Verso la nuova maturità, le perplessità di studenti e docenti sull’esame rivoluzionato

L'esame di stato di quest'anno, forzatamente modificato a causa dell'emergenza sanitaria, ha lasciato non poche perplessità in alunni e professori.
Immagine di archivio
Società

Con il famoso decreto del gennaio 2019, con cui finiva l’era della temutissima terza prova e della tesina per l’orale, le modifiche alla maturità sembravano essere finite. All’inizio di quest’anno scolastico, invece, il Miur ha deciso di intervenire ancora una volta, eliminando il metodo delle buste “alla Gerry Scotti” con cui l’anno scorso i maturandi hanno estratto a sorte il documento di partenza del loro colloquio orale. Ma l’esame non era destinato a rimanere invariato almeno per quest’anno: la crisi sanitaria ha reso necessarie ulteriori modifiche, mettendo in difficoltà studenti e professori che solo poco prima si erano adattati alla nuova maturità.

Considerata la situazione straordinaria, il Miur ha optato per un unico orale, in cui si valuteranno anche le competenze che normalmente riguardavano gli scritti. Sarà dunque riservata una parte del colloquio all’analisi di un documento di italiano e, nella nostra Regione, anche di uno in lingua francese. La seconda prova è convertita in un elaborato assegnato agli studenti dai professori delle materie di indirizzo. Infine, la commissione sottoporrà agli studenti dei materiali delle altre discipline, cui seguiranno una parte dedicata ai PCTO e una a Cittadinanza e Costituzione. Insomma, un orale molto denso, che ha suscitato non poche polemiche tra studenti e professori.

“Sono contenta che in un periodo così critico mi sia data l’opportunità di sostenere l’esame di Stato, ma, anche se è stata definita una ‘maturità light’, non è proprio così. La mole di studio rimane pressoché uguale a quella dell’anno scorso, a cui si aggiunge la preparazione dell’elaborato, di cui siamo stati informati da non molti giorni” spiega Arianna Perruquet, che si sta preparando per la sua maturità al Liceo Classico. Anche la DAD è un fattore da non sottovalutare, come sottolinea Arianna: “Di sicuro la didattica a distanza ha reso più difficile la nostra preparazione agli esami, sia dal punto di vista psicologico sia pedagogico”.

Anche i professori manifestano perplessità circa l’utilizzo della didattica a distanza, come rivela l’insegnante di greco e latino Antonella Mauri: “Penso che la didattica online sia stata efficace per non interrompere i contatti tra gli studenti e i docenti. Inoltre valutazioni sono diventate formative e quindi hanno fatto appello al senso di responsabilità degli studenti. L’accento è stato spostato lontano dai risultati, dal nozionismo fine a se stesso, dalle verifiche sommative, generalmente ansiogene. Il lato negativo di tale didattica, che blocca l’empatia e il coinvolgimento emotivo, ingredienti importanti per lo studio, è l’assenza quasi totale di dialogo culturale ed educativo tra docente e studenti“.

Ma ciò che più ha messo alla prova i maturandi e i loro professori è stato lo scarso preavviso e l’ambiguità delle direttive: “Le informazioni che abbiamo ricevuto, soprattutto per quanto riguarda le modalità di svolgimento della terza parte del colloquio, non sono chiare e sono arrivate troppo tardi: un mese prima dell’esame è un tempo assolutamente irragionevole. I ragazzi saranno certamente nervosi e preoccupati, sia per le ansie che di per sé suscita un esame così importante, sia per i disagi causati dal periodo di confinamento obbligatorio, sia per la situazione intempestiva di metamorfosi. Non si può e non si deve contare sulle risorse nascoste, sulla resilienza e sullo spirito di adattamento di studenti e di insegnanti, sperando che tutte queste doti costituiscano un rimedio a lungaggini burocratiche e ad arretratezze organizzative” aggiunge la professoressa Mauri.

Molti professori sembrano quindi d’accordo sul fatto che, per quanto si sia cercato di dare ai ragazzi la possibilità di finire l’anno scolastico al meglio, la situazione sia molto diversa rispetto agli altri anni, come sostiene Davide Mancini, professore di lettere al Liceo Musicale, “Penso che la logica del Ministero sia stata quella di cercare di dare una forma, seppur rimaneggiata, a questo significativo rito di passaggio. Reputo inoltre la DAD utile solo come saltuario completamento ad un’attività che non può prescindere dalla relazione in aula.”
Ma non è solo l’aspetto pratico a lasciare amareggiati gli studenti, che dovranno rinunciare ad alcuni riti tradizionali di fine anno: “Penso che la perdita sia più a livello umano. La cena dei 100 giorni, la notte prima degli esami, sono tutte cose che altri prima di noi hanno vissuto, ma che noi ci perderemo.” commenta Marta Maina, all’ultimo anno di Liceo Artistico.

E per quanto in questa situazione di emergenza la didattica online si sia presentata come l’unica soluzione possibile, i pensieri vanno già all’anno prossimo, soprattutto per ciò che riguarda nuovi inizi, come spiega Hervé Frassy, maturando al liceo delle Scienze Applicate Maria Adelaide, “Spero con tutto il cuore che l’anno prossimo ci sia data la possibilità di cominciare l’università in presenza e non online. Fare altrimenti sarebbe una grave perdita non solo dal punto di vista dell’apprendimento, ma anche come esperienze in sé.”
Sarà dunque una conclusione di percorso molto particolare, che lascia però sperare in un imminente ritorno alla normalità.

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