Torna “Una salita per il Vallone in difesa delle Cime Bianche“

Adu VdA e il progetto fotografico “L’ultimo vallone selvaggio” hanno deciso di organizzare anche quest’anno “Una salita per il Vallone in difesa delle Cime Bianche”. Piovono critiche sul collegamento: "Si andrà oltre i 100 milioni di euro, la Valle d'Aosta rischia il default".
Croce Blu
Ambiente

“La montagna non può essere assolutamente ridotta a Luna Park” sottolinea Daria Pulz nell’annunciare la riproposizione di “Una salita per il Vallone in difesa delle Cime Bianche”, nell’ambito del progetto fotografico di conservazione “L’ultimo vallone selvaggio”.

La salita

La salita all’ultimo “vallone selvaggio”, tempo permettendo, avrà luogo il 6 agosto 2022. Come riporta Pulz, l’iniziativa è rivolta “non soltanto a chi condivide le nostre stesse idee ma anche alle persone più scettiche che non sanno bene cosa pensare e ai sostenitori di questo progetto di devastazione ambientale”. La manifestazione inizierà alle 8.30 dalla piazza della chiesa di Saint-Jacques d’Ayas, scelta come luogo di ritrovo.

La salita alle Cime Bianche partirà alle 8.45 e passando per il valloncello di Tzére i partecipanti raggiungeranno l’Alpe Vardaz alle 11.15, dove saranno scattate alcune foto di gruppo e sarà consumato il pranzo al sacco.  I più avventurosi, alle 13 potranno proseguire il percorso fino all’Alpe Mase, per poi tornare a Saint-Jacques alle tre del pomeriggio. In caso di maltempo la camminata sarà spostata al sabato successivo, il 13 agosto. La partecipazione alla salita è libera e gratuita ma gli organizzatori raccomandano di considerare un discreto allenamento per la salita.

La “querelle” Cime Bianche

Il dibattito politico riguardante il collegamento intervallivo Cime Bianche, dopo essere stato accantonato per alcuni anni, ha ripreso vita nel gennaio 2020, quando nel Defr (Documento Economia e Finanza Regionale) si è tornati a parlare di realizzare il collegamento tra Cervinia e il Monte Rosa. L’idea di creare “il terzo comprensorio più grande del mondo in un contesto di attività turistica a livello mondiale con ricadute significative sulla frequentazione della Valle d’Aosta” è nata proprio in quel frangente.

In quell’occasione, l’allora amministratore delegato della Monterosa Ski Giorgio Munari aveva commentato: “Questo sarà un impianto che servirà per andare in infradito da Alagna a Zermatt”, parole che suscitarono reazioni avverse presso alcuni movimenti ambientalisti. A luglio 2021, lo studio di fattibilità, costato 403mila euro, è stato affidato dalla Monterosa spa e si è in attesa degli esiti.

Le critiche di Adu

Secondo Daria Pulz:” “Per il governo regionale, sia quello precedente che quello attuale, rispondere ai cambiamenti climatici significa salire sempre più in alto alla ricerca della neve per non rinunciare allo sci in una zona come il Vallone delle Cime Bianche, che è ad alto rischio valanghivo. Lo si distruggerebbe per far passare i piloni di questa fantomatica funivia. Noi vogliamo dire a chi blatera sul fatto che le tecniche oggi non sono così invasive che ci troviamo di fatto di fronte a un aut aut, o noi decidiamo con un falso compromesso di costruire, quindi distruggere, quindi, sperperare il denaro pubblico o altrimenti decidiamo, come noi ci auguriamo vivamente, di conservare e di trasmettere”.

Le ultime stime indicano che l’importo di spesa a carico dei contribuenti ammonterebbe a 66 milioni di euro, ma come ha dichiara Alex Glarey, membro del direttivo di Adu, “in questo momento assistiamo a degli aumenti nei prezzi almeno del 30%. Questo significa che quando si andrà in appalto di sicuro si andrà oltre i 100 milioni di euro, una zavorra che rischia di affossare il sistema valdostano che non è più quello di 20 anni fa, dove il governo poteva buttare via soldi in opere assurde. Con una roba del genere la Valle d’Aosta rischia il default“. I problemi, secondo Glarey, non si limiterebbero solo all’ambito finanziario: “Come abbiamo già esposto alla procura della Corte dei conti, in questa grande opera è prevista una Zona di Protezione Speciale. In queste zone non si possono fare impianti a fune, altri interventi possono essere fatti ma solo a determinate condizioni. Trattandosi di un nuovo impianto, le stesse condizioni richieste per le deroghe non ci sono e non ci sarebbero neanche se l’impianto avesse valenza di trasporto pubblico locale”.

Il supporto del progetto fotografico “L’ultimo vallone selvaggio, in difesa delle Cime Bianche”

Anche i coautori del progetto fotografico “L’ultimo vallone selvaggio, in difesa delle Cime Bianche” Anna Maria Gremmo e Marco Soggetto sostengono l’impraticabilità del collegamento intervallivo. Secondo Gremmo, la preservazione dell’ultimo vallone selvaggio passa attraverso due parole chiavetransizione e lungimiranza. Transizione “perché noi non possiamo rimanere ancorati a modelli turistici certamente molto importanti per l’economia della vallata ma che inevitabilmente dovremo cambiare”, e lungimiranza “perché dobbiamo guardare al di là di quello che è il nostro piccolo spazio e proprio per questo il vallone delle Cime Bianche deve assolutamente sopravvivere”.

Soggetto, invece, pone l’accento sulle 18 croci blu, tracciate con la vernice spray non idrosolubile in tutto il territorio compreso tra l’Alpe Ciarcerio e frazione Frachey: “Il vallone era incontaminato fino all’agosto del 2021, ce ne sono molte altre e ricalcano il percorso del percorso che dovrebbe fare l’impianto a fune. Noi lo consideriamo uno strappo a quello che poteva essere considerato un ecosistema perfetto”.

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