Casinò, quando la mano di Poker della Regione sul bilancio sembra un “bluff”
Quale partita, di che gioco e perché è in corso sul bilancio del Casinò, tra l’azienda e il suo socio di ultramaggioranza? Domande spontanee, rilanciate da alcuni accadimenti degli ultimi giorni, che palesano più di una rigidità della Regione nel dialogo, sul tema, con la Casa da gioco. Una dialettica problematica tra controllori e controllati potrebbe anche non assurgere al rango di notizia, ma nel caso di Saint-Vincent lo diventa eccome, vista la situazione dell’azienda, che ha intrapreso un concordato in continuità aziendale per il risanamento economico-finanziario.
Una procedura minuziosamente sorvegliata dal Tribunale, senza dimenticare che sulla Casinò de la Vallée ha gli occhi puntati anche la Procura, che ha chiesto la dichiarazione di fallimento per l’“azzardopoli” della media valle (e per il procedimento, aperto, sulle “lettere di patronage” spedite nel 2014 dall’ex presidente Augusto Rollandin). In questo contesto, piazza Deffeyes, detentrice del 99.9% delle quote della Casa da gioco (il restante 0.1% è del comune di Saint-Vincent), ha ricevuto il progetto del documento contabile poco dopo l’approvazione dell’amministratore unico Filippo Rolando, nella tarda serata dell’altro ieri, martedì 7 maggio.
La perdita che fa arrabbiare la Regione
I dati al 31 dicembre 2018 fotografano una perdita di 53 milioni 170mila euro, in evidente aumento rispetto a quella da 21 milioni 533mila euro dell’esercizio precedente. Il trapelare, a livello giornalistico, della cifra ha irritato l’amministrazione regionale, pronta nel ribattere con una posizione (atipicamente impersonale e non veicolata tramite comunicato stampa) di “preoccupazione” per le notizie diffuse “in merito ai risultati” della Casinò de la Vallée SpA.
Consultando i documenti proposti da Rolando ai soci, salta all’occhio la perdita di valore delle immobilizzazioni materiali del Casinò (voce dello Stato patrimoniale che include terreni e fabbricati, nonché impianti e macchinari). Scendono dai 129 milioni 581mila euro del 2017 ai 74 milioni 821mila euro dello scorso 31 dicembre. Una svalutazione (di 54 milioni 760mila euro), che una spiegazione la ha. Consegue ai criteri (ispirati a prudenza) applicati nella redazione del piano di concordato depositato in via Ollietti il 13 marzo scorso e, coerentemente, si riverbera sul bilancio.
Non solo dolenti note
La “radiografia” che emerge dai conti, tuttavia, include anche elementi che dovrebbero indurre ottimismo nella compagine societaria. Tra questi, l’aumento di quasi un milione (da 60 milioni 885mila a 61 milioni 796mila euro) dei “ricavi delle vendite e delle prestazioni”, nonché la diminuzione di circa 14 milioni (da 54 milioni 245mila a 40 milioni 453mila euro) dei “Costi per il personale”.
La fisionomia economico-finanziaria della Casa da gioco restituita dal bilancio, per i tecnici significa soprattutto che, oltre il concordato, a Saint-Vincent una vita (aziendale) è possibile. Lo sostengono anche attraverso l’esito di una verifica, detta “Impairment test”, che tratteggia la fisionomia di una società una volta pagati i debiti. È però imprescindibile (e Rolando stesso lo sottolinea nella Relazione sulla gestione unita al bilancio) che la procedura concordataria vada a buon fine, superando il vaglio dei creditori sociali (l’assemblea è fissata per il prossimo 9 luglio) e con la concretizzazione delle azioni previste.
“Ne parleremo in Assemblea”
Prospettive stringenti, certo, ma che (soprattutto tenendo presente la condizione, ad inizio 2017, “di non autosufficienza finanziaria”) dovrebbero ridare respiro. L’amministrazione però pare pensarla diversamente ed essere preoccupata da altro. Nella sua reazione piccata di ieri, mercoledì 8, piazza Deffeyes punta il dito contro un solo aspetto economico, sostenendo che la perdita d’esercizio registrata “potrebbe essere determinata dalla consistente svalutazione del patrimonio immobiliare determinata dall’Amministratore unico nell’ambito della procedura di concordato in continuità”.
Non è un segreto, giacché è scritto nel piano portato al giudice delegato, ed è pure noto da tempo, ma l’approfondimento della questione viene rinviato, dalla Regione, alla sua “sede opportuna”, ovvero “la prossima assemblea societaria per l’approvazione del bilancio, anche con il contributo delle relazioni che nel frattempo saranno prodotte dal Collegio sindacale e dalla società di revisione dei conti”. Sulla data dell’appuntamento, però, si registra un altro capitolo della conversazione a singhiozzo tra Aosta e Saint-Vincent, che dipinge scenari forieri di ulteriori interrogativi.
L’amministratore unico Rolando aveva infatti richiesto alla Regione, il 30 aprile e il 3 maggio scorsi, di rinunciare ai termini previsti dal Codice civile per adottare i conti. È una facoltà che il socio può concedere, dando così più respiro a tale passaggio. Al Casinò è stata riconosciuta negli ultimi esercizi, ma lo scorso 3 maggio il presidente della Giunta, Antonio Fosson, ha detto “no”. Tra i motivi del diniego, il fatto “che non siamo stati coinvolti nelle scelte riguardanti la procedura concordataria”.
Argomento singolare, visto che alcune previsioni del piano depositato in Tribunale hanno ricevuto il “semaforo verde” del Consiglio Valle (vedi la vendita degli immobili “no core”) e che anche il “referendum” sottoposto al personale aveva incassato la soddisfazione della Giunta in carica, ma la risposta ottenuta dal secondo piano di palazzo regionale inquieta Rolando sotto altri punti di vista.
L’appello dell’Au
Li mette nero su bianco in una lettera inviata ieri, mercoledì 8, ai soci, in cui – dopo aver ricordato che la data della prima convocazione dell’assemblea è il 23 maggio prossimo – sottolinea come “il Commissario giudiziale (nominato dal Tribunale, ndr.) ha ripetutamente ribadito l’opportunità/esigenza che il bilancio venga approvato prima della scadenza per il deposito della sua relazione (fissata al 24 maggio 2019) per poter dare atto dell’adempimento nella relazione medesima”.
Risulta infatti indispensabile per i creditori sociali, che si esprimeranno “soprattutto sulla base delle informazioni contenute in detta relazione”, avere “la garanzia del corretto e regolare funzionamento della società il cui risanamento sono chiamati (mediante il voto) ad approvare”. Rolando invita quindi i soci a “considerare che, in un momento così estremamente delicato, siamo tutti tenuti a fare ogni possibile sforzo (ove occorra anche abbandonando le rigidità formali) nel nome dell’obiettivo, mi auguro comune a tutti, di evitare il fallimento di Casino de la Vallée SpA”.
“Sarebbe del tutto insensato che, in dirittura d’arrivo – conclude l’Amministratore unico – si assumessero posizioni di rigidità altrimenti superabili, che potrebbero addirittura compromettere l’enorme lavoro portato avanti sino ad oggi”. Fatti due conti, alla prima convocazione mancano quattordici giorni. Ad oggi, però, la relazione del Collegio sindacale non è disponibile (in una mail inviata l’altro ieri, martedì 7, il Presidente dell’organo, Ernesto Ramojno, ha manifestato alla Regione difficoltà in merito) e, a cascata, la società di revisione non è in grado di produrre la sua analisi. Assenze documentali destinate a diventare più pesanti con il procedere del conto alla rovescia.
La mano di Poker
Riepilogando, la Regione, da un canto, non concede al Casinò la dilazione dei termini e, dall’altro, sa che l’approvazione nei tempi richiamati da Rolando è fisiologicamente (quasi) impossibile. In entrambi i casi, formalmente, le basta appellarsi a norme e regole, ma nei fatti, invertendo i fattori, il risultato non cambia: il bilancio resta al palo (e il concordato rischia di saltare). Aggiungendo al mosaico le voci di corridoio che dipingono alcuni esponenti della maggioranza decisi, nelle scorse ore, a richiedere un parere legale sull’opportunità di dare il “via libera” al bilancio, il dubbio sui motivi delle rigidità regionali è servito.
Perché quella svalutazione preoccupa tanto la politica? Forse perché mette nero su bianco la sproporzione tra il valore degli immobili e le cifre pagate per la loro ristrutturazione, dando dignità materiale ad un’ipotesi di incongruenza economica? Se la risposta è affermativa, la mancata approvazione del bilancio, mettendo a repentaglio la procedura concorsuale, potrebbe anche apparire salvifica a chi sedeva allora (e continua a farlo) in Giunta e Consiglio Valle, sentendo il fiato sul collo di possibili contestazioni sull’uso dei fondi pubblici. Come andrà a finire lo diranno i prossimi giorni, ma appare nitido che la partita diventa a poker, con la mano intrapresa da piazza Deffeyes, per l’insofferenza (malcelata) dell’Esecutivo nei confronti del concordato, a ricordare molto un bluff. A vincere, comunque, non sembrano essere destinati i valdostani.