E’ una richiesta di incidente probatorio il passo mosso in questi giorni dalla Procura di Aosta nell’inchiesta sulla morte della piccola Valentina Chapellu, la bimba di 17 mesi deceduta lo scorso 17 febbraio all’ospedale Regina Margherita di Torino, dov’era stata trasferita urgentemente dopo essere stata visitata quattro volte al “Beauregard” di Aosta. Considerando che per uno dei pediatri coinvolti nell’inchiesta – la dottoressa Manuela Ciocchini (rispetto alla quale “le indagini espletate non hanno ravvisato profili di criticità nell’operato”) – il pm Francesco Pizzato ha chiesto l’archiviazione, tre restano i medici nei confronti dei quali la Procura ipotizza l’omicidio colposo in relazione alla responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario.
Gli indagati e la nuova consulenza
Si tratta di Adriana Bobbio (45 anni, di Sarre), Catherine Bertone (48, Aosta) e Marco Aicardi (37, Verrayes). Nel corso delle indagini svolte sinora, che hanno messo a fuoco una morte legata ad una infezione a livello dell’apparato respiratorio della piccola, gli inquirenti hanno disposto due consulenze tecniche di parte. In esse sono stati ravvisati “elementi di colpa nelle condotte degli indagati”, rilevando che i loro comportamenti “non sono stati rispettosi delle linee guida e della buona pratica clinica”, caratterizzandosi “per profili di inadeguatezza e, in alcuni casi, di ‘evidente superficialità’”.
Tuttavia, l’istanza mirata a far commissionare dal Gip del Tribunale una ulteriore perizia nasce dal fatto che, secondo i consulenti del pm, qualora i sanitari avessero eseguito gli accertamenti previsti, non è possibile affermare che questi “avrebbero impedito il decesso” della bambina. D’altro canto, i tecnici evidenziano che “è comunque probabile che condotte prudenti e diligenti avrebbero evitato l’evoluzione degli eventi”. Insomma, la consulenza tecnica ottenuta sin qui, agli occhi della Procura, “non pare esaustiva” rispetto alla valutazione di tutti i profili delle condotte degli indagati. Oltretutto, per l’accusa, vanno tenute in debita considerazioni le dichiarazioni di un medico del “Regina Margherita” per cui la bimba avesse “in origine ‘solo una banale influenza’ e che ‘certamente da qualche parte della catena c’è stato un intoppo’”.
La parola passa al Gip
Pertanto, nella visione del pubblico ministero, “si rende necessaria una valutazione di carattere specialistico che indaghi in modo compiuto” le eventuali responsabilità dei tre medici e stabilisca “la sussistenza di un nesso causale tra le loro condotte attive e omissive e la morte” della neonata. Su tale istanza si dovrà ora pronunciare il Gip, così come sulla richiesta di archiviazione per la dottoressa Ciocchetti, medico che ha prestato assistenza alla bimba il 12 febbraio 2020, quando era stata trasportata al “Beauregard” a seguito di gravi problemi respiratori, culminati poche ore dopo nel trasferimento in condizioni critiche al “Parini” e poi verso l’ospedale pediatrico piemontese.
Carenze nei presidi al Beauregard
Se il personale coinvolto in questa fase appare aver agito adeguatamente ai protocolli previsti (i tre pediatri che restano indagati hanno visitato la piccola nei tre accessi precedenti, tra gennaio e febbraio), dalle investigazioni svolte al riguardo sono state acclarate “gravi criticità in ordine all’approntamento di presidi salvavita presso l’ospedale Beauregard”. Riguardo alla manovra d’intubazione, il pm sottolinea come uno dei medici intervenuti quella sera “avesse in un primo tempo deciso di ricorrere a un tubo cuffiato con diametro 3.5 mm”, il quale, “nondimeno, non risultava disponibile”. Pertanto, “aveva utilizzato un tubo non cuffiato da 3.5 mm”, poi mantenuto “fino all’arrivo presso l’Ospedale Parini”, quando era stato “sostituito con un tubo cuffiato”.
Per i consulenti della Procura, “nel caso in esame tutti i tubi utilizzati appaiono corretti per misura e tipologia”. Tuttavia, annota il pm Pizzato, “il fatto che un ospedale pediatrico non disponga di presidi potenzialmente salva vita, pur non avendo avuto conseguenze nel caso specifico (l’incubazione riusciva ugualmente), rappresenta un’indubbia criticità. Allo stesso modo, l’inchiesta ha evidenziato “l’assenza di una regolamentazione a livello regionale e locale in ordine al trasporto dei pazienti minori critici”, che “guidi” i sanitari del 118 nella scelta di portarli al Beauregard, “ovvero presso l’ospedale Parini, il quale, pur essendo privo di un reparto di pediatria, è dotato di terapia intensiva”. Una carenza che, scrivono i tecnici del pm, “lascia […] piuttosto perplessi”.