Per il nuovo piano di salvataggio del Casinò “ballano” 127 milioni di euro di soldi pubblici

A breve termine viene chiesta una ricapitalizzazione da 5 milioni di euro, a medio/lungo termine l'acquisto da parte della Regione degli immobili, ora in capo alla società Casinò, del valore di 122 milioni di euro.
Il Casinò di Saint-Vincent
Politica

Da 6 a ben 127 milioni. Se qualcuno si aspettava che l’aggiornamento del piano di risanamento potesse superare la concessione di nuove erogazioni pubbliche alla Casa da gioco di Saint-Vincent, sarà rimasto deluso. La “possibile soluzione definitiva delle criticità oggi esistenti”, prospettata dall’Amministratore unico della casa da gioco, passa per l’acquisto (o meglio un re-acquisto) della Regione degli immobili, attualmente in capo alla Casinò de la Vallée e del valore complessivo di 122 milioni di euro.

Come? Innanzitutto andando a cancellare l’indebitamento contratto dalla società con Finaosta. Quei 47,8 milioni di euro oggetto di inchieste penali e contabili. La differenza, 74,9 milioni di euro, costituirà, si legge nel documento redatto dalla società Deloitte (la stessa che faceva parte del pool di professionisti che scrisse l’originale piano di risanamento), un credito a favore di CaVa.

Credito che potrà esser utilizzato come “fonte per il pagamento anticipato degli affitti su un numero di annualità da definire.”.

Con il passaggio della proprietà alla Regione, quest’ultima, si legge ancora nel documento “potrà concedere in affitto al Casinò gli immobili effettivamente utilizzati per la propria attività, incassando un canone di affitto (che indicativamente a prezzi di mercato, può esser identificato in circa il 3% del valore degli immobili così affittati).

Inoltre il credito potrà servire come “deposito cauzionale previsto nel contratto di affitto”, potrà essere “in parte incassato per far fronte a esigenze finanziarie della società” ma anche utilizzato per “far fronte ad eventuali esborsi volti alla definizione delle problematiche “aiuti di Stato”

L’attività di verifica aperta dalla Commissione europea nei mesi scorsi, a seguito di una formale denuncia ricevuta, sembrava all’inizio non preoccupare l’Amministratore unico della casa da gioco, almeno stando alle dichiarazioni ufficiali. Qualcosa in queste ultime settimane deve esser però cambiato. Ne è una prova la consulenza da 45mila euro affidata il 7 settembre scorso ad uno studio legale torinese, con diverse sedi in giro per il mondo, proprio sui “presunti aiuti di stato illegittimi”.

La soluzione dell’acquisto da parte della Regione, secondo quanto riportato nel documento presentato ieri, faciliterebbe il “percorso risolutivo relativo alle verifiche della Corte europea sugli aiuti di Stato”. Chissà però se altrettanto accadrà nei palazzi della giustizia contabile e penale.

L’operazione, precisa ancora il documento, “laddove condivisa con il socio, avrà tempi di attuazione certamente non compatibili con l’attuale criticità finanziaria”. Per questo vengono proposte delle “misure intermedie” per permettere alla società di “raggiungere uno stabile equilibrio finanziario, raggiunto il quale si potrà dare esecuzione a quanto sopra esposto”.

Nel breve termine la soluzione è, quindi, di riorganizzare l’organigramma “a partire dall’area commerciale, amministrativa e ospitalità che prevedrà una conseguente riduzione del personale”. Il piano parla di almeno 40 unità da far “uscire” attraverso “meccanismi di incentivazione alternativi alla Legge Fornero. Inoltre viene suggerito un aumento di capitale tramite versamenti da parte del socio per 5 milioni di euro per “agevolare gli investimenti previsti sul Casinò”, la conferma dalla fideiussione di7,2 milioni di euro, già deliberata nel 2017 (mai concessa proprio per lo spauracchio dei presunti aiuti di Stato) ma anche la sospensione dei rientri verso Finaosta, in attesa dell’operazione di re-intestazione degli immobili.

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