L’hanno definito governo di emergenza, di scopo, istituzionale ma anche di transizione. Termini che mal si sposano con gli obiettivi che il Governo Fosson mette nero su bianco nella mozione di sfiducia costruttiva alla Giunta Spelgatti.
Nelle tre paginette depositate ieri mattina, infatti, non c’è traccia di una “scadenza”, non un cronoprogramma, ma solo dei vaghi e molto generici punti.
Più che un governo a termine, un governo a lunga conservazione. Almeno nelle intenzioni, perché per nove consiglieri accontentati, ce ne sono altrettanti che accusano i primi segni di indisposizione.
Non è solo il programma di governo nei suoi due macro obiettivi – affrontare le emergenze, progettare il futuro – a dire che di là non si schioderanno tanto facilmente. Il secondo indizio lo si trova già a pagina due con la nuova articolazione degli assessorati. Una spartizione di deleghe funzionale a rinsaldare alcuni bacini elettorali.
Era davvero necessario stravolgere una macchina amministrativa, che per mesi hanno ripetuto esser ferma e immobile?
Non bastava metter un po’ di benzina per farla ripartire, anziché ordinare una nuova carrozzeria? Come diceva Corrado Guzzanti “non è che se metti le ali ad una barca diventa un aeroplano”
La riorganizzazione delle macro e micro strutture porterà via del tempo e creerà altri danni. Poche settimane fa l’hanno denunciato i medici, scesi in piazza, ricordando come negli ultimi 4 anni si sono succeduti quattro assessori regionali alla sanità e quattro Direttori Generali dell’Usl (ora commissariata da mesi).
Ma a dirlo sono anche gli stessi dirigenti regionali. Nella relazione pubblicata tempo addietro sul sito della Regione sull’uso dei Fondi europei veniva segnalata fra i problemi dei ritardi nella programmazione Fse anche “l’evidente discontinuità nella governance politica e amministrativa del Programma”. In cinque anni a lottare contro la perdita di risorse europee sono stati quattro assessori, cinque autorità di gestione, quattro dirigenti apicali di primo livello e tre dirigenti della struttura competente in materia di politiche del lavoro.
Una battaglia persa, visto che la Valle d’Aosta si appresta dire addio a 3 milioni circa di euro.
Soldi che avrebbero potuto esser usati per formare i giovani, non tanto come si prefiggono i 18, “a una nuova visione aperta del mondo partendo dalle nostre lingue”, ma a rispondere realmente alle sfide del mercato del lavoro.
L’hanno detto e l’hanno scritto: questo nuovo ribaltone andava fatto perché i 18 consiglieri hanno “a cuore la Valle d’Aosta e tutti i suoi abitanti” e dovevano “opporsi alla colonizzazione del pensiero populista emergente”.
Siamo, quindi, tutti dei populisti a pensare che l’obiettivo ultimo era ed è di ritornare sull’agognata poltrona.
Scranno che viene recuperato dopo che qualcuno si è sporcato le mani con il Casinò, mettendovi l’unica toppa ormai disponibile. A breve tornerà in auge il ritornello che si è arrivati in questa situazione perché gli ultimi 6 milioni di euro del Piano Marquis Chatrian non sono stati versati, così come non è stata concessa la garanzia fideiussoria da 7,2 milioni di euro. La colpa d’altronde è sempre di chi c’era prima. O forse di chi c’era prima ancora.