Il rugby è uno di quegli sport che, anche senza mai aver stretto tra le mani una palla ovale, ha una capacità quasi magnetica di appassionare chi prova ad avvicinarvisi anche solo per una partita. Forte dell’ingresso della nazionale italiana nel gotha del rugby europeo del 6 Nazioni nel 2000, questo sport ha avuto sempre più seguito, sia a livello mediatico che di partecipazione attiva.
Anche in Valle d’Aosta i numeri sono rosei, con circa 200 affiliati allo Stade Valdôtain, e potrebbero crescere sempre più a seguito del progetto della società del presidente Francesco Fida. Un ruolo fondamentale in questo progetto è rivestito dal recupero del campo sportivo di Sarre, dove i giovani leoni si stanno già allenando e dove hanno allestito il Pala Chalet, tensostruttura che è diventata il salotto della casa dello Stade. Sì, perché, una volta entrati in contatto con questo mondo, la prima parola che viene in mente è “famiglia”. E una famiglia ha bisogno di una casa.
Quale migliore occasione di respirare rugby, allora, se non farsi invitare a casa dello Stade a guardare l’Italia del Sei Nazioni? Gli azzurri, avviati verso l’ennesimo cucchiaio di legno, affrontano i cugini francesi e, come al solito, le speranze di far risultato scarseggiano. La giornata valdostana sa di primavera, e verso le 14.30 di questo sabato 11 marzo i bambini scorrazzano sul manto erboso di Sarre, guardati a vista dai genitori che aspettano solo il fischio d’inizio del match dell’Olimpico. Le tavolate sono imbandite dei residui del pranzo, cucinato da Gabriele e Englen secondo la tradizione emiliana: aperitivo, pasta e salama da sugo, annaffiati con vino e birra. Sono tante le generazioni di rugbisti o appassionati, con i “vecchi” che spiegano tattiche ed aneddoti ai giocatori di oggi, ed i piccoli fuori ad allenarsi. Il Pala Chalet ha un maxischermo, tavoli e panche, ed una buvette: l’accoglienza di Francesco Fida è, inevitabilmente, a base di birra, sempre ben accetta. Incontriamo poi Antonio, che racconta che, durante le operazioni di recupero della struttura, ha trovato il cartellino del Sarre di suo fratello: “Sembrava che se ne fossero andati via da un giorno all’altro: hanno lasciato coppe, sacche, documenti, palloni… Qualche pallone lo abbiamo tenuto, gli altri li abbiamo regalati alle scuole, che ne hanno bisogno”. La mentalità del rugby è questa ed altro: altruismo, rispetto per l’avversario, ospitalità, goliardia. La collaborazione con le scuole è uno dei tanti punti del progetto dello Stade, che ha all’orizzonte anche altre grandi cose, come spiega Fida: “A luglio abbiamo in previsione di fare un rugby camp per ragazzi dai 12 ai 14 anni a La Thuile, mentre a fine giugno ci sarà la tradizionale festa del rugby, che potremo fare qui a Sarre e sarà, come sempre, qualcosa di grandioso. Il posto si presta bene, ci si può accampare e fare festa fino a tardi, senza disturbare nessuno. Domani [domenica 12 marzo, ndr] ci sarà il torneo del settore Propaganda con Biella, Ivrea e Torino: ci saranno un centinaio di piccoli giocatori e molta gente al seguito”.
L’incontro inizia, e dopo soli tre minuti l’Italia trova la meta con Parisse. “Quanto manca alla fine?”, chiede scherzando qualcuno. Una cinquantina di persone seguono con molta concentrazione il primo tempo. È solo un’illusione, perché poi la Francia (per la gioia dell’allenatore giallonero Eric Gleyze) rimette l’incontro sui propri binari e chiude la prima frazione sul 16-11, comunque a portata di punti per l’Italia. Nella pausa, con un’altra birra, si esce all’aperto a guardare i piccoli allenarsi e a parlare con Fida: “Prima di avere l’agibilità per giocare in campionato dobbiamo mettere uno steccato al campo. Per adesso a Sarre ci alleniamo solo, e stiamo accorpando gli allenamenti della prima squadra e dell’Under 18, per far crescere i giovani che l’anno prossimo si aggregheranno in serie C. Nonostante i vari infortuni, quest’anno siamo sempre riusciti ad essere in 22 in campionato. L’obiettivo è quello di avere un organico di 30 giocatori sia nell’Under 18 che in prima squadra: sarebbe bello avere problemi d’abbondanza”. Riparte il secondo tempo e la Francia prende il largo. La concentrazione si scioglie, ma non l’allegria. Massimo, Bruno, Alberto, Ramon, Nicholas e gli altri chiacchierano di tutto, dalle auto al ciclismo. Qualcuno applaude – un po’ ironicamente – la Francia, qualcuno, preso dalla fame, ordina panini e patatine, proprio come a casa. Si esulta ancora alla meta all’ottantesimo dell’Italia. Per la cronaca, la Francia ha vinto 40-18.
Finita la terza birra e finito l’incontro, è ora di salutare. Impressa sulla pelle rimane una forte, bella sensazione: quella di non essersi sentiti né ospiti, né tantomeno estranei, ma a casa. “Home, is where I want to be/But I guess I'm already there/(…) I guess that this must be the place”, cantava David Byrne.