Il ritorno di Ida Desandré a Bergen Belsen nelle parole di Roberto Contardo, il figlio

"Penso che tutti coloro che intenderanno visitare tutto quello che la mente criminale nazista ha generato, dovranno riservare un piccolo angolo della propria coscienza per conservare questa grande memoria da trasmettere di pensiero in pensiero".
Belsen
Società

Lo scorso mese di ottobre, in occasione dell’inaugurazione del nuovo museo “MEMORIAL BERGEN BELSEN” a Ravensbrück, Ida Désandré, testimone valdostana sopravvissuta alla deportazione nei lager nazisti, ha rivisitato i luoghi nei quali si è consumata la sua tragica esperienza. Lo ha fatto accompagnata dal figlio Roberto che ha raccolto, nelle righe che seguono, suggestioni e riflessioni della propria esperienza.

Ida Désandré è stata arrestata dai fascisti, insieme al marito perché partigiani, nel luglio del 1944 ad Aosta. Fu carcerata prima ad Aosta, nella Caserma militare "Chiarles" e nella Torre dei Balivi, poi trasferita a Torino. Di qui fu deportata nel lager di  Bolzano e di seguito in Germania, a Ravensbrück, poi a Salzgitter (sottocampo di Neuengamme), poi a Bergen Belsen. Fu liberata il 15 aprile 1945, dalle truppe inglesi. La sua testimonianza, raccolta in diverse pubblicazioni, Ida Désandré continua a portarla nelle scuole e dovunque la richiedano per raccontare quegli anni.

“Vi sono fatti nella vita dove le parole non riescono a spiegare compiutamente l’intensità di una forte commozione come quella vissuta da Ida Desandré , nel rivedere dopo più di sessantanni, i luoghi della propria deportazione nel campo di sterminio di Bergen Belsen, in occasione della inaugurazione del nuovo museo “MEMORIAL BERGEN BELSEN”, sorto per volontà dell’omonima fondazione, del governo della Bassa Sassonia e di tutte le associazioni internazionali rappresentanti le vittime ed i superstiti del più tragico delirio che la storia moderna abbia mai conosciuto.

Ho accompagnato mia mamma oltre che per sostenerla moralmente, anche per cercare di ampliare e approfondire ciò che fino a ieri mi era stato raccontato, avevo letto, piuttosto che visto in brevi documentari filmati.Mai più avrei mai immaginato che impattando con i luoghi dove quella immane tragedia si consumò, il mio coinvolgimento emotivo arrivasse al punto di osservare tutto ciò che mi capitava e di non vederlo più con i miei occhi, ma con i suoi, dentro ai quali la fotografia di quanto si realizzò, è più che mai nitidamente presente.
Non si può visitare questo luogo con l’idea di compiere un atto dovuto!

Camminando con passo incerto in questo immenso cimitero, inondato da uno struggente e malinconico canto ebraico, dove al posto delle normali tombe vi sono centinaia di fosse comuni, dentro le quali in alcune vi sono interrati anche più di cinquemila cadaveri, per meglio capire, mi sono lasciato assalire dall’orrore, in maniera da  immergermi spiritualmente nella dolorosa e tragica vicenda che coinvolse quella incredibile moltitudine di persone.
Vittime o superstiti, non ha importanza, Persone che senza nulla chiedere alla Storia, nobilitarono con il proprio pensare ed essere innocente, una pagina della storia del Tempo.

Penso che tutti coloro che intenderanno visitare Bergen Belsen e tutto quello che la mente criminale nazista ha generato, dovranno cercare di  riservare un piccolo angolo della propria coscienza in modo da conservare questa grande memoria da trasmettere di pensiero in pensiero. 
Tanto è stato scritto e detto su questa terribile vicenda e tanto verrà ancora scritto e detto. Sono fermamente consapevole che queste poche e povere parole non aggiungeranno niente di nuovo a quanto già è risaputo.

La speranza è che al di là di ogni retorica, possano, seppur minimamente, arrivare a toccare la sensibilità di tutti coloro che intendono idealmente stringere con un forte abbraccio Ida Desandré e tutta la Gente del campo di sterminio di Bergen Belsen. 

 

                                                                Roberto Contardo

                                                                   30.10.2007

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