Sfera Ebbasta: l’educazione di genere e i nostri figli

Un conto è ciò che si concede di fare (e di ascoltare) ad un adolescente… altro è se parliamo di un preadolescente o di un bambino.
px Sfera Ebbasta
Basta un po’ di educazione

Dopo una settimana di post, commenti e polemiche intorno alla drammatica vicenda di Corinaldo, provo a mettere in ordine alcuni pensieri. Tanti ne hanno già parlato, ed è evidente che il principale problema di quella notte riguarda le regole, che noi italiani amiamo trasgredire sistematicamente: locale pare non a norma, i manager del cantante che programmano due concerti in due località distanti 70 km la stessa sera, addirittura alla stessa ora… insomma, come ha detto bene Pellai i nostri figli “non sono galline da spennare”.

Più di 1200 persone accalcate, in un locale autorizzato per 800, ad attendere per più di tre ore il loro idolo, con molto alcool a disposizione… al di là del deficiente con lo spray al peperoncino, era una tragedia annunciata. Quando diventeremo un paese con un po’ più di morale e di senso civico?

Ma visto che di regole ho già parlato spesso (c’è chi mi chiama “la normopedagogista”) oggi vorrei provare ad aprire, con la massima delicatezza e il rispetto che ho per le vittime, una riflessione più ampia, che riguarda il principio di gradualità e la nostra capacità di fare modeling con i nostri figli.

La musica di Sfera Ebbasta è opportuna per dei ragazzini che fanno la scuola media, ancora preadolescenti? A mio avviso no, come anni fa trovavo discutibile che bambine di 9 anni cantassero “Vorrei ma non posto” del duo Fedez/J-Ax (“Papà che ogni weekend era ubriaco perso, e mamma che lanciava il reggiseno ad ogni concerto”, “Ti togli i vestiti di dosso, sei una webstar, poi mangi il tuo gelato e fai le facce porno”) o che bambini di 6 anni cantassero “Andiamo a comandare” di Rovazzi (“Non mi fumo canne, Sono anche astemio”, “Spaccio acqua minerale, andiamo a comandare”). Già tendono ad essere tiranni, i bambini di oggi! Ci manca il ritornello che li esalti!

Che ci sia un’età nella quale i ragazzi fanno cose trasgressive, tra cui ascoltare musica trap, è fisiologico ed è sempre accaduto. I “moralisti de noantri”, che hanno gridato allo scandalo per i testi di Sfera Ebbasta, forse hanno dimenticato che i Rolling Stones o i Doors non scrivevano canti gregoriani, né facevano vita monastica. Ogni epoca ha avuto i suoi cantanti, amati dai ragazzi e detestati dagli adulti.
Ma un conto è ciò che si concede di fare (e di ascoltare) ad un adolescente… altro è se parliamo di un preadolescente o di un bambino.

Questa moda di portare dei ‘decenni’ ai concerti, giuro, non la capisco. Non è un bisogno fisiologico dei bambini delle elementari, più interessati a Legoland, a Gardaland, ai parchi avventura. Ed è vero che nell’età della scuola media inizia il trip della musica, ma dal trip alla trap possiamo far passare ancora un po’ di anni? Scusate la battuta, mi son dovuta documentare, ed a forza di ascoltare ritornelli di Sfera Ebbasta come “Apro porte a tutti perché c’ho la chiave, porta la tua porca come portachiavi, tu la porti a casa, ma non te la chiavi” non ho resistito al giochino dell’assonanza. Quelli che fanno trap sono bravi con le parole; peccato siano anche bravi a produrre testi nei quali le donne ne escono proprio male: “Hey troia! Vieni in camera con la tua amica porca? Quale? Quella dell’altra volta” o “Ho fumato tutto il week-end, non cazzeggio faccio business, ho portato due-tre amiche, culi senza cellulite, huh”. Nel repertorio si trovano passaggi anche più penosi.

Io mi fermo qui, ma domandiamoci se questa musica non condizioni, almeno inconsapevolmente, l’immaginario dei nostri figli. Fino ad una certa età gliela si può anche vietare! Dopo, se proprio amano il genere, magari è il caso di ascoltarla insieme e parlarne, per farli riflettere sul modello femminile che emerge da quelle canzoni.
Il sessismo nel rap c’è da sempre, e non è dovuto alla trap o alle ultime generazioni; esiste fin dalla sua nascita, probabilmente legato al contesto socio-culturale in cui è nato, le periferie statunitensi, dove la donna era l’ultima ruota del carro. Okay, ma … potremmo andare oltre, oggi? Direi di sì, tant’è che il movimento “Non una di meno” ha lanciato quest’estate il Manifesto per l’antisessismo nel rap italiano, e diversi artisti hanno iniziato ad aderire; cominciamo a mettere pensiero sulla questione!

Certo, non si può fare di tutta l’erba un fascio; a me personalmente molte canzoni rap piacciono, ma alcuni testi proprio non mi vanno giù. Non tollero che nel 2018 la donna sia ancora stereotipata, subalterna, resa un oggetto. E non serve certo scomodare gli artisti trap per trovare questo stile comunicativo, né possiamo puntare il dito solo verso di loro!
Qualche giorno fa ero ad un convegno organizzato dal centro donne contro la violenza di Aosta, sul tema della violenza di genere, e una delle riflessioni verteva proprio sulle parole e la comunicazione. La pubblicità spesso è sessista: avete visto quella dei due noti stilisti di moda? O quella degli occhiali, in cui un’avvenente ragazza recita “Fidati, te la do gratis… la montatura”? Non solo. Anche i giornali parlando di femminicidi spesso sbagliano le parole, se nei titoli sembra che la violenza degli uomini sia in qualche modo causata dal comportamento delle donne. E coi nostri figli possiamo usare stereotipi e pregiudizi, quando diciamo “non piangere come una femminuccia”, “sei il maschietto di casa”; o quando cucina, stira, rassetta sempre la mamma, mentre il papà si rilassa davanti alla Tv… pensate che non passi un modello? Pensiamoci!

Il magistrato Roia sottolineava come la violenza di genere sia un problema di tipo sociale, culturale, comunicativo, legislativo. Aggiungo che è anche un problema educativo: con le nostre parole, con i nostri modelli, fin dai primi anni di vita, noi possiamo fare la differenza. Se poi in adolescenza hanno voglia di trasgressione e di ascoltare la musica trap, lo faranno avendo interiorizzato un modello sano, e quei testi non saranno così pregnanti. Così come noi, che abbiamo ascoltato “Cocaine” di Eric Clapton, non siamo diventati tutti tossicodipendenti.
Cominciamo in famiglia, partiamo da lì, usiamo il principio della gradualità che vale per tutto: dalla musica che ascoltano, ai film che chiedono di vedere, dall’abbigliamento che vogliono indossare, alle libertà che desiderano avere in adolescenza. E iniziamo in famiglia anche una sana educazione di genere, facendo funzionare bene il modello maschile e femminile. Non sia mai che poi ad un certo punto Sfera Ebbasta lo trovino pure noioso e ridicolo.

0 risposte

  1. Un temino da scuola media, si sfiora ma non si approfondisce, si fa sfoggio di bella scrittura ma i temi restano lì sospesi, senza spessore e con smanie di protagonismo giornalistico. Personalmente trovo che, al di là di moralismi e banalità già sentite e risentite, questi pezzi manchino di consistenza e spessore, appaiono naturalmente incompleti: suggerisco di aggiungere una voce “dissonante”, che affianchi il déjà vu/déjà entendu contenuto nelle riflessioni della pedagogista, così da sentire anche un’altra campana e lasciare al lettore le considerazioni che ritiene più opportune. Il mondo cambia, e noi con esso: è bene comprendere il perchè di certi fenomeni che, ci piaccia o no, caratterizzano questa nostra tormentata epoca ed invece di giudicarli, che è anche molto più facile, ragionare sulle cause e lavorare su quelle, anche solo discutendo con i nostri figli che potranno aprirci orizzonti a noi sconosciuti e sicuramente più al passo con i tempi e con la nostra mentalità che ormai appartiene ad un’altra era geologica!!

    1. Gentile signora,
      Anche se le pare già visto e sentito mi pare non ne abbia davvero afferrato il senso: quello che la Coppo suggerisce è una presa di posizione da genitore, che come tale deve essere normativo, non è forse questa la sua funzione? La voce discordante che lei agogna è quella del figlio adolescente, e c’è nel sottotesto, lo si sente ben presente!
      Il genitore si schiera senza indugi perché ha un progetto educativo, che contempla anche esporre il figlio a ciò che egli, a suo parere, in quel momento è in grado di ricevere, anche in modo problematico, soprattutto se la sua età è ancora quella di un bambino ( o per lei sono tutti piccoli adulti?). La nostra epoca è tormentata perché è piena di genitori relativisti educativi che non hanno lo spessore umano e il coraggio di mettere dei limiti e mantenerli, invece di cercare l’approvazione dei propri figli . Saluto cordialmente

  2. Analisi realista, perfetta! Purtroppo siamo indietro anni luce… come mamma di una preadolescente però mi impegno.
    Il mondo che poi mia figlia troverà dal liceo in su è un disastro..

  3. Articolo intelligente (come tutti quelli di questa rubrica) che sarebbe da appendere all’ingresso di tutte le scuole (o forse sarebbe da distribuire nei bar?) … chissà che tra una corsa e l’altra qualcuno non trovi il tempo di leggerlo…

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