Lenticchie non solo a Capodanno, ma tutto l’anno

Le lenticchie sono anche una fonte eccellente di fibre in grado di abbassare il colesterolo, di impedire che i livelli di zucchero nel sangue si innalzino rapidamente dopo un pasto e di favorire la salute del microbiom
Lenticchie
Naturanews

Mentre si spengono le luci sulle feste di fine anno, la maggioranza degli italiani per dodici mesi non metterà più nel cestino della spesa le lenticchie, secche o al naturale che siano. La lenticchia è un legume che tradizionalmente si consuma con il cotechino a capodanno, in quanto la credenza popolare afferma che mangiare le lenticchie all’ultimo dell’anno porti ricchezza e denaro.

In realtà, la lenticchia è un ottimo alimento da consumarsi tutto l’anno, come fonte proteica vegetale che, con alcuni accorgimenti, può tranquillamente sostituire altre fonti proteiche di origine animale, le quali hanno un prezzo molto più alto e quindi già solo per il risparmio che ne deriva potrebbero portare denaro a chi le consuma.

Spesso i legumi sono chiamati “la carne dei poveri” ma, per le proprietà nutraceutiche dimostrate in questi alimenti, le lenticchie possono definirsi “gli alimenti delle persone sane”; consumati con i cereali integrali i legumi forniscono un pool di aminoacidi completi.

Le lenticchie (Lens culinaris) sono una delle piante più antiche coltivate sulla terra; in Medio Oriente gli archeologi hanno scoperto semi di lenticchia in villaggi agricoli del VII millennio A.C. ma molto probabilmente furono gli egizi a far conoscere le lenticchie a greci e romani. Le lenticchie sono menzionate nel libro della Genesi, dove si racconta di come Esaù scambiò la sua futura eredità per un piatto di lenticchie.

Le lenticchie sono anche una fonte eccellente di fibre in grado di abbassare il colesterolo, di impedire che i livelli di zucchero nel sangue si innalzino rapidamente dopo un pasto e di favorire la salute del microbioma, cioè della flora batterica intestinale. Esistono decine di varietà di lenticchie; le più comuni sono verdi o marroni, ma ne esistono anche nere, gialle, rosse, arancioni.

L’Italia ha un patrimonio unico per quanto riguarda la biodiversità dei legumi, che rappresentano una delle colonne della dieta mediterranea: chi non conosce la pasta e fagioli, la pasta e ceci e il riso con le lenticchie della tradizione culinaria italiana.
L’albo dei prodotti IGP e DOP depositato presso il ministero delle politiche agricole, aggiornato al 7 gennaio 2019, contempla due varietà di lenticchie iscritte: la famosa lenticchia di Castelluccio di Norcia che dal 1997 ha ottenuto la denominazione IGP e la lenticchia di Altamura IGP, iscritta all’elenco dal 2017.
Tra i legumi i fagioli sono i più rappresentati nella tutela di qualità di origine e quindi nella tutela della biodiversità: Fagioli bianchi di Rotonda DOP, Fagiolo Cannellino di Atino DOP, Fagiolo di Cuneo IGP, Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGP, Fagiolo Sarconi IGP e Fagiolo di Sorana IGP.

Nonostante questa ricchezza nutrizionale, che trova le sue radici nella storia dell’agricoltura italiana, molti consumatori sono orientati a ricercare fonti proteiche vegetali nella soja, legume di origine asiatica il cui patrimonio genetico-enzimatico non ha nulla a che fare con l’evoluzione filogenetica della flora microbiotica delle popolazioni europee; proprio per questa incompatibilità e difficoltà assimilatoria nonché metabolica, sempre più persone mostrano segni di allergie e intolleranza verso questo legume, tant’è vero che la Comunità europea nel regolamento 1169/2011 la contempla come alimento potenzialmente allergene, la cui presenza nei preparati alimentari dev’essere accuratamente segnalata al consumatore. Inoltre, per la notevole quantità di fitoesterogeni contenuti in questo seme, la soja è un legume che è sconsigliato alle donne in età fertile e ancora più se presentano patologie femminili ormono-dipendenti.

Il dottor Sagratini, della Scuola di Scienze del Farmaco e dei Prodotti della salute dell’Università di Camerino, nel 2013 ha condotto uno studio che ha confermato che alcune sostanze presenti, in modo particolare nelle lenticchie, quali saponine I e beta G risultano essere le principali responsabili dell’effetto ipocolesterolomizzante dei legumi, come riportato da alcune pubblicazioni presenti nella letteratura scientifica. Nello stesso studio è stata analizzata, attraverso un modello in vitro, la crescita di Bifidobacterium e Lactobacillus su terreni contenenti l’estratto di lenticchie che ha dimostrato come questo ha una funzione prebiotica cioè che determina la salute e il benessere dell’intestino.

In alcune persone i legumi creano flatulenza e gonfiore intestinale a causa principalmente degli oligosaccaridi, composti di 3-5 molecole di zucchero che non vengono digerite e passano nell’intestino dove normalmente in condizione di equilibrio della flora batterica i batteri li scompongono; in caso di disbiosi intestinale, in cui i batteri saccarolitici non sono presenti nel giusto equilibrio, questi zuccheri vengono fermentati e producono gas. I soggetti in cui i legumi producono flatulenza non si devono privare degli importanti valori nutrizionali dei legumi, ma devono ridurre la quantità di oligosaccaridi con una cottura appropriata o con la germogliazione, associata ad una azione di riequilibrio intestinale con l’assunzione di integratori a base di probiotici di alta qualità, consigliati da operatori della salute e del benessere. In questi casi è anche consigliato l’uso di legumi decorticati e il consumo di quelli a ridotto contenuto di oligosaccaridi come le lenticchie.

Le lenticchie si cuociono stufate e come minestre. E’ consigliabile sciacquarle prima di cuocerle, avendo l’accortezza di controllare che siano prive di sporcizie quali frammenti legnosi, sassolini oppure semi danneggiati. Nel caso si scelgano lenticchie essiccate bisogna controllare che siano state correttamente conservate quindi prive di muffe o odore di umidità, soprattutto nel caso in cui la vendita del prodotto avvenga sfusa.
Per tutti i legumi è consigliato l’ammollo per renderli più digeribili nonché per abbreviare i tempi di cottura; alcune lenticchie piccole, sebbene non ne venga consigliato l’ammollo, è bene lasciarle anche solo per 15-30 minuti in ammollo per renderle più digeribili.
Quindi in umido, nelle minestre, in insalata, oppure in polpette per assecondare i gusti dei più piccini, le lenticchie non dovrebbero mancare sulle tavole degli italiani, a Capodanno ma soprattutto in ogni periodo dell’anno.

Silvana Piotti
Dott.ssa in Agraria, Naturopata e Consulente per la sicurezza alimentare
www. silvanapiotti.com

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