Atti osceni alla stazione di Aosta, coppia assolta in appello
Il processo al Tribunale di Aosta, nel giugno 2019, era finito con una condanna a 4 mesi di reclusione per atti osceni in luogo pubblico. Tanto era costato, a un 46enne valdostano e ad una 40enne di origini romene, un rapporto sessuale consumato nei bagni della stazione ferroviaria di Aosta. Verdetto che ieri, giovedì 24 marzo, i giudici della quarta Sezione penale della Corte d’Appello di Torino hanno rovesciato, assolvendo entrambi “perché il fatto non sussiste”. Il sostituto procuratore generale, in udienza, aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado.
Nel processo dinanzi al giudice monocratico di primo grado una testimone aveva ripercorso i fatti cui aveva assistito quel mattino del 25 luglio 2017. Dopo essersi recata nei servizi per un bisogno, ed aver sentito dalla cabina accanto alla sua gemiti ed altri suoni ritenuti inequivocabili, all’uscita s’imbatte in una pattuglia della Polfer che, notato il suo stato d’imbarazzo, le chiede cosa fosse accaduto. Ottenute le spiegazioni, gli agenti si recano a controllare. Verificata la situazione, identificano i due e inoltrano la comunicazione di notizia di reato in Procura.
La discussione tra le parti, in primo grado, si gioca sul fatto che la pubblica accusa contesta i fatti con l’aggravante di averli commessi “in luogo abitualmente frequentato da minori”. Si tratta dell’unica fattispecie di atto osceno rimasta perseguibile penalmente, dopo una riforma del 2016. Per la difesa degli imputati non è però quello il caso: sia perché interpreta “abitualmente” come indicativo di posti prevalentemente frequentati da bambini e ragazzi (nei pressi di una scuola, ad esempio), sia perché nelle arringhe viene sottolineato che gli imputati avessero comunque assunto delle “cautele” (vedi chiudere la porta).
Il giudice monocratico non sposa la linea difensiva e, pur propendendo per il minimo della pena, emette una condanna. I legali (gli avvocati Ascanio Donadio di Aosta e Alessandro Cubito di Torino) impugnano la sentenza e l’esito in Corte d’Appello è opposto a quello del Tribunale aostano. Non solo. Le ragioni potranno essere analizzate una volta depositate le motivazioni, ma la formula “il fatto non sussiste” denota che, per i magistrati torinesi, la condotta dei due non rientra nemmeno tra quelle punite, a seguito della depenalizzazione, con una sanzione amministrativa. Insomma, né reato, né illecito.