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Casinò, Frigerio condannato a 4 anni e dovrà pagare 120 milioni di euro alla Regione

La sentenza è stata letta poco dopo le 17.20 ed include, a carico del manager, un maxi-risarcimento da 120 milioni di euro, a favore della Regione Autonoma Valle d'Aosta, costituita parte civile nel procedimento.
Cronaca

Quando sembrava verosimile un’assoluzione, come per gli altri sette imputati del procedimento chiusosi lo scorso 8 novembre dinanzi al Gup, il Tribunale di Aosta ha scritto un finale diverso per il primo grado del processo sui 140 milioni di euro erogati dalla Regione al Casinò de la Vallée tra il 2012 e il 2015. Per i magistrati del collegio dinanzi a cui è comparso oggi (presieduto da Eugenio Gramola, giudici a latere Maurizio D’Abrusco e Marco Tornatore), l’ex amministratore unico della Casa da gioco Luca Frigerio è colpevole di falso in bilancio e truffa finalizzata al conseguimento di pubbliche erogazioni: lo hanno condannato a 4 anni di carcere.

Una pena inferiore a quanto richiesto dal pm Eugenia Menichetti (cinque anni e quattro mesi), ma a saltare agli occhi, nella sentenza pronunciata poco dopo le 17.20 di oggi, mercoledì 27 marzo, è l’aspetto pecuniario. Il manager dovrà infatti risarcire la Regione, parte civile nel procedimento, con 120 milioni di euro. In sostanza, a Frigerio – che ha lasciato Saint-Vincent nel 2015, dopo essere stato nominato nel 2008 – la Procura contestava la falsità di due bilanci della Casa da gioco (quelli degli esercizi 2013 e 2014) e, conseguentemente, la truffa per tre dei finanziamenti riconosciuti dalla Regione all’azienda: essendo stato ritenuto responsabile di tutte le imputazioni, dovrà rifondarli.

Oltre ai magistrati giudicanti, quali sono state le differenze, nel processo iniziato lo scorso 23 gennaio e conclusosi nel pomeriggio, rispetto a quello di fine 2018 davanti al Giudice per l’udienza preliminare, che aveva visto alla sbarra il Collegio sindacale del Casinò, l’ex au Lorenzo Sommo e i già assessori alle finanze Mauro Baccega, Ego Perron ed Augusto Rollandin? La domanda sorge spontanea e la risposta non è particolarmente complessa: poche, essendo imputazioni nate dalla stessa inchiesta, condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza. Il rito scelto dagli imputati è stato, in entrambi i casi, abbreviato, quindi con la decisione finale basata sui contenuti del fascicolo. Nel caso odierno, la difesa Frigerio (rappresentata dagli avvocati Maria Chiara Marchetti e Cesare Cicorella) aveva chiesto di audire un consulente tecnico.

Presentatosi con una relazione di circa 600 pagine, il professor Corrado Ferriani è stato sentito in mattinata, intervenendo su aspetti di carattere contabile-giuridico, mirati a dimostrare “che non è stata data dall’accusa nessuna prova della natura decettiva dei bilanci in contestazione”. Subito dopo, è toccato ad un testimone dell’accusa, il sottufficiale delle Fiamme Gialle che si era occupato delle indagini. In questa parte, l’iter processuale è stato diverso e l’altra differenza (che la Procura non valuta esattamente indifferente), è nell’acquisizione da parte del Tribunale, su istanza dell’ufficio inquirente, delle tre lettere di patronage inviate nel 2014 dalla Regione ad altrettante banche creditrici della casa da gioco per 19 milioni.

Nell’impostazione accusatoria (i bilanci venivano “falsati” dall’iscrizione di imposte anticipate, evidenziando perdite inferiori al vero, sulla base delle quali Giunta e Consiglio Valle votavano i finanziamenti, a quel punto indebiti), quelle missive rafforzavano soprattutto il quadro probatorio dell’ipotesi di truffa. Non è un caso che, nei giorni successivi al loro rinvenimento, con l’apertura del fascicolo per abuso d’ufficio continuato nei confronti dell’ex presidente della Giunta Rollandin, il pm Menichetti le abbia trasmesse anche alla Corte d’Appello di Torino, quale integrazione dell’impugnazione delle sette assolzuioni proncunciate dal Gup nel 2018.

Saranno state sufficienti, quale vera differenza documentale, a far pendere la bilancia verso la condanna? L’avvocato Cicorella, incassato il colpo della condanna, commenta a caldo, uscendo dall’aula del Tribunale: “Abbiamo avuto un’indicazione opposta a quella del Gup. Evidentemente, avendo peraltro letto gli stessi atti, si sono fatti una ragione diversa. A me sembra francamente un po’ paradossale, però in giustizia leggeremo la sentenza” (le motivazioni sono attese entro sessanta giorni). Quanto al maxi-risarcimento deciso per Frigerio, per il legale “sul piano umano, tutto questo è accessorio rispetto all’affermazione di responsabilità”, perché “siamo radicalmente convinti che non ci siano responsabilità in questa storia”. “Evidentemente – chiosa l’avvocato – abbiamo una visione della giustizia, e dei principi su cui si fonda, diversa”.

La differenza di esito tra i due procedimenti (Frigerio è stato giudicato separatamente dopo essere stato rinviato a giudizio con rito ordinario nell’udienza davanti al Gup, una volta respinta la sua richiesta di rito abbreviato condizionato), è ritenuta dall’avvocato Cicorella “indice di un contrasto interno di giurisprudenza”. “Succede anche in Cassazione che una Sezione, lo stesso giorno, dica una cosa e un altro collegio un’altra. – conclude – Fa parte delle situazioni della giustizia. Poi, quale tra queste due sia giusta, lo vedremo. Lo dirà la Corte d’appello”. Una considerazione finale a cui, con tutta probabilità, si aggrappa a questo punto anche la Procura diretta da Paolo Fortuna, ma non pensando all’esito del processo odierno.

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