Cosa succede alla persona quando sta male psicologicamente?

Quando viviamo un disagio e abbiamo la sensazione di “non farcela più”, ci troviamo di fronte a quello che in psicologia viene definito “disregolazione emotiva” cioè la difficoltà o addirittura l’incapacità di riconoscere e gestire le emozioni.
Isolation
Pensare bene per vivere meglio

Sto male. Come posso uscirne?  Cosa succede effettivamente alla persona quando sta male psicologicamente?
Quando viviamo un disagio e abbiamo la sensazione di “non farcela più”, ci troviamo di fronte a quello che in psicologia viene definito “disregolazione emotiva” cioè la difficoltà o addirittura l’incapacità di riconoscere e gestire le emozioni. Le emozioni fanno parte della natura umana, senza non potremmo stare, quello che noi comunemente connotiamo come ansia, tristezza, felicità, gioia, gratitudine, frustrazione non sono nient’altro che delle reazioni all’interno del nostro corpo che ci permettono di adattarci all’ambiente. Vi faccio un esempio: mi trovo a dover esprimere una mia opinione, appena decido di parlare arriva l’ansia, era già presente prima ma ora è aumentata, sento il cuore in gola e caldo. Mi viene il pensiero “e se poi nessuno mi ascolta?”, “chissà cosa penseranno”. Decido così di stare in silenzio. Appena prendo la decisione di non parlare, già mi sento meglio.

Ma cosa è successo realmente? Vediamo in modo schematico tutto ciò che è accaduto:
Voglio esprimere la mia opinione. Questo è vissuto dal mio cervello come un evento stressante, cioè come un qualcosa che va a rompere un equilibrio, una costanza.
Il mio corpo reagisce. Il cervello attiva il meccanismo di “attacco e fuga”, ecco arrivare i sintomi ansiosi (tachicardia, sudorazione, tensione), la sensazione è molto sgradevole
Evito di parlare. La sintomatologia si attenua velocemente e l’emozione dell’ansia non viene più percepita in modo così elevato.

Di fronte ad uno stato emotivo intenso noi emettiamo un comportamento, che ci permette di ridurne l’intensità, permettendoci così di adattarci e di ritornare allo stato di equilibrio, come prima che si verificasse l’evento stressante (decidere di esprimere la propria opinione). Per lo più si tratta di comportamenti automatici appresi.
Se il nostro intento era quello di ridurre l’intensità dello stato emotivo, ci siamo riusciti, nel senso che ci siamo adattatiti alla situazione, ma abbiamo avuto un adattamento disfunzionale, cioè poco efficace per il proprio benessere, infatti poi possono arrivare altre sensazioni spiacevoli, come il sentirsi inadeguati o incapaci.
Di fronte ad un evento stressante, di qualsiasi natura esso sia, noi possiamo emettere o un comportamento funzionale e questo ci fa stare in armonia con noi stessi e ci porta ad essere costruttivi o in modo disfunzionale, generando ulteriori sensazioni spiacevoli che generano e mantengono una bassa autostima e il nostro “star male”.

Riprendendo l’esempio di prima, un adattamento funzionale potrebbe essere quello di autoregolarsi attraverso una respirazione adeguata (in modo da ridurre i sintomi legati all’ansia) e un dialogo interno razionale e improntato all’assertività, “ho il diritto di esprimere la mia opinione”, “anche se gli altri non condivideranno il mio pensiero non succederà nulla di catastrofico”, “io sono libero di essere me stesso”. Chi non è abituato a lavorare sugli stati emotivi può trovare questo modo di pensare molto difficile e quasi impossibile. In realtà è questione di allenamento e come tale necessita di un lavoro graduale e costante.

Molte persone temono le emozioni e gli stati d’animo ad esse connesse e cercano di soffocarle e di ignorarle, il problema è che più fanno così e più questo stato di malessere permane. Pensiamo a chi ha una fame emotiva. Di fronte alla percezione del malessere uno mangia. È arrabbiato, annoiato, solo e ha appreso nel tempo che nel momento in cui introduce cibo nel proprio corpo percepisce nell’immediato una sensazione piacevole. La sua mente è centrata lì e non “sente” più, ma solo in quel momento, lo stato emotivo spiacevole che stava vivendo anche solo un secondo prima. Anche in questo caso, si tratta di una riduzione momentanea …
Uno dei primi passi da fare quando si vivono momenti di sofferenza, è quello di prendere coscienza di quello che “si pensa e di quello che si fa”. Noi siamo i nostri peggior nemici, siamo molto critici con noi stessi e quello che pensiamo di noi ci condiziona quotidianamente.
Spesso accade che desideriamo esser apprezzati e accettati, ma quanti di noi si apprezzano e si accettano, o semplicemente si “vogliono bene”? Per modificare il proprio modo di pensare e di comportarci è necessario apprendere nuove abilità di fronteggiamento. Solo quando conosciamo il nostro modo di funzionare, capiamo i nostri punti di vulnerabilità e scopriamo le nostre risorse, siamo pronti a cambiare e ad abbandonare le nostre abitudini malsane.
Iniziare ad ammettere che stare male è sano, perché si prende consapevolezza che il modo in cui abbiamo vissuto fino ad ora sta iniziando a starci stretto. Molto spesso sono anni che si sta così. Ammetterlo è dichiarare in modo consapevole che l’equilibrio che fino a quel momento ci ha permesso di “andare avanti” e di “ sopravvivere” non funziona più e che è arrivato il momento di prendere in mano la nostra vita.

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0 risposte

  1. Consiglio la lettura del testo di Bruce Ecker “Sbloccare il cervello emotivo”
    Stavo scrivendo un articolo più articolato, ma la pubblicità ha fatto saltare tutto.
    Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti.
    Cordiali saluti

  2. Stavo per scrivere una articolata risposta a commento dell’articolo che presenta un modello a mio avviso superato, quando l’inserto pubblicitario ha fatto saltare tutto il lavoro. A questo punto mi limito a suggerire di approfondire il modello della memory reconsolidation e del suo utilizzo in Psicoterapia.
    Consiglio la lettura del libro di Bruce Ecker Sbloccare il cervello emotivo.

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