Un iter che “non ha corrisposto alle previsioni della legge sui lavori pubblici”, né ai “connessi criteri di economicità”, nel corso del quale si sono registrati tempi tutt’altro che solleciti, oltre a significativi incrementi dei costi previsti inizialmente. Ciliegina sulla torta, un ricorso massivo alle assegnazioni in via fiduciaria, evitando procedure selettive. E’ la raffigurazione che si ricava dalle cinquantun pagine della relazione licenziata giovedì scorso, 28 novembre, dalla II Commissione del Consiglio Valle, dell’intervento di ristrutturazione del Casinò di Saint-Vincent, nel periodo tra il 2009 e il 2013.
I tempi non celeri
I lavori hanno interessato dapprima il complesso alberghiero dell’ex Grand Hotel Billia, iniziando nel settembre 2011 e concludendosi nel dicembre 2013, “nel rispetto delle previsioni temporali”. “Meno lineare e celere” viene invece definito “il percorso di riqualificazione dell’area funzionale Casinò”, che ha visto inizialmente la costruzione della centrale termica (dall’ottobre 2011 all’aprile 2013) e, a seguire, il restyling delle sale da gioco e l’ampliamento dell’ingresso (dal dicembre 2012 al maggio 2014). Complessivamente, i lavori si sono protratti per un arco temporale di trentadue mesi.
I costi “lievitati”
Alle criticità sui tempi, i commissari presieduti da Pierluigi Marquis – che hanno lavorato soprattutto sull’analisi documentale, ritenendola “la modalità migliore e più utile per le finalità” dell’approfondimento iniziato lo scorso marzo, su mandato del Consiglio – affiancano quelle sui costi. Nell’insieme – considerando incarichi professionali, appalti di lavori e forniture di arredi e attrezzature – la ristrutturazione è costata 86,2 milioni di euro (al netto dell’Iva). Di questi, 60,4 milioni sono stati aggiudicati con gara, mentre per 25,8 milioni, vale a dire il 29.98%, si è proceduto con affidamento diretto.
Scomponendo le singole voci spuntano le “lievitazioni” rispetto alle previsioni. Se gli incarichi professionali sono stati appaltati per 6,37 milioni, il loro importo finale (9,38 milioni) evidenzia un aumento in corso d’opera di circa 3 milioni. Tra l’altro, ben il 73% dell’ammontare finale, quindi 6,86 milioni, è stato oggetto di assegnazione fiduciaria (con una pesante incognita a riguardare se “siano state sottoposte a validazione tutte le attività progettuali”). Dinamica analoga per gli appalti di lavori: contrattualizzati per 51,15 milioni ed incrementati, cammin facendo, di 11,2 milioni, arrivando così a 62,3 milioni. In questo caso, gli affidamenti senza gara avuto luogo per 8,9 milioni di euro, pari al 16.71 % del totale.
Per le forniture di arredi ed attrezzature, il documento traccia un quadro che fa a pugni con la trasparenza. Su 14,51 milioni di euro, alla Commissione “pare” che 10 milioni siano stati gestiti al di fuori di qualsiasi selezione o comparazione. Il verbo dubitativo è dovuto al fatto che, esaminando le diverse operazioni, per 6,9 milioni “non si ha riscontro delle modalità adottate nella scelta dei fornitori e dei materiali”, ed anche per altri 1,52 milioni, nel carteggio prodotto dall’azienda per l’approfondimento manca qualsiasi “traccia delle modalità di acquisizione e della ragionevolezza della spesa”.
Le responsabilità? Della società
Sulle responsabilità, la relazione è netta. Se il Consiglio regionale ha approvato i piani di sviluppo della Casa da gioco (il primo, relativo alla riqualificazione, nel 2009), e la Giunta ha individuato le forme di supporto finanziario alla “Casinò de la Vallée” per realizzarli, la società di gestione dell’azienda di Saint-Vincent era chiamata a darvi attuazione. “La realizzazione dunque di tutti i lavori previsti – si legge – ha visto come soggetto centrale la società ed i suoi organi” e “non è stata mai avanzata al Consiglio regionale alcuna proposta di revisione dei piani di sviluppo”.
Per la Commissione, “la responsabilità della realizzazione dei lavori” è stata “quindi in capo all’amministratore unico”, ma “non pare che il modello organizzativo posto in essere” possa essere “considerato del tutto adeguato alla portata delle rilevanti operazioni da gestire”. Il documento evidenzia, tra l’altro, la scelta dell’au dell’epoca di dotarsi di un Responsabile Unico del Procedimento (malgrado non sia necessario per soggetti di diritto privato, quali la “Casinò de la Vallée”), individuato in un legale di cui “non appaiono chiari e definiti né i compiti affidati, né il ruolo e le responsabilità effettivamente assunti”, visto che ha svolto anche opera di consulenza durante la ristrutturazione. Ben leggibile, ai commissari, appare invece la spesa per tale incarico: 615.538,56 euro, Iva esclusa.
Esternalizzazioni “misteriose”
La relazione affronta inoltre la questione sollevata nel 2018 dal CdA presieduto da Manuela Brusoni, rimasto in carica per una quindicina di giorni appena, delle esternalizzazioni a soggetti esterni alla Casa da gioco. Parliamo delle società affidatarie dei servizi di pulizia (CM Service Srl, con un contratto 2018 del valore di 1,36 milioni) e di guardaroba, portineria e vigilanza (CVS Service Srl, contraente per 985mila euro l’anno scorso ed affittuaria di un ramo d’azienda della CVS Srl, a sua volta appaltatrice nel periodo 2010-2018 di servizi dal Casinò per 3,74 milioni). Visti “intrecci e ‘opacità’ nell’assetto proprietario”, la Commissione ha chiesto a Finaosta di “contribuire a delineare con nitidezza” tali compagini.
Missione compiuta a metà. Dall’analisi della finanziaria regionale sono emerse “strutture societarie di controllo assai articolate e complesse che non paiono trovare giustificazione nella natura delle attività chiamate a svolgere”. “Pur trattandosi sempre di imprese aventi origini e sedi diverse, – scrivono i commissari – la catena societaria di controllo porta comunque a persone fisiche aventi stesso cognome e stesso indirizzo”.
Non è tutto, perché nel caso di “CVS Service” la catena di controllo conduce “ad una società di diritto britannico, con sede a Bristol (“The Lesath’s Aktiers Ltd”, ndr.), con unico socio ed amministratore. Per la “CM Service”, invece, i soci persone fisiche controllanti, sulla base di patti parasociali, sono impegnati a devolvere “le utilità economiche che possono loro derivare dalla partecipazione alla società” ad un trust denominato “The Audax Lion”, di cui “alla Commissione non risultano noti i beneficiari”. In sostanza, la tracciabilità dei compensi erogati dalla casa da gioco per questi servizi esternalizzati s’interrompe ben presto dopo la loro erogazione.
Peraltro, anche in riferimento al contratto per il co-marketing e per tornei di poker sportivo con la “De Vere Concept s.r.l” (rescisso dalla “Casinò de la Vallée” nel giugno scorso), “alla commissione non è stata fornita documentazione” sull’“effettuazione di analisi e valutazioni preliminari circa la necessità e la convenienza di affidare esternamente servizi di varia natura”. Una contraddizione con la pluri-ribadita “necessità di valutare l’eventuale esubero del personale”, che “avrebbe forse potuto essere impiegato per i servizi di cui si tratta senza ulteriori gravami a carico della società”.
Un atto d’accusa all’azienda
Insomma, cinquantun pagine – destinate ad approdare a breve in Consiglio Valle – in cui circostanze e cifre messe in fila (con uno sforzo di chiarezza difficile da ricordare, in un documento regionale, quando si parla di Casinò) assumono il senso di un atto d’accusa alla società e alla sua governance negli anni della riqualificazione, con piazza Deffeyes che (per quanto socio al 99.9% dell’azienda) si auto-ritrae poco più di spettatrice. Tant’è che, se qualcuno si chiedesse perché la politica non ha affrontato sinora il tema (cinque anni sono trascorsi dalla conclusione dei lavori), la relazione risponde che “prima non disponeva degli elementi necessari per poterlo trattare e sviluppare” e, in seguito, “ha posto l’attenzione sulle questioni correlate al superamento delle difficoltà aziendali che rivestivano carattere di priorità”.
La Commissione, quasi prima di inoltrarlo agli altri componenti dell’Assemblea regionale, ha deciso di inviare copia del rapporto conclusivo alla Procura della Repubblica. Difficile tuttavia credere che l’ufficio guidato dal procuratore capo Paolo Fortuna sposerà “a scatola chiusa” le conclusioni che leggerà sul mancato esame, ad oggi, del dossier. Due pm, oltre ad aver indagato sui 140 milioni di finanziamenti erogati dalla Regione al Casinò (per restare in tema di “superamento delle difficoltà aziendali”), sono impegnati a coordinare un’inchiesta della Guardia di finanza per bancarotta fraudolenta della Casa da gioco, in cui proprio alcune consulenze ed incarichi affidati vengono ritenute dagli inquirenti tra le cause del dissesto economico della Casinò de la Vallée. Il tempo dirà il resto.