare il mondo: “Sono appassionata di cose antiche da preservare culturalmente”, spiega. “Tra i reportage a cui più sono legata ci sono quelli in Lesotho, la “Svizzera dell’Africa” e in Brasile, nella colonia Philippson. Qui ho fatto un vero e proprio lavoro storiografico di ricostruzione e ricerca su questa comunità di ebrei della Bessarabia, scomparsa nel 1926”.
Parallelamente, Gina porta avanti la sua inclinazione per un’arte più “manuale”, con la creazione di libri fatti, illustrati e rilegati a mano, con anche delle confezioni, tenendo degli atelier: “Mi sono accorta che le storie che le persone creavano avevano qualcosa di estremamente terapeutico. Avevo già pensato di fare dell’arteterapia ma non avevo voglia di rimettermi a studiare”. Dal 2014 al 2017 si diploma all’Institut de Formation Rhapsodie, il più prestigioso del Belgio per questa disciplina.
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Pian piano la fotografia lascia il posto alla terapia, che “mi ha aiutato molto a sbloccarmi nel mio lato creativo. Avevo sempre paura di non essere un’artista perché non so disegnare, ma non è quello che conta: conta esprimere quello che hai dentro”. Durante il lockdown l’artista belga si dedica molto al collage, pubblicando le sue creazioni su Instagram o inviandole agli amici. È così che un’amica le racconta di essere rimasta un’ora a meditare su uno di questi collage: “Mi sono detta che sarebbe stato interessante creare un set di carte contemplative, ma da sola ci sarebbe voluto molto tempo”.
Gina incontra prima Ric Stott, artista londinese, e poi Kirstin Vanlierde, e con loro tre nasce l’idea di SOULSCAPES, un set di carte per stimolare la creatività, la riflessione, la meditazione: “Abbiamo lavorato per strati: ognuno, in ogni carta, metteva il suo pezzo. Inizialmente ci mandavamo le cose per posta, poi abbiamo iniziato a fare delle residenze artistiche intensive da me”.
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Ora è in una nuova fase: “Dopo aver tanto vissuto il principio Maschile, che è quello legato all’azione, all’essere sempre al massimo, ora ho bisogno di stare più nel principio Femminile, che è quello legato all’apertura, alla ricezione. Se voglio trasmettere qualcosa, devo prima viverlo al 100%. So che se rimango aperta le cose belle arrivano”.
2 risposte
Buongiorno, sarei interessato all’acquisto del libro ” Plum dans le desert”; chiedo se vi è la traduzione in Italiano ed eventualmente dove si può trovare
Grazie
Mario
Buongiorno Mario,
Grazie per il tuo commento.
“Plume dans le Desert” esiste attualmente solo in francese. (Soulscapes ha la traduzione italiana).
Per acquistare il libro, 3 possibilità,
– si trova nel negozio Le Hibou a Rhêmes-Notre-Dame
– contattami e te lo invierò oppure possiamo organizzare una consegna di persona,
– ordinalo qui: https://www.blurb.fr/b/10916072-plume-dans-le-d-sert
Buona giornata,
Gina