Capire – in una prospettiva sia di breve sia di lungo corso – l’impatto dei cambiamenti climatici sulla regione, moderarne da un lato l’effetto imparando però a cogliere anche l’occasione per giocare d’anticipo, adattando le nostre vite e la risposta del territorio per tempo.
Questa mattina, al riguardo, a Palazzo regionale, sono stati presentati gli studi Impatti dei cambiamenti climatici sul regime idrologico della Valle d’Aosta, curato dal Centro funzionale e Arpa Valle d’Aosta in collaborazione con Fondazione CIMA e Fondazione Montagna Sicura; e Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici della Regione autonoma Valle d’Aosta a cura del Dipartimento Ambiente in collaborazione con Arpa.
Una regione divisa in due?
“Cosa succederà alle temperature e alle precipitazioni – si chiede Edoardo Cremonese, tecnico dell’area Effetti sul territorio dei cambiamenti climatici di Arpa, presentando il primo studio -? Dipende da quanto saremo bravi a contenere le emissioni. Nel 2035 non cambierà molto, siamo attorno al grado e mezzo 2 gradi, ma fine secolo sarà diverso”.
Nel dettaglio, “per le precipitazioni dobbiamo aspettarci che la quantità di acqua che cadrà in un anno sarà grossomodo la stessa, ma con più precipitazioni in inverno e meno in estate. Per la neve troveremo invece una regione divisa in due: ne avremo meno in basso mentre ad alta quota potremmo averne di più. Questo significa una durata e un accumulo minore, ma anche un minore stock idrico conservato a fine inverno. Sono riduzioni difficili da prevedere, che potrebbero essere attorno al 20-50%”.
Problema che si riflette sui ghiacciai, spiega il tecnico: “Continueranno a ridursi. Se adesso abbiamo una certa quantità d’acqua che progressivamente si ridurrà, ci scorderemo dei ghiacciai sotto i 3000/3500 e questo avrà un impatto sulla portata dei torrenti”.
Ghiacciai, ogni anno si perde l’equivalente del centro di Aosta
Dati confermati da Jean-Pierre Fosson, Segretario generale di Fondazione Montagna sicura: “I ghiacciai sono ancora un elemento molto importante. In Valle ne abbiamo 184, erano 216 vent’anni fa. La loro superficie occupa attualmente il 4,5% del territorio valdostano per 120 km², erano 154 vent’anni fa. Ogni anno perdiamo l’equivalente del centro della città di Aosta”.
Non va meglio con il bilancio di massa: “È l’indicatore più preciso di quanto un apparato perde in risorse idriche – aggiunge Fossono -. In vent’anni abbiamo perso 977 millimetri di acqua equivalente in ghiaccio. Lo scenario, per un ghiacciaio come quello della Mer de glace, ipotizza, in una simulazione al 2050, solo la parte sommitale. Ma saranno estremamente ritirati in generale”.
Il rischio alluvioni non diminuirà
Il cambiamento delle precipitazioni e dei flussi fluviali non stempererà il rischio idrogeologico: “Sui tratti montani laterali ci aspettiamo un aumento di portate autunno/invernali e una riduzione significativa, fino al 30/60%, delle portate estive – spiega la dirigente del Centro funzionale regionale Sara Maria Ratto -. Si può quindi immaginare l’impatto sull’agricoltura. A quota minore gli impatti saranno invece meno evidenti con la riduzione del 10/30% in estate e l’aumento 20/40% in inverno. Non diminuirà però il rischio alluvioni: i giorni di allerta gialla/arancione, con questo clima, aumenteranno dalle 3 alle 4 volte e i giorni di allerta rossa da 2 a 3 volte”.
Prepararsi alla difesa, ma anche all’adattamento
“I cambiamenti climatici possono essere giocati anche in attacco e non solo in difesa – dice nel suo intervento Luca Ferraris, il Presidente della Fondazione CIMA -. Andando verso una regione sempre più divisa in due parti si può aprire ad un turismo e un’agricoltura diversi e ad uno sviluppo sostenibile. Sicuramente la Valle si presta ad essere un ‘laboratorio’”.
Per cogliere l’occasione, prosegue Ferraris, “dovremo cambiare e lavorare molto più sul tempo reale. Sarà importante migliorare la nostra capacità di monitoraggio, lavorare sulle previsioni stagionali. Con i cambiamenti climatici è fondamentale capire come sarà la prossima stagione per istituire azioni di adattamento”.
Su questa visione strategica si sofferma invece, introducendo il secondo studio, il dirigente regionale del Dipartimento Ambiente Luca Franzoso: “L’obiettivo è quello di minimizzare i rischi e ridurre la vulnerabilità del territorio, salvaguardando la sicurezza delle persone e la biodiversità e aumentando la capacità di adattamento della società, dell’economia e dell’ambiente. Dobbiamo immaginare una visione complessiva di lungo periodo con una regione più sostenibile ed essere bravi a ragionare anche nel breve. Lavorare oggi per immaginare come saremo nel 2030, nel 2040 e nel 2050, partendo già dall’oggi”.
Le possibilità politico/economiche ed il singolo cittadino
Le possibilità ci sono, aggiunge Franzoso, e arrivano dalla capacità della governance di “collegare l’aspetto economico, con i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea e dal Pnrr, nella declinazione NextGenerationEu, da indirizzare sul settore ambientale”.
Con un richiamo alla politica: “In questo momento l’Amministrazione deve avere coraggio – dice Ferraris -, ma è anche il momento migliore per buttare cuore al di là dell’ostacolo. Abbiamo il Green deal europeo, il Pnrr, il NextGenerationEu. Se ci prepariamo ad accoglierli possiamo trasformarli in opportunità per il territorio stesso”.
Sulla parte politica è il Presidente della Regione Erik Lavévaz ad intervenire: “La grande quantità di dati prodotti rischia a volte di frenare noi amministratori, che dobbiamo assumere le scelte per il futuro. Dobbiamo però trovare un equilibrio tra prudenza e decisioni politiche. I cambiamenti climatici richiedono un impegno globale, ma possiamo cercare di mettere in piedi strategie che si adattino al nostro territorio”.
“Occorre continuare ad informare e ad educare, perché i comportamenti singoli diventino collettivi e possano mitigare i cambi climatici in atto – ha aggiunto il Direttore generale di Arpa Igor Rubbo -. In secondo luogo ci si deve adattare, e in Valle d’Aosta si può lavorare molto, salvaguardando l’acqua che oltre all’energia è un bisogno primario e sostiene la vita quotidiana, ma anche la zootecnia”.
Se qualche amarezza – o meglio qualche risposta non data – è arrivata dalla COP26 di Glasgow, qualcosa si deve fare singolarmente: “Il vertice ha lavorato sulla mitigazione a grande scala, ma si tante cose si possono fare anche ciascuno a casa propria, dato che il consumo di energia e di risorse idriche sono molto importanti nella strategia globale. Credo sia importante che passi il messaggio che i primi che possono fare azioni per contrastare i cambiamenti climatici siamo noi”, chiude ancora Ferraris.