Aggressione al macellaio, il pm chiede perizia medico-legale

La Procura ha avanzato al Gip richiesta di incidente probatorio, per disporre l’esame. La consulenza dovrà accertare se l’aggressione, per com’è avvenuta, fosse in grado di cagionare la morte di Olindo Ferré.
Tribunale - Uscita Camillo Lale Demoz
Cronaca

Una perizia medico-legale dovrà stabilire se, per le modalità con cui è avvenuta, l’aggressione al macellaio 68enne di Charvensod, Olindo Ferré, fosse idonea a cagionarne la morte. A chiedere al Gip Giuseppe Colazingari di disporla è stato, attraverso una richiesta di incidente probatorio, il pm Eugenia Menichetti, titolare dell’inchiesta nell’ambito della quale lo scorso 11 gennaio è stato arrestato l’impresario Camillo Lale Demoz.

L’esame sui fatti del 1° ottobre 2018 (quando Ferré venne soccorso in condizioni disperate in un capannone in località Seran a Quart, di proprietà del fermato) è considerato dirimente dagli inquirenti per l’esatta qualificazione dell’episodio. Al momento, il fascicolo è aperto per tentato omicidio, ma se dalla consulenza tecnica emergesse un esito diverso l’accusa potrebbe cambiare, ad esempio, in lesioni gravissime. Al momento, la Procura è in attesa che il Gip fissi l’udienza nella quale verrà affidato l’incarico ad un professionista del settore.

Secondo quanto emerso dalle indagini, condotte dalla Squadra Mobile della Questura, e ripreso dal giudice Colazingari nell’ordinanza cautelare a carico di Lale Demoz, l’impresario “ha colpito il Ferré” con una “zappa e relativo manico”. Dei colpi inferti “con estrema violenza”, che hanno provocato “la frattura del cranio” del 68enne, da allora mai tornato ad un’esistenza normale. Ad accendere “una lite tra i due”, cause ignote, ma “verosimilmente riconducibili allo stato di ebbrezza”.

Dalla ricostruzione della Polizia, Ferré quel giorno aveva raggiunto a Quart, verso le 11, il titolare di una società agricola, intento a pascolare il bestiame in un prato, perché “era interessato all’acquisto di una mucca”. Poco dopo, sul posto, era giunto anche Lale Demoz e, per il Gip, “i tre hanno bevuto del vino”. Macellaio ed impresario avevano poi lasciato l’appezzamento, per raggiungere il capannone di Seran, dove “hanno continuato a consumare bevande alcoliche”.

Là, la Questura era arrivata a seguito della segnalazione del 118, attorno alle 18.20. Sul posto, erano stati svolti accertamenti della Polizia scientifica, che avevano “consentito di accertare che le tracce rinvenute sulla scena del crimine sono riconducibili esclusivamente all’indagato ed al Ferré”. In particolare, all’impresario è risultata corrispondere la campionatura di sostanza ematica “effettuata in corrispondenza dell’estremità superiore del manico”.

Le altre tracce, sul lato inferiore e sulla zappa, sono emerse invece come appartenenti al macellaio. Lale Demoz, nelle indagini, era stato anche sentito dal pm. All’uscita da palazzo di giustizia, quel giorno, aveva tagliato corto: lasci stare va, sono stato fino ad adesso lì, tanto non mi ricordo nulla”. Incalzato dai cronisti (“non ricorda nulla perché avevate bevuto qualche bicchiere?”) aveva risposto: “qualche bicchiere”.

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