La Corte d’appello di Torino riduce la pena a 16 anni ad Annamaria Franzoni

Dopo un anno e mezzo e 22 udienze è stata scritta la parola fine sul processo di secondo grado, contro Annamaria Franzoni, la mamma di Cogne accusata dell'omicidio del figlioletto Samuele. Condannata in primo grado ad Aosta a 30...
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Dopo un anno e mezzo e 22 udienze è stata scritta la parola fine sul processo di secondo grado, contro Annamaria Franzoni, la mamma di Cogne accusata dell’omicidio del figlioletto Samuele. Condannata in primo grado ad Aosta a 30 anni, la corte d’appello di Torino le ha concesso le attenuanti generiche e l’ha condannata a 16 anni di reclusione, riducendo così della metà la pena.
Una storia senza fine quella del caso Cogne che con la sentenza della Corte di appello di Torino non seda tuttavia le polemiche e le amarezze che tale vicenda si porta dietro con ancora tanti punti interrogativi e ombre. Annamaria Franzoni in questi anni ha sempre proclamato la sua innocenza e l’ultimo appello l’aveva fatto ai giudici venerdì scorso dicendo “Volevo dire, spero che siate giusti nel giudicare. Non ho ucciso mio figlio non gli ho fatto niente”. Poi la Corte presieduta da Romano Pettenati si è riunita in camera di consiglio dove è rimasto chiusa per circa 10 ore. La Corte ha concesso ad Annamaria Franzoni le attenuanti generiche dichiarandole equivalenti all’aggravante che le era contestata, cioé quella di aver ucciso il proprio figlio. La Corte non le ha riconosciuto l’attenuante della seminfermità e ha confermato le pene accessorie: l’interdizione dai pubblici uffici, lo stato di interdizione legale e la decadenza dalla potestà di genitore.

Il giorno della sentenza di 2° grado è stato anche il giorno della difesa di Annamaria. L’avvocato Paola Savio che ha preso il testimone di Taormina, ha raccolto il plauso dalla Corte per l’ottimo lavoro svolto ma la Savio non ha abbassato i toni nell’affermare che gli inquirenti non hanno fatto esaminare due macchie di sangue che “potenzialmente indicavano il percorso di uscita dell’assassino” dalla casa di Cogne. La Savio ha sostenuto anche che l’assassino di Samuele non indossava gli zoccoli di Annamaria e ha poi focalizzato l’attenzione su tre punti: “non si può ritenere scientificamente provato che l’assassino indossasse il pigiama e che l’assassino si trovasse sul piumone. Infine non si può ricavare la prova che l’assassino sia la madre”. L’avvocato difensore nel sostenere che l’altro grande assente è il movente ha evidenziato che lo scopo punitivo ?non è sufficiente”.

La mamma di Cogne resterà tuttavia libera. Affinché venga applicata la misura restrittiva occorre aspettare il pronunciamento della Cassazione di conferma della sentenza d’appello, a meno che la Procura generale non decida di chiedere un ordine di custodia cautelare. Sfumano così le accuse lanciate in questi anni ai vicini di casa della Franzoni che hanno già detto che nelle prossime settimane avvieranno le cause civili per ottenere il risarcimento dei danni morali subiti nel corso dell’inchiesta e del processo. È il caso in particolare di Daniela Ferrod e i coniugi Carlo Perratone e Graziana Blanc, anche loro di Cogne. Scompare così anche l’ombra del mostro di Cogne che in questi anni ha rappresentato una spada di Damocle sulla cittadina valdostana che ha visto svilupparsi un turismo al quale non era avvezza. I cogneins ora hanno solo voglia di tranquillità e di cancellare una storia che li ha portati al centro delle cronache. Cogne vuole tornare a respirare quella serenità e tranquillità che l’ha resa famosa per anni e che negli ultimi cinque anni è stata compromessa.

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