I benefici del Nordic walking sul sistema cardiovascolare: la tesi di laurea della valdostana Silvia Degiorgis

Silvia Degiorgis, ventiduenne di Pont-Saint-Martin, si è laureata in Infermieristica all’Università in novembre, discutendo la sua tesi di ricerca sui benefici del Nordic walking nelle persone affette da coronaropatie, che è stata invitata a presentare a Roma.
Silvia Degiorgis il giorno della laurea
Società

Qual è il tema della tua tesi?”. Quando glielo chiedono, Silvia Degiorgis, ventiduenne di Pont-Saint-Martin, ribatte con un’altra domanda: “Il Nordic walking…sai cos’è?”. Quasi sempre la risposta è no. Lei stessa, ammette, non ne aveva mai sentito parlare prima che i suoi genitori iniziassero a praticarlo e ne diventassero istruttori. 

Silvia ha frequentato il corso di laurea in Infermieristica presso la sede di Ivrea dell’Università di Torino e si è laureata il 17 novembre 2025, con una tesi dal tema originale e poco esplorato, intitolata: “Il Nordic Walking come strumento per migliorare la qualità di vita nelle persone con coronaropatia: una revisione della letteratura”. 

Questo suo lavoro è stato selezionato per essere esposto il 6 dicembre sotto le Sessioni dedicate a Infermieri, Tecnici sanitari di radiologia medica e Tecnici di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione Cardiovascolare. Per l’occasione, la neolaureata è stata invitata a presentare la sua tesi a Roma al 86° congresso nazionale organizzato dalla Società Italiana di Cardiologia, dal 4 al 7 dicembre 2025. 

La tesi di Silvia
La tesi di Silvia

“Mi sarebbe sempre piaciuto incentrare la mia tesi sulla cardiologia: è un tema che mi affascina” inizia a raccontare, aggiungendo di aver definito questo particolare orientamento “in seguito ad alcuni eventi familiari che hanno visto intrecciarsi sia la parte cardiologica che quella del Nordic walking“.

La sua ambizione era quella di indagare i possibili benefici del Nordic walking in particolare sulla circolazione sanguigna. Il movimento principale che caratterizza questa disciplina è la rullata del piede. “Attraverso l’appoggio prima del tallone, poi della pianta, e infine delle dita, si crea una sorta di ‘massaggio’ alle vene del piede: a ogni passo, per compressione, queste si svuotano, favorendo il ritorno venoso e aiutando di conseguenza il cuore” descrive Silvia.

I risultati della sua analisi sono positivi e interessanti, non solo sul piano clinico-patologico, ma anche su quello funzionale e sociale. Tuttavia è anche emerso che “sono ancora necessari ulteriori studi per approfondire il Nordic walking in un’ottica di riabilitazione cardiologica” segnala la neolaureata “perché si tratta di una disciplina recente“. Anche la sua relatrice, Roberta Sturaro, e la correlatrice, Maria Cristina Napolitano, dopo aver appoggiato con entusiasmo la sua idea, le hanno suggerito di verificare che esistesse materiale scientifico sufficiente su cui impostare il lavoro, vista la natura innovativa della proposta.

La disciplina del Nordic walking, anche detta “camminata con bastoni

Nordic walking” è una locuzione che nasce nel 1930 nei Paesi Scandinavi e indicava originariamente l’allenamento estivo svolto dagli atleti scandinavi di sci di fondo. Solo dal 2013 è riconosciuto in Italia come disciplina dalla FIDAL e dal CONI.

In italiano è chiamato anche “camminata con bastoni”: si tratta infatti di un’attività fisica che prevede l’impiego di bastoncini appositamente concepiti, simili a quelli usati nello sci di fondo, ma pensati per la camminata in piano. Il movimento svolto coinvolge quattro arti invece che solo i due inferiori, permettendo di distribuire meglio il peso. “I bastoncini devono essere coordinati con i piedi e esistono diverse tipologie di passo, come quello alternato o parallelo” aggiunge Silvia.

Un altro elemento caratteristico è il laccetto che collega il bastoncino al polso. “Quando il braccio è in avanti la mano è chiusa sull’impugnatura” illustra la ragazza “mentre quando si porta il braccio indietro la mano si apre e il bastoncino viene rilasciato, ma resta comunque attaccato grazie al laccetto”. 

Nonostante il Nordic walking sia un’attività praticata soprattutto su percorsi pianeggianti, in Valle d’Aosta non mancano le opportunità. Silvia cita, ad esempio, un’associazione di Nordic walking attiva sul territorio, la “Nordic Walking Grand Combin”, mentre lei stessa da tre anni fa parte dell’”ASD Nordic Walking Due Passi in Canavese”. “Non è come andare allo Zerbion, ma si trovano facilmente passeggiate in piano o ad anello”. Silvia ricorda ad esempio l’area verde di Pollein, dove il gruppo della Grand Combin si allena spesso proprio perché è uno spazio ampio e adatto a questo tipo di attività. 

Molti pensano che il Nordic Walking sia semplicemente camminare in montagna con i bastoncini, ma non è così. Ha un’impostazione diversa e una tecnica ben precisa. Spesso chi è abituato al trekking con i bastoncini da montagna quando prova il Nordic fa più fatica all’inizio, perché deve reimpostare completamente il modo di camminare”. 

A lei piace perché è uno sport “adatto a chiunque, non troppo impegnativo e permette di muovere e allenare tutto il corpo senza dover faticare eccessivamente. Ci vuole comunque un po’ di concentrazione per imparare il movimento corretto e coordinare bene il passo con i bastoncini. In più, rappresenta sempre un bel momento di condivisione”. Ed è proprio questo insieme di benefici fisici e sociali che emerge dalla sua ricerca di tesi. 

I benefici del Nordic walking sul cuore (e non solo) risultati dall’indagine

Per condurre la sua ricerca, Silvia ha realizzato una revisione della letteratura scientifica. “Quando sono partita avevo 381 articoli e ho dovuto fare molte scremature per arrivare ad averne solo sei”, che provenivano uno dalla Slovacchia, uno dall’Italia, due dalla Polonia e due dal Canada. 

“La parte più complessa è stata proprio la selezione degli articoli” riconosce la neoinfermiera. “Dovevano essere inerenti al Nordic walking, avere come protagonisti soggetti adulti affetti da coronaropatia e valutare come outcome il miglioramento della qualità di vita. È un lavoro piuttosto lungo e che richiede molta attenzione, perché bisogna essere sicuri di scegliere gli articoli più pertinenti al proprio progetto di tesi”.

Ma alla fine, i risultati sono stati soddisfacenti. “Tutti gli studi e i test analizzati hanno confermato un miglioramento delle performance fisiche” riassume Silvia “L’utilizzo dei bastoncini riduce il carico sugli arti inferiori di circa il 30%, migliora la coordinazione,  come anche la respirazione grazie a una maggiore ossigenazione, e favorisce la circolazione sanguigna, proprio per il meccanismo di rullata del piede”. 

I benefici non sono solo fisici, ma anche psicologici e sociali. “Essendo una disciplina praticata all’aperto e in gruppo, il Nordic walking aumenta la convivialità e contribuisce a ridurre il rischio di isolamento e depressione, che spesso possono comparire dopo un evento coronarico” sottolinea Silvia. Infatti, ricevere una diagnosi di coronaropatia può essere vissuto come un piccolo trauma: ci si può sentire meno in grado di fare attività fisica come prima e esclusi. Il Nordic walking, essendo un’attività accessibile a molti e non agonistica, permette invece di tornare a muoversi in mezzo agli altri senza sentirsi in difetto. E facilita il flusso del sangue dalle gambe al cuore, permettendo al cuore di lavorare con meno fatica

Legato a ciò, Silvia ha dedicato una parte del suo lavoro anche al ruolo dell’infermiere in questo contesto. “Secondo il codice deontologico, l’infermiere ha il compito di educare la persona assistita e renderla partecipe del proprio percorso di cura” spiega. “Per questo dovremmo cercare di coinvolgere e supportare la persona nel praticare il Nordic walking e, successivamente, istruirla a rilevare alcuni parametri vitali, come la frequenza cardiaca”. Secondo le ragazza, incentivando la pratica del Nordic walking si fa anche prevenzione del rischio di recidiva della patologia, perché questa disciplina migliora la qualità di vita agendo su fattori di rischio come sedentarietà, stress e obesità, che possono favorire una ricaduta.

Silvia Degiorgis durante la sua discussione di tesi
Silvia Degiorgis durante la sua discussione di tesi

“Durante la stesura della tesi ho letto un libro di Pino Dellasega” aggiunge Silvia “Lui ha definito il movimento della rullata del piede e del miglioramento del ritorno venoso un “secondo cuore”. Questa immagine mi ha colpita molto, e mi ha fatto riflettere sull’importanza che il Nordic walking può avere proprio in ambito cardiologico“. Per incentivare lo svolgimento di questa attività, la giovane ha deciso di creare delle brochure esplicative sul Nordic walking da lasciare in reparto a Ivrea. 

Da studentessa a infermiera

“Questo lavoro toglie tanto, ma dona anche tanto” osserva con sincerità Silvia, a conclusione del suo percorso di studi e vicina all’inizio dello svolgimento della professione. Per lei non si è trattato di una vocazione, ma più una passione. “L’ho capito verso la metà dell’ultimo anno delle superiori” confida. Se tornasse indietro, rifarebbe la stessa scelta. “Per me è bello fare tutte le cose pratiche che l’infermiere può fare, ma ciò che conta di più è la parte umana. Tu, come infermiere, hai un ruolo importantissimo, perché la persona che sta male si affida a te, sei il suo punto di riferimento. Già solo per questo, per me, è un grandissimo onore. Spero davvero di essere quella mano che le persone andranno a cercare nei momenti di difficoltà“. 

Alla domanda se abbia già in mente un ambito infermieristico in cui lavorare, risponde: “Sono sempre affascinata dal mondo della cardiologia e, allo stesso tempo, anche dalla sala operatoria. In futuro mi piacerebbe iscrivermi alla magistrale e fare altri due anni di università. Però, siccome il nostro corso di laurea nasce principalmente come triennale, prima farò un po’ di esperienza e poi se vorrò mi dedicherò nuovamente agli studi“. 

Parlando di Nordic walking, Silvia non esclude di voler continuare a studiarlo: “Se dovesse capitare di poterlo approfondire, lo farei volentieri, soprattutto dal lato infermieristico, perché al momento non c’è ancora un grandissimo approfondimento e secondo me sarebbe utile. Ma anche dal punto di vista medico e più ospedaliero: mi piacerebbe capire meglio come applicarlo davvero in questo contesto”.

In fondo, ricorda, “dalla mia tesi è emerso che sono necessari ulteriori studi. Io credo in questa disciplina, e praticandola mi rendo conto che è davvero alla portata di chiunque. Anche uscendo dall’ambito cardiologico è utile, ad esempio per persone con malattie neurodegenerative o altre patologie. Spero che continui a essere studiata e, se dovessi far parte di questi approfondimenti, ne sarei davvero felice. Unisce sport, aspetto sociale e medicina: è un’attività completa e merita di essere conosciuta di più“.

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