Non si conoscono (ancora) i singoli indagati, né lo sbocco processuale futuro, ma l’ipotesi di reato principale sì (la corruzione elettorale) ed un dato è certo. Con “Egomnia”, l’indagine emersa oggi, mercoledì 12 dicembre, attraverso le duecentoquarantatre pagine di annotazioni depositate dal pm Valerio Longi in vista dell’udienza preliminare dell’inchiesta Geenna, la Dda di Torino ha vissuto le elezioni regionali del 2018 “in presa diretta”, concludendo che “il sodalizio mafioso di matrice ‘ndranghetista capeggiato dai fratelli Di Donato Marco Fabrizio e Roberto Alex è riuscito a influenzare” la tornata.
La “locale” in assetto elettorale
Per gli inquirenti – gli “occhi” sul campo dei pm torinesi sono stati quelli dei Carabinieri del Reparto Operativo del Gruppo Aosta – i “compari” della “locale” aostana “riescono a condizionare le scelte elettorali di una parte degli elettori al fine di soddisfare gli interessi e/o le esigenze del sodalizio”. In questa materia, tuttavia, cambia leggermente l’assetto del gruppo, perché se Marco Fabrizio mantiene “un’incontrastata posizione di vertice”, è al fratello Alex Roberto che lascia “la scelta della linea strategica per l’individuazione degli obiettivi politici”.
Le scelte compiute in tale ambito vengono “puntualmente recipite ed attuate” da Alessandro Giachino ed Antonio Raso (altri due degli arrestati nel “blitz” dello scorso Gennaio), che “dimostrano la piena intraneità nelle logiche politico-amministrative regionali, nonché un preciso controllo territoriale per la scelta dei candidati, che è si dimostrata attenta e diversificata”. Le attività investigative hanno visto, oltre a pedinamenti e relativa documentazione fotografica (che costella numerose pagine delle annotazioni), ore ed ore di intercettazioni telefoniche ed ambientali.
Una microspia era stata piazzata all’interno della pizzeria “La Rotonda”, ma il suo ritrovamento (tre persone sono imputate in Geenna per favoreggiamento, al riguardo), ha spinto il titolare Raso a diventare “più accorto nelle conversazioni d’interesse”, tanto da “abbassare sempre il tono di voce e verosimilmente accendere il macinacaffè”. Tra i luoghi in cui i militari del Nucleo Investigativo hanno seguito presunti ‘ndranghetisti e candidati alle elezioni, anche noti bar e ristoranti della Valle.
Il progetto prende forma
La strategia elettorale del sodalizio trae origine dalle “prime avvisaglie della mutazione degli equilibri politici regionali” emerse dai risultati delle elezioni politiche del 4 marzo 2018. In quell’occasione, “molti partiti si sono indeboliti, e in particolare modo il partito dell’Union Valdôtaine, ne è testimonianza il fatto della mancata elezione del proprio candidato alla Camera dei deputati”. Ne hanno tratto beneficio la Lega e il Movimento 5 Stelle, “andati oltre ogni più rosea aspettativa”.
I componenti della “locale” – dà conto l’annotazione – analizzano la situazione ed elaborano “una nuova strategia elettorale”, decidendo “di sostenere più candidati di diversi partiti politici”, così da “ottenere un parterre più ampio di eleggibili fra le liste dei partiti”. Restano comunque nell’alveo di “estrazione fortemente autonomista”, poiché “sosterranno candidati dell’Uv, di Uvp e del partito Stella Alpina”. Spuntano anche i nomi dei “cavalli” su cui il sodalizio punta: gli attuali assessori Renzo Testolin e Laurent Viérin, il consigliere regionale Luca Bianchi, Marco Sorbara (ora ai domiciliari) e “in parte” Augusto Rollandin, ma anche l’assessore Stefano Borrello e il presidente della Giunta in carica, Antonio Fosson.
Differenziare i voti, per vincere comunque
L’idea, che permette al “locale di Aosta di differenziare i voti, aumentando la possibilità di ottenere risultati positivi”, viene confidata da Giachino (definito “non così riservato nelle comunicazioni come gli altri”) ad un amico, quando mancano circa venti giorni all’appuntamento elettorale. Secondo chi indaga, in quella “rivelazione” non vi è “millanteria, ma il puntuale ed attendibile resoconto derivato dal coinvolgimento e dalla radicazione del sodalizio criminale nelle dinamiche dell’Uv e di Uvp”.
Il piano “non si concretizzerà solo a causa dell’imprevisto elevato consenso ricevuto dalla Lega, che riesce ad ottenere sette seggi”, un significativo “peso specifico” che le consentirà di trovare una maggioranza nel Consiglio uscito dalle urne “senza tessere alleanze con Uv e con il partito di Viérin” (ma “ben sette consiglieri sono stati eletti con voti procurati da persone appartenenti al ‘locale’ o comunque a questi contigui” e “fanno parte delle varie commissioni regionali”, quindi “possono fornire ai vertici dell’associazione notizie di prima mano circa l’operato politico e amministrativo regionale”).
La corruzione elettorale
Esponendo i termini dell’ipotizzata corruzione elettorale, per come appare alla Dda, il sostegno del sodalizio “non è stato a titolo gratuito, ma finalizzato ad ottenere posti di lavoro, ovvero agevolazioni in pratiche amministrative sia per gli affilati che per soggetti vicini”. Talvolta, le velleità dei coinvolti sarebbero state anche molto precise. Nel caso di Monica Carcea, l’ex assessore di Saint-Pierre ai domiciliari, l’azione alle regionali serviva “per puntare alla carica di Sindaco” alle amministrative del 2020.
E’ infatti la donna, assieme ad Antonio Raso, che si occupa della “coalizione Stella Alpina, PNV e Area civica”, alla quale avrebbe già garantito un “apporto di voti” a Giampaolo Marcoz, alle elezioni politiche di marzo. Proprio quell’“aiutino”, andato anche al Senatore in carica Albert Lanièce, sarebbe servito alla “locale” non solo per cogliere gli scenari in vista della successiva tornata regionale, ma anche per “gettare le basi per ottenere l’elezione di Monica Carcea” al vertice dell’amministrazione di Saint-Pierre l’anno prossimo.
Le “attenzioni diplomatiche”
La situazione, si apprende dall’annotazione, appare però a rischio “incidente diplomatico”, perché nella campagna elettorale di maggio il sodalizio “si è schierato apertamente a favore” di Marco Sorbara. A quel punto, non gli è possibile “appoggiare apertamente anche Stefano Borrello, in quanto appartenente ad una coalizione contrapposta all’Uv” ed è per questo che Raso “subappalta” la faccenda a Carcea. Non è la sola “cautela” adottata: Di Donato riferisce che “sarebbe in atto un accordo tra alcuni candidati dell’Uv, nella fattispecie proprio Testolin e Bianchi, Viérin Lauent dell’Uvp ed il partito della Lega per far cadere Rollandin Augusto”.
Tuttavia, è il ragionamento del capo “locale”, la “congiura nei confronti dell’ex presidente della Regione non andrà a buon fine” perché “dove sta sondando lui, tra i suoi paesani sono tutti con Rollandin”. La decisione conclusiva è di non “tagliare fuori” l’Imperatore, perché anche se Di Donato “lo considera finito” per le sue vicissitudini giudiziarie, aggiunge ridendo che “hanno puntato sul cavallo vincente (inteso come Laurent Vièrin)”.
Metti una sera con i Di Donato
Al riguardo, l’annotazione dà conto pure del fatto che “tre Presidenti o ex Presidenti della Regione”, nel corso della campagna elettorale, “si incontrano o cercano di incontrare” i fratelli Di Donato, quindi “coloro che durante l’inchiesta Geenna è emerso essere ai vertici della locale di Aosta”. Si tratta di Laurent Viérin, Augusto Rollandin e Pierluigi Marquis. L’ultimo, però, non riceverà udienza, giacché i sodali “stanno già sostenendo Borrello”.
Per gli inquirenti, tale circostanza è “quantomeno allarmante” (si parla di “due fratelli pluripregiudicati la cui parentela con la famiglie Nirta di Quart è notoria”), ma si spiega con il fatto che “in capo ai Di Donato è riconosciuta dai politici una leadership in seno alla comunità valdostana di origine calabrese”. Sono quindi “ritenuti capaci di catalizzare numerose preferenze elettorali condizionando la vittoria, o meno, di un partito”. E, nel 2018, ci sarebbero riusciti con più di uno.