“Long Covid”, quando i sintomi proseguono per mesi. Anche quelli psicologici

Alcuni studi rilevano come un'alta percentuale di chi ha contratto il virus in maniera più grave riportava danni polmonari anche molto dopo le dimissioni dall’ospedale. Casi che in Valle si sono visti ancora poco - spiega il dottor Rodolfo Riva, Responsabile di Pneumologia del "Parini" -, sebbene i segni che lascia il Covid-19 siano diversi.
Il ventilatore donato dall'Arev all'Usl - Foto d'archivio
Società

Ormai, maneggiando numeri quotidianamente, a maggior ragione dopo un anno di pandemia, quasi non ci facciamo caso. I guariti Covid sono anch’essi una cifra, un semplice numero “spizzato” che finisce in una casella che serve poi per far di conto.

Guarire, però, è un’altra cosa, e necessita di tempo e cure. A maggior ragione quando si parla dell’infezione da Covid-19, qualcosa che fino ad un anno fa non conoscevamo e che si comincia ora ad analizzare più in profondità.

Si chiama “Long Covid”, o “Covid lungo”. Sintomi persistenti nel lungo, soprattutto sui pazienti guariti, ma che sono stati colpiti più duramente. Uno studio della rivista Nature parla di un 88% di casi più gravi – il dato è rilevato in Austria – che riportava danni polmonari anche sei settimane dopo le dimissioni dall’ospedale. La rivista scientifica The Lancet, invece, a gennaio pubblicava un altro studio dal quale emerge che circa tre quarti dei pazienti più gravi non sta del tutto bene a distanza di mesi.

Casi che in Valle d’Aosta si sono visti ancora poco, sebbene i “segni” che lascia il Covid-19 sono chiari: “Per diversi mesi si prova ancora una facile stancabilità, astenia, diversi dolori articolari e dispnea, ovvero la mancanza di fiato – spiega il dottor Rodolfo Riva, Responsabile della Struttura Semplice Dipartimentale di Pneumologia e riabilitazione respiratoria -. Una persona ha meno autonomia respiratoria rispetto a prima e questo può durare anche 4 o 5 mesi dopo la malattia, a seconda dei gradi di patologia. Alcuni pazienti rimangono sintomatici, come quelli che hanno avuto la polmonite bilaterale. Quasi tutti, comunque, stanno regredendo e guarendo anche dopo diversi mesi, arrivando quasi alla completa guarigione”.

A questo serve un percorso riabilitativo, per recuperare ciò che diamo per scontato – perché automatico e involontario – ovvero l’atto stesso di respirare: “I fisioterapisti fanno sì che si faccia una riabilitazione respiratoria che è proprio come quella motoria – prosegue Riva -, concentrandosi sulla muscolatura che aiuta la respirazione, per far sì che aumenti la tolleranza allo sforzo. Nel caso dei pazienti Covid bisogna recuperare una parte di polmone danneggiata e rinvigorire i muscoli che favoriscono la respirazione”.

Tante le variabili: “Dipende naturalmente dalla gravità del paziente – aggiunge il medico -. Alcuni hanno una patologia lieve, non hanno neanche problemi saturazione, non hanno bisogno di ossigeno supplementare. Altri invece peggiorano in maniera importante, quindi serve l’ossigeno, servono i caschi Cpap. A volte addirittura la ventilazione polmonare o la necessità di essere ‘intubati’. E l’iter dopo l’intubazione è fatto di cicli di caschi, di ventilazione non invasiva, l’ossigeno con la maschera, per poi tornare gradualmente ad una respirazione indipendente”.

E, come risaputo – soprattutto per il “Long Covid” – è la situazione clinica precedente ad essere decisiva: “Ci sono persone con patologie pregresse come i bronchitici cronici, gli asmatici. Il Covid può lasciare dei residui che possono aggravare in maniera perenne una patologia pregressa. In questo conta anche l’età del paziente. Nelle forme medio-gravi i pazienti devono essere scoagulati con la Calciparina, per riuscire a mantenere il sangue fluido”, spiega ancora Riva.

Alcuni segni rimangono: “Quando un paziente Covid è ad un livello di gravità alto – prosegue il medico – abbiamo una polmonite bilaterale e una polmonite interstiziale che tende a diventare fibrotica. Nei migliori dei casi ci si ristabilisce, in altri rimane invece qualchecicatricefibrotica. È una percentuale minore, generalmente se i pazienti sono curati in una certa maniera, la maggior parte di loro guarisce bene”.

Oltre al fisico, in difficoltà anche motoria nei casi di allettamento prolungato, il Covid – come tante patologie – ha anche altri riflessi: “Noi parliamo di apparato respiratorio, di coagulazione, ma c’è altro – chiude il dottor Riva -. All’interno del gruppo che lavora con in pazienti Covid c’è infatti un supporto psicologico, una psicologa pronta ad intervenire. Purtroppo è l’isolamento a fare tanto, le persone non possono vedere i familiari, mentre i medici e gli infermieri, praticamente tutti gli interlocutori del paziente, indossano degli ‘scafandri’. Dal punto di vista umano c’è purtroppo un distacco che in altre malattie non c’è”.

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