Nessuno faceva i lavori, ma le fatture per operazioni ammissibili al bonus edilizio 110% venivano emesse. Tanto bastava per comunicare telematicamente all’Agenzia delle Entrate la maturazione del relativo credito d’imposta, che poi veniva ceduto ad altre società, o a prestanome, per essere infine incassato, dopo un ulteriore passaggio di mano (sempre virtuale), attraverso alcuni dei “grandi acquirenti” del mercato, come Poste Italiane o la Cassa Depositi e Prestiti. E’ lo scenario aperto da un’inchiesta della Procura di Roma, che ipotizza frodi su una misura fiscale di estrema attualità e che numerosi proprietari di immobili stanno sfruttando in tutto il paese.
Nella giornata di ieri, giovedì 23 dicembre, sono stati effettuati alcuni sequestri, cui ha contribuito anche il Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Aosta. Una delle società finite all’attenzione degli investigatori, la Sviluppo Immobiliare Vallé s.r.l., sul piano formale aveva infatti sede in Valle, più precisamente a Saint-Christophe. Ai finanzieri era stato delegato di sequestrarla, ma in località Grand Chemin, eccezion fatta per una casella postale, non ve n’era altra traccia: la sua operatività è risultata inesistente. I militari hanno proceduto a bloccare le quote di capitale dei due rappresentanti legali, due pugliesi.
Le stesse persone cui, non a caso, secondo gli investigatori faceva capo un’altra società coinvolta nell’indagine, basata nel foggiano, la Mama International Business s.r.l.. Sotto sequestro in via d’urgenza, al fine di impedirne l’incasso, sono finiti pure 234,3 milioni di euro dei crediti d’imposta al centro dei “passaggi” monitorati nelle indagini, che per gli inquirenti servivano a complicare la tracciabilità del flusso economico. Gli iscritti nel registro degli indagati, al momento, sono complessivamente otto, tutti in Puglia, ed includono anche il commercialista e il tenutario delle scritture contabili delle ditte utilizzate per le ripetute cessioni di credito (alcune create ad hoc).
Le indagini, spiega la Procura di Roma in una nota, “proseguiranno per raccogliere ulteriori elementi di prova e per identificare tutti gli autori degli illeciti ipotizzati”. Nell’attesa di sviluppi, difficile non registrare l’analogia con un’altra operazione su presunte truffe in campo energetico. Anche in “Carta Bianca”, che alla fine dello scorso novembre aveva visto 22 persone arrestate, una delle aziende che per gli inquirenti serviva ad accumulare denaro a fronte di operazioni inesistenti, frodando lo Stato, presentava sede a Saint-Christophe. Come stavolta, però, sul posto i finanzieri non avevano trovato uffici, né dipendenti. Come stavolta, i supposti ideatori del “progetto” criminale erano stati individuati fuori Valle, ma l’avevano scelta per realizzarlo.
L’amministratore delle società: “operato nella legalità”
A seguito della notizia dei sequestri disposti nell’ambito dell’indagine della Procura di Roma, il socio ed amministratore delle due società coinvolte dal procedimento, Maurizio de Martino, respinge le ipotesi avanzati dagli inquirenti. “Ogni singola fattura staccata deriva da uno specifico contratto di appalto sottoscritto, – spiega – ma che nessuno fino ad oggi ha mai chiesto di visionare”.
“Ed ogni singolo contratto di appalto – continua il responsabile della Mama International Business srl e della Sviluppo Immobiliare Vallè srl – si lega ad una regolare ed ufficiale procedura urbanistica, nel totale rispetto della normativa fiscale esistente dei bonus diversi dal 110”. Al riguardo, l’amministratore precisa che “l’unica normativa sui bonus edilizi che abbiamo usato è stata quella storica per il miglioramento sismico ed eco dei fabbricati esistenti, evitando sia il Superbonus che il bonus facciate”.
Secondo de Martino, “gli addetti ai lavori sanno che questa normativa garantisce la disponibilità solo di un credito d’imposta che deve essere poi monetizzato per avere il denaro necessario per fare le opere”. “Tutti i nostri crediti che sono stati generati sulla Piattaforma dell’Agenzia delle Entrate hanno i requisiti previsti dalla normativa usata: un contratto di appalto ed il sostenimento della spesa con relativa fattura pagata con ‘lo sconto’ e saldo a mezzo di bonifico parlante”.
Dati che, è il ragionamento del socio delle due aziende, “immaginavamo fossero già in possesso dell’Agenzia delle Entrate (o per lo meno potevano chiederceli nel rispetto dello Statuto del Contribuente) in quanto hanno le fatture elettroniche ed hanno diritto e l’accesso ai nostri conti correnti. Purtroppo, abbiamo visto e constatato che, fino ad ora, forse la Procura di Roma non ne era in possesso”.
“Noi non abbiamo alcun problema a dimostrare quali sono realmente i fatti e le norme che abbiamo usato. – commenta de Martino – E, ci pare troppo ovvio e scontato, che emergerà, e ci auguriamo anche a breve, la verità: di aver operato nella legalità”. L’amministratore delle società oggetto del sequestro afferma, in conclusione, che “porteremo a termine tutti gli impegni presi con i nostri clienti”.