Alla politica serve spesso una buona dose di coraggio, di voglia di “rischiare”, anche personalmente, per ottenere un risultato superiore utile a tutta la comunità o comunque di interesse pubblico. E’ stato questo il leitmotiv che ha accompagnato nel giugno scorso l’Accordo amministrativo di Rete Civica sottoscritto con la precaria maggioranza guidata dal Presidente Antonio Fosson.
Un’operazione coraggiosa, soprattutto alla luce delle tante polemiche e critiche si è tirata dietro, condotta da una lista che, forse non aveva più molto da perdere dopo la spaccatura in Consiglio regionale e la delusione dei suoi militanti. In molti, soprattutto dall’opposizione, l’hanno interpretata come un’operazione salva poltrone e un modo per evitare le urne. Lettura simile a quella di diversi esponenti di maggioranza. La famosa “rete” lanciata, che in quel momento rappresentava la salvezza di tanti, terrorizzati dal giudizio degli elettori.
In quei giorni lo slogan che maggiormente risuonava nelle bocche degli esponenti di Rete Civica, tra cui i due consiglieri regionali Alberto Bertin e Chiara Minelli, era che si trattasse di uno “sforzo di innovazione rispetto ai riti e alle regole della politica”.
Il cronoprogramma, facente parte dell’accordo, con i 14 obiettivi, era, a sentire Rete civica, la dimostrazione concreta di come si potesse ragionare con paradigmi diversi, con priorità individuate, tempi certi, ritmi incalzanti. Dietro è passato il concetto, da qualcuno anche della maggioranza maldigerito perché un po’ arrogante, che ci voleva un cambio di passo. Più impegno, più efficacia, una nuova modalità di fare e di stare in politica, un orientamento al fare e al raggiungimento di obiettivi.
“Bene”, abbiamo pensato: finalmente qualcuno ha il coraggio di farsi valutare solo per i risultati raggiunti. Quindi ora, che la scadenza individuata dal cronoprogramma, per l’approvazione della riforma elettorale, prevista per fine novembre, è arrivata senza uno straccio di votazione, vorremmo leggere dagli stessi esponenti di Rete Civica una chiara ammissione di fallimento.
Parole semplici tipo: “Ci abbiamo provato, siamo stati troppo ottimisti, il cronoprogramma così come l’abbiamo scritto è sbagliato ha tempi irrealizzabili”. E invece niente, un silenzio assordante quando va bene, scuse accampate del tipo “ci siamo battuti ma non ce l’hanno fatto fare” quando va male. Non è in discussione che quelli di Rete Civica ci abbiano provato davvero e si siano spesi per la causa.
E’ però evidente che non ci sono riusciti nei tempi da loro indicati. E’ evidente che il cronoprogramma così concepito è fallito. E’ evidente che se vuoi fare politica in modo diverso, devi saper ammettere sconfitte ed errori.
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tranquilli anche se si sono dati un nome altisonante come “scelta civica”il loro solo
interesse e’ fare passare i fatidici 25 mesi per aver diritto alla pensione e emolumenti
vari non illudiamoci purtroppo per noi sono tutti uguali predicano bene ma razzolano male
A questo punto (ma anche prima) appare evidente che l’unica esponente coerente è stata la Pulz.