Formula 1: cento anni di magie del Gp di Monza

Il ricordo, per celebrare il centenario, dei tre piloti italiani che si sono aggiudicati il Gran Premio dall’istituzione del campionato del mondo.
Foto FB Autodromo Nazionale Monza
Gioie e Motori

L’autodromo di Monza ha appena compiuto cent’anni, con la disputa del Gran Premio di Formula 1. Per l’esattezza, l’inaugurazione avvenne il 3 settembre 1922, con una gara vinta su Fiat 501 da Pietro Bordino, uno degli assi dell’epoca. Una realizzazione a tempo di record, visto che il progetto risaliva appena al precedente mese di gennaio. Monza ha regalato tante magie, tanti entusiasmi e anche qualche evento luttuoso. A noi piace ricordare, per celebrare il centenario, i tre piloti italiani che si sono aggiudicati il Gran Premio dall’istituzione del campionato del mondo.

Eccoci, quindi, nel 1950. Nino Farina non era più giovanissimo, contava già quarantaquattro primavere. Era un uomo fine, compito, ma sull’asfalto si trasformava letteralmente in un’altra persona. Diventava aggressivo, con una determinazione feroce. Dotato di un coraggio fuori dal comune, non mollava mai e sembrava sprezzante del pericolo. Sprezzo del pericolo che non abbandonava neppure nel privato e che gli costò la vita qualche anno più tardi quando la sua Ford Lotus Cortina si schiantò contro un albero. Grazie alla vittoria di Monza, ottenuta su Alfa Romeo, Farina divenne il primo campione iridato di Formula 1.

Alberto Ascari era figlio d’arte, il padre Antonio vinse a Monza nel 1924. Alberto centrò una fantastica doppietta, su Ferrari, nel 1951 e nel 1952. Uomo dal carattere gradevole, mai sopra le righe, rappresentava una filosofia assolutamente diversa rispetto a Farina. Tanto era spericolato il torinese Farina, quanto il milanese Ascari disegnava traiettorie precise, un computer ante litteram, nonostante fosse posseduto da una scaramanzia leggendaria. Gli piaceva prendere subito la testa e poi gestire. Vantava una conoscenza tecnica impareggiabile, per cui risultava padrone del mezzo che conduceva e lo amministrava al meglio, sfruttando i suoi punti forti. Ascari è rimasto nei cuori di tutti gli appassionati, non solo dei ferraristi. La sua fine prematura lo consegnò alla leggenda. Era il 26 maggio 1955. Ascari si trovava a Monza per ammirare l’amico Eugenio Castellotti, che stava provando. Reduce da una rovinosa uscita di strada a Monte – Carlo, chiese all’amico e collega di prestargli la vettura, per un test sul suo recupero fisico. Ascari non fece ritorno ai box. Lo trovarono all’esterno della curva parabolica, morto sul colpo. Le dinamiche non sono state mai del tutto chiarite, qualcuno azzardò che uno spettatore avesse cercato di attraversare la pista, ma l’ipotesi venne poi scartata.

Ludovico Scarfiotti, detto Lulù, era un pilota assolutamente versatile. Corse nella velocità in salita, diventando due volte campione europeo, e negli sport prototipi diede il meglio di sé, trionfando alla 24 Ore di Le Mans, alla 12 Ore di Sebring, alla 1000 chilometri del Nȕrburgring e alla 1000 chilometri di Monza. Gli si aprirono le porte della Formula 1 e Scarfiotti vinse a Monza nel 1966, su Ferrari, nel delirio della folla. Altri dieci Gran Premi, poi uscì dal giro. Si narra che Gianni Agnelli, suo cugino, insisté con Enzo Ferrari per frenarne la carriera, temendo per la sua incolumità. Ma la passione ebbe il sopravvento. Scarfiotti passò alla Porsche, con la quale perì durante le prove di una gara di velocità in salita a Rossfeld. Inutile lottare contro il proprio destino, verrebbe da dire. Scarfiotti resta l’ultimo italiano ad avere conquistato l’alloro di Monza.

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