Sulla “movida” di Aosta si cerca l’intesa. Stop ai dj set alle 23.30
Un ultimo incontro, il terzo, per cercare di quadrare il cerchio e trovare un accordo complicato. Il problema è annoso: conciliare le serate di musica in centro Aosta con il diritto degli abitanti al riposo e alla quiete.
Nel salone ducale del Comune ci sono molte persone: la Giunta del capoluogo, il questore Ivo Morelli, il comandante della Polizia locale Fabio Fiore. Di fronte a loro esercenti, cittadini ma anche deejay e organizzatori di eventi. Dopo le proposte messe sul tavolo dall’Amministrazione comunale, ad inizio luglio, insomma è tempo di fare sintesi.
O, per dirla con le parole del sindaco Gianni Nuti: “L’intenzione è quella di trovare un punto di incontro e non di scontro, che porti ad una moderata soddisfazione per tutti. Tentare è una cosa non semplice ma doverosa. Speriamo che anche nella nostra, come in altre città, si giunga ad un accordo. L’obiettivo è quello di siglare un patto, con l’accettazione di reciproche condizioni”.
La questione sulla quale non si accettano deroghe è quella dei decibel della musica: “Non si possono permettere emissioni acustiche elevatissime a prescindere – dice Nuti -. Stiamo toccando punte che non ha senso assecondare. Chi ha fonometri, anche non così professionali, ha registrato fino a 90 decibel in città. Non è tollerabile, non possiamo accettarlo e non possiamo che chiedere di non elevare i volumi a questi livelli, che non sono sani per nessuno”.
Con un “però”: “Non possiamo essere completamente censori, altrimenti la città si ammorba, chi vive di accoglienza non riesce più a lavorare e chi fa animazione musicale nemmeno – aggiunge il sindaco -. Dall’altro lato chi vive in città sa che c’è vita e aggregazione di persone, ma devono esserci delle regole di convivenza. L’obiettivo è quello di trovare un punto di incontro”.
Dj set spenti alle 23.30
Il tentativo, già spiegato a luglio, è quello di piazzare una serie di fonometri per monitorare le emissioni acustiche. Nuti non vuole, però, che questo passi come una velleità repressiva. Anzi: “L’intenzione non è quella di ‘bastonare’ ma di costruire un sistema di deterrenza. Con Arpa abbiamo convenuto che sia utile installare i fonometri per capire quale sia il paesaggio acustico nel quale viviamo, a tutte le ore. E per raccogliere una serie di dati, capire le criticità e poi, a fine monitoraggio, vedersi ed intervenire per stabilire la soglia entro la quale stare durante negli eventi”.
Nel dettaglio, aggiunge, “quando non ci sono gli eventi la soglia è di 50 decibel dopo le 22, e di 65 prima. Da qui non si deroga. Questa è la norma. Poi, nei momenti in cui ci sono iniziative con deroga si stabilisce la soglia. Che in questo momento non c’è. Se 85 decibel è la soglia da cantiere e 120 è la soglia del dolore, bisogna stare sotto. Mediamente, in altre città, stiamo sui 75. Facciamo però un passo alla volta per lavorare sui dati”.
Una aiuto arriva dal “mondo della notte”, e segnatamente da alcuni dj che avanzano una proposta: “C’è stato un animato confronto tra una quindicina di colleghi – spiega Bob Sinisi, storico disc jockey valdostano -, siamo disposti ad accorciare la durata dei dj set estivi. Si potrebbe andare fino a mezzanotte, in estate, ma per un deflusso migliore siamo disposti a terminarli alle 23.30. piccolo passo, non una rivoluzione, ma che può favorire un deflusso più civile e meno rumoroso. I dj set non dovrebbero mai essere una questione di ordine pubblico. Purtroppo lo sono stati, a volte a causa nostra, a volte a causa dei gestori”.
Tra i dj spiega la sua posizione anche Rocco Foti: “la questione è facilmente risolvibile: basta rispettare le regole. Il bar ha una licenza da bar, non da discoteca. E non la può fare. La via di mezzo è il discopub, e non si possono aprire in centro città. Tutto si risolve in questo modo: facendo ciò per cui si ha una licenza. Rispettando quel pezzo di carta, che autorizza un locale ad aprire, si risolve l’80 per cento dei problemi”.
La voce di esercenti e cittadini
In platea, a portare le proprie istanze, ci sono persone molto diverse. I proprietari di chambre d’hôtes del centro sono esasperati. Lamentano la mancanza di controlli e la presenza di chi, una volta chiuso il locale di turno, resta in strada a disturbare fino a notte fonde. Se ci sono delle regole – spiegano alcuni di loro – vanno fatte rispettare.
“Non è problema solo di musica, spesso è la massa di persone che circolano, cantano, si picchiano, spaccano bottiglie – dice invece Jeannette Bondaz, che gestisce una struttura ricettiva in centro ed è anche delegata del comprensorio di Aosta per l’Adava -. A volte le Forze dell’ordine arrivano quando tutto è già successo. Immaginare controlli nei weekend durante l’anno e una presenza più forte nelle notti estive aiuta. Si può bere e fare festa ma per strada bisogna essere più rispettosi di tutti”.
Qualche cittadino, invece, punta su un elemento “nuovo” nel dibattito: “Con il Covid i dehors si sono moltiplicati. Ci è stato ricordato che la strada e i dehors non sono una discoteca. L’effetto è devastante. A casa mia, due volte al mese, non ci possiamo neanche parlare”.
“È esagerato parlare così dei dehors – spiega Flavia Balbis, titolare di un locale in piena piazza Chanoux -, è una zona pedonale. È chiaro che ci siano delle difficoltà, ma vedere tutti questi locali aperti è una vetrina per Aosta, che per questo è apprezzata. Parliamo di ‘movida’ per una sera a settimana e per tre mesi. Quando Aosta diventerà cittadina universitaria ci strapperemo i capelli? Pensiamo che gli studenti andranno a dormire alle 21? Li chiudiamo in un ghetto alle porte della città?”.
L’impossibile (o quasi) ritorno al pre-Covid
Questione delicata, spiega Nuti: “Pre e post-Covid hanno scenari diversi, non credo si tornerà alla situazione precedente. È difficile tornare indietro da una situazione che vede i locali svuotarsi all’interno. Allora serve un compromesso perché le persone non si trovino un tavolino davanti alla porta di casa. Questo non sta in piedi, anche con le Associazioni di categoria bisogna negoziare e far sì che si rispettino le regole del gioco. Non so se ci saranno ancora le condizioni per accettare dehors grandi come quelli attuali, probabilmente ci sarà una riduzione”.
Ricostruire i rapporti
“È fondamentale far comprendere ai residenti che la normativa prevede dei limiti e ai commercianti che ci sono obblighi rispetto, non tanto sugli orari ma sui decibel da rispettare – spiega il questore Ivo Morelli -. L’obiettivo è importante: permettere alle attività commerciali di esercitare la professione e al cittadino di godere, nella sua residenza, della normale vita quotidiana”.
C’è di più: “Alcune situazioni si sono incancrenite nei rapporti tra esercenti e cittadini – dice ancora il questore -, proviamo a ricostruirli per raggiungere una quadra, e ripartire. Se ognuno rimane sulle sue posizioni a prescindere non ci riusciremo. Il rapporto di vicinato è fondamentale per la serenità di tutti”.
Il protocollo d’intesa: la palla passa agli aostani
In chiusura, dopo due ore di vis-à-vis Nuti cerca di fare sintesi, e di spiegare cosa succederà da ora: “Stendiamo una serie di punti e ve li inviamo – spiega -, vi chiediamo riscontro per consigli e suggerimenti di modifiche e poi ci ritroviamo per chiudere la partita. È un processo lungo e intanto l’estate è passata, mi dispiace. Ma l’inverno, se non ci saranno limitazione sanitarie, e spero di no, non sarà un inverno nudo ma vivo. Me lo auguro per gli esercenti, e per questo abbiamo messo eventi anche ad ottobre, ma una città viva è anche più ‘rumorosa’. Intanto, andiamo avanti con i fonometri, se ci dite che si può fare, e non con finalità repressiva ma per un monitoraggio costante del fenomeno”.
In attesa dei punti che comporranno il protocollo d’intesa, e delle segnalazioni dei presenti all’incontro, la domanda resta: è possibile conciliare le serate di musica in centro Aosta con il diritto degli abitanti al riposo e alla quiete?