In pensione Francesco Ponzio, storico macellaio di Gressan

Francesco Ponzio va in pensione e chiude la centralissima macelleria di Gressan, ma rimane presidente dei macellai valdostani
Francesco Ponzio dietro al suo bancone
Società

Abbassa le serrande la macelleria Ponzio di Gressan. Punto di riferimento per il paese dell’Envers, Francesco e Elena, coppia nella vita e nel lavoro, vanno in pensione e il comune perde uno dei suoi negozi storici. Storico non tanto perché la macelleria è sempre stata lì, ma perché il suo proprietario, Francesco Ponzio, ha iniziato a fare il macellaio all’età di 13 anni e da allora non ha più smesso, aprendo negozi e servendo i suoi clienti, da Pila a Pont-Saint-Martin.

La passione per il gesto e la voglia di portare in alto un lavoro difficile e sempre meno conosciuto hanno fatto di lui un viso familiare per i tanti che si sono serviti del suo sapere: “Ero a Torino, avevo 13 anni e ho iniziato a fare questo mestiere. Oddio, devo ammettere che i primi filetti me li hanno fatti togliere a 16 anni, perché prima guardavo i veri macellai e pulivo i pavimenti. Ne ho puliti di pavimenti e quello che posso dire è che in questo mestiere ci vuole pazienza e tanta volontà, quella che i ragazzi di oggi forse hanno un po’ perso”.

I ragazzi di oggi Francesco li conosce bene, oltre che presidente dei macellai valdostani è anche insegnante macellaio alla scuola alberghiera di Châtillon, dove i futuri protagonisti dell’agroalimentare e della ristorazione valdostana si formano: “I ragazzi hanno molta fretta oggi, vogliono essere in grado di fare tutto subito, ma ogni cosa ha il suo tempo e la macelleria anche. Questo è un lavoro duro e va fatto bene perché il cliente merita qualità e serietà, caratteristiche che nei supermercati non si trovano, nemmeno qui in Valle. È difficile trovare ragazzi disposti a rilevare un’attività del genere dove la fatica non manca”.

A portare Francesco in Valle d’Aosta da Torino fu Giuliana Rosset, nota imprenditrice, che introdusse Ponzio a Quart, dove lavorò dal 1982 al 1985. Dopo 3 anni la prima svolta: una signora di Gressan, proprietaria di una macelleria nel centro del paese vende e Francesco inizia così a legarsi al comune. Dopo alcuni anni l’ex sindaco Cottino lo invita ad aprire anche a Pila e inizia un’avventura che lo vedrà gestore insieme alla moglie Elena del negozio in centro e di quello a Pila: “Ci incontravamo a Les Fleurs – scherza Francesco – , lei mi dava le istruzioni per le consegne da preparare in paese e io le raccontavo la giornata a Pila. Era davvero dura, ma abbiamo mandato avanti le due macellerie per ben 13 anni. Dopodiché la mia pressione alta e la mole di lavoro mi hanno obbligato a rinunciare a Pila”.

Una parentesi a Nus, comune dove abita per diverso tempo si interrompe nel 2000, quando l’alluvione gli porta via il negozio e si ritrova a dover ricominciare tutto da capo, come dipendente, a Pont-Saint-Martin. Qui, dopo 4 anni, dove inizia come garzone e diventa macellaio ricominciando dai primi gesti con umiltà e pazienza, ritrova una macelleria a Gressan e decide di investire nuovamente nel comune dell’Envers.

La nuova vita della macelleria Ponzio ricomincia nel 2015, sempre con lo stesso entusiasmo e con la stessa voglia di fare quel lavoro che è vocazione e passione: “Non saprei, io ho un vero amore per la carne e per i gesti quotidiani. Ho un grande magone per i miei clienti, mi costa tanto lasciare la macelleria e so che passando qui davanti d’ora in poi non sarà la stessa cosa e sarò sempre un po’ triste, ma siamo stanchi e ci meritiamo la pensione. Il mondo è cambiato, la velocità delle spese online e la mancanza di contatto dei supermercati stanno spazzando via la poesia dei piccoli artigiani come noi. Quello che ho sempre apprezzato nel mio lavoro è il contatto con i clienti, poter consigliare loro e andare a cercare sempre la qualità, perché non serve mangiare quintali di carne, basta mangiare il giusto, ma che sia di ottimo livello”.

Chiude così un esercizio di paese che segna ancora una volta il momento storico che anche la Valle d’Aosta si ritrova a vivere: i piccoli negozi, in centro come nei paesi, chiudono, avanzano i supermercati e si perde l’anima dei piccoli agglomerati sempre più lontani dall’ideale poetico dei piccoli borghi e sempre più vicini alla città e al suo ritmo frenetico.

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