Elezioni, il Leone Rampante tenta l’ultima zampata delle regionali 2020

Il Mouvement carica la base al comizio di chiusura lanciando frecciatine agli ex storici e alla Lega, accusata di non fare l'interesse dei valdostani
Comizio chiusura Union Valdôtaine
Elezioni Regionali Valle D’Aosta 2020

Una partenza in salita, ma il piano è stato raggiunto e ora non resta che l’ultima scalata. La metafora ciclistica rende bene l’atmosfera e la convinzione del popolo unionista.

Il messaggio che il movimento vuole far passare è semplice, la comunicazione non verbale è chiara, le bandiere delle sezioni sono schierate, come una prova di forza nei confronti degli altri partiti: l’Union non è morta, la sua forza arriva ancora dal territorio. Nonostante le sezioni non siano troppo in salute, la base unionista continua a rispondere presente e la folla accorsa a Saint-Christophe per il comizio di chiusura è la fotografia di un movimento messo meglio di come lo davano i suoi antagonisti. I big sono al rendez-vous: sfilano Aurelio Marguerettaz e Ennio Pastoret, ci sono anche alcuni degli storici, ma non più della partita, venuti per sostenere il movimento fino alla fine della campagna elettorale. Il claim del Mouvement sembra essere quello di una vittoria già ottenuta, almeno sul territorio, quello che sembrava aver abbandonato il partito fino a poco tempo fa e che sembra invece rispondere nuovamente agli stimoli unionisti; sono in molti a dire che “abbiamo già vinto”.

A suonare la carica il presidente Erik Lavevaz: “Gli avvoltoi che ci giravano sulla testa sembrano essere scomparsi – ironizza parlando di chi dava il movimento per spacciato -, abbiamo sostituito i Caminiti con delle persone che hanno professionalità e curriculum, capacità e cuore“. Per Erik Lavevaz, il presidente che forse più di tutti ha dovuto affrontare la crisi del partito, il futuro è dietro l’angolo: “Abbiamo tracciato il cammino, dobbiamo solo seguirlo, dobbiamo solo continuare su questa strada. Le elezioni sono solo un passaggio, in questi giorni di campagna ho visto il futuro, i giovani che si sono candidati e che hanno messo tutte le loro forze in questo percorso, loro sono la futura classe dirigente dell’Union e sono molto felice di questo”.

Un’altra accusa che in molti hanno rivolto a tutti i partiti nazionali, che hanno ricorso alla presenza dei big per le campagne elettorali, è che questi non siano in grado di fare campagna o di lavorare per il bene della Valle d’Aosta ricorrendo a vari “pretoriani nazionali”.

 

Le frecciate per gli ex compagni di partito ci sono e arrivano da tutte le parti, specialmente dai big che con gli illustri ex hanno fatto più di un pezzo di strada. I “mercenari che Lavevaz non ha imbarcato” vengono citati senza essere nominati, il processo di damnatio memoriae è iniziato da tempo e dev’essere portato fino in fondo: chi ha preso un’altra strada non trova più posto nel progetto unionista che cerca di cambiare pelle. A dirlo anche Renzo Testolin, che non usa mezzi termini senza nominare mai il suo alter ego, colui che alle ultime elezioni rappresentava un po’ l’altra anima del partito: “Coloro che hanno creato partiti individualisti che non hanno e mai avranno futuro non hanno più il loro posto qui, mentre noi ci proponiamo per governare”.

I 23 candidati hanno fatto un bilancio di questi mesi e il sentimento generale è stato quello di una campagna entusiasta che ha riportato l’Union non ai vecchi fasti, ma all’inizio di un percorso di riabilitazione. Il leone ha cercato di togliersi un po’ di peso dalla criniera per ruggire ancora, resta da capire se sia ancora in grado di farlo con la stessa forza dei suoi predecessori.

A chiudere il comizio il senatore Albert Lanièce che si sbottona lanciandosi su uno dei nemici numero 1 della serata: Matteo Salvini e la Lega. Tutti parlano del comizio di piazza Chanoux e l’ombra leghista, che già ha scottato il leone nel 2018, fa ancora paura, ma gli uomini del leone la contrastano anche con le parole: “Caro Matteo Salvini – tuona Lanièce -, noi non vogliamo essere dominati da Milano o Roma, la testa pensante del governo deve rimanere in Valle d’Aosta”.

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