La storia di Aicha Ech-Channa è quella di una donna normale, un’infermiera come tante, che un giorno ha avuto un moto di ribellione. “Ho visto l’ennesima madre abbandonata dalla famiglia abbandonare a sua volta il figlio appena nato, perché priva di alternative. Mi sono detta che a nessun costo avrei più potuto assistere a una cosa del genere senza reagire. Ancora, però, non sapevo come”. A 70 anni Aicha Ech-Channa è diventata ormai un simbolo per l’intero Marocco. In un paese dove i figli nati fuori dal matrimonio rappresentano un tabù, e le madri che li hanno partoriti sono considerate delle autentiche paria, Aicha è stata in grado di produrre un vero cambiamento, dal punto di vista delle condizioni di vita delle donne e dei bambini, ma anche della mentalità corrente. Finalista al premio “Donna dell’anno” nel 2009, è stata invitata ad Aosta, nella saletta della biblioteca regionale, per un incontro, organizzato dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta, con il pubblico. L’associazione da lei fondata e presieduta, “Association Solidarité féminine”, è diventata, in 25 anni, il simbolo di un riscatto che partendo dal basso ha mobilitato anche le alte sfere del potere, ottenendo riconoscimenti nazionali e internazionali e l’attenzione pubblica mondiale.
Concretamente, l’associazione aiuta genericamente donne e bambini in difficoltà offrendo loro un riparo, occupandosi della salute dei minori, e soprattutto, grazie all’alfabetizzazione e alla ricollocazione professionale delle madri, offrendo l’opportunità di ricominciare e di conquistare un’autonomia e un’autosufficienza che per molte donne è ancora un miraggio. “In Marocco, nonostante il nuovo codice della famiglia, la mentalità è ancora ancorata a vecchi schemi che penalizzano le donne” ha spiegato Aicha Ech-Channa. “Ad esempio noi non siamo proprietarie del nostro cognome, solo gli uomini possono trasmetterlo agli eredi. Questo fatto determina una grave penalizzazione per i figli nati fuori dal matrimonio. La migliore soddisfazione possibile, per me, è vedere una donna arrivata da noi in stato di choc, senza risorse e speranze, rialzare la testa e riappropriarsi della propria vita, lavorare e crescere i figli”.