Non hanno fatto emergere reati – vuoi per la recente riforma della fattispecie di abuso di ufficio, vuoi per l’assenza di riscontri su minacce o pressioni – ma agli occhi della Procura di Aosta le indagini su alcune vicende relative all’Unità Sanitaria Locale della Valle d’Aosta restituiscono un quadro, “talvolta decisamente desolante”, di gestione della sanità pubblica all’insegna di “pressapochismo, clientelismo e favoritismo”, nonché di “esigenze di tutela di interessi personalistici”, nella “confusione di ruoli tra sfera politica e sfera amministrativa”, che non evita “poco trasparenti e inopportune invasioni di campo” nel funzionamento aziendale.
Lo si legge nella richiesta di archiviazione, depositata di recente dal pm Luca Ceccanti al Gip del Tribunale, del fascicolo aperto, mesi fa, su tre filoni investigativi, sviluppati dalla Digos della Questura di Aosta: le assunzioni interinali nell’azienda (con l’ipotesi di illeciti finalizzati a favorire rapporti di lavoro con persone legate a dirigenti dell’azienda e politici), lo svolgimento (nonostante la sospensione per la pandemia Covid-19) dell’intervento operatorio su un parente di un Consigliere regionale e, infine, la procedura di nomina del Direttore del Dipartimento delle discipline chirurgiche dell’azienda, organizzata così da escludere un concorrente.
“Figli e figliastri” sulle assunzioni interinali?
La necessità di personale somministrato è legata all’esigenza dell’Usl di garantire l’erogazione dei servizi essenziali di assistenza. L’attivazione di questa particolare tipologia contrattuale, che supplisce alle carenze di organico, è disciplinata da un regolamento derivante dal capitolato del bando europeo con cui l’azienda sanitaria ha individuato l’agenzia che fornisce i lavoratori. Le norme prevedono che l’Usl non possa indicare al fornitore specifici nominativi graditi (e non graditi). Gli è certamente possibile effettuare un colloquio selettivo, tuttavia successivo all’invio degli aspiranti lavoratori da parte dell’agenzia (valutati sulla base dei loro curricula).
Stando alle risultanze inquirenti, tale meccanismo (ritenuto “doveroso presidio di salvaguardia minima” della parità di trattamento) è stato “sistematicamente violato”, perché l’Usl in varie occasioni ha comunicato all’agenzia in anticipo i nominativi di persone gradite sulla base di criteri “esclusivamente personalistici e clientelari”. Oltretutto, le assunzioni finite all’attenzione degli agenti (anche sentendo varie figure professionali aziendali), secondo gli inquirenti sarebbero andate a scapito di lavoratori precari “di lungo corso”, che hanno improvvisamente perso il loro posto di lavoro.
Se non è possibile, per chi ha indagato, stabilire con certezza un rapporto tra l’interruzione dei contratti di questi dipendenti e l’assunzione di parenti o familiari di politici e dirigenti pubblici, “il forte sospetto che ciò sia accaduto – annota la Procura – emerge dalla mera lettura degli atti”. Le indagini pongono in capo all’allora direttore Angelo Pescarmona (dal giugno di quest’anno manager dell’Asl di Torino 4) la tendenza “a raccomandare soggetti legati a lui e, in un caso” all’assessore alla sanità Roberto Barmasse. Non si può però parlare di concussione, perché non sono state ravvisate condotte minacciose. Evidentemente, concludono gli inquirenti, il ruolo apicale del direttore generale consentiva di “orientare facilmente l’assunzione di soggetti graditi”.
La sala operatoria riaperta
Sulla vicenda dell’intervento chirurgico, l’ipotesi oggetto delle indagini era che l’assessore Barmasse, su richiesta di un Consigliere regionale, avesse imposto ad un primario del “Parini” di effettuare l’operazione sul parente stretto del politico. Il medico non avrebbe nascosto ad alcuni colleghi la sua amarezza, dettata dal fatto che il reparto, in pieno periodo pandemico, aveva sospeso gli interventi di routine, mantenendo le sale operatorie solo per quelli “salva vita”. Nemmeno in questo caso sono saltate agli occhi degli inquirenti vere e proprie pressioni, e non sono stati raccolti sufficienti elementi per ipotesi penali nei confronti dell’Assessore o del Consigliere, tuttavia, le “ingerenze operate dall’Assessorato sull’operato del primario” sono finite agli atti.
Il dato di partenza è che il paziente, saputo della sospensione dell’intervento, si adirò profondamente. Il primario, pur in una deposizione che ha fornito “indicazioni fortemente sospette di lacunosità e reticenza”, ha confermato di essere stato contattato dalla segreteria particolare dell’Assessore. L’entrata in campo della politica, per gli inquirenti, ha avuto l’effetto di eseguire, in anticipo, l’intervento, sicuramente delicato anche se non qualificato come “salva vita”. Nel propendere per la richiesta d’archiviazione, il pm osserva altresì che “non risultano provati danni specifici ad altri pazienti”.
Il bando “ritardato” per escludere un candidato
Anche nel caso della nomina del direttore del Dipartimento delle discipline chirurgiche, le risultanze investigative mostrano, stando alla Procura, “una pesante e diretta ingerenza dell’assessore” Barmasse “nelle questioni interne” all’azienda, oltre ad “un atteggiamento di supina condiscendenza del direttore generale” dell’epoca Pescarmona nei confronti “delle indicazioni e dei desiderata” della politica. Nella ricostruzione della Digos, l’incarico era in scadenza, affidato ad un medico reggente, e le norme prevedevano un’età massima di 65 anni per partecipare alla procedura selettiva per stabilire il nuovo titolare.
Dall’inchiesta è emerso che il facente funzione, che avrebbe compiuto gli anni dopo pochi mesi, avvicina Pescarmona e gli chiede di valutare la possibilità di anticipare la procedura, così da consentirgli di ripresentare la candidatura prima del compleanno. L’allora Direttore generale avrebbe dato piena disponibilità, ma tali rassicurazioni non hanno avuto seguito. Sulla base degli atti raccolti, la Procura legge nell’accaduto “che l’assessore Barmasse è intervenuto al fine di procrastinare” la selezione, al fine di non consentire al medico di ricandidarsi.
Un intervento “di cui sfuggono le ragioni profonde” agli inquirenti, “probabilmente legato a dinamiche politiche”, che connota una “condotta dell’Assessore assolutamente anomala”. Ancora più inquietante viene considerato che il medico escluso, lamentatosi per la scelta subita, si sarebbe sentito rispondere dal Direttore generale che avrebbe dovuto rivolgersi “ad altri tavoli”. Parole ritenute eloquenti, da via Ollietti, dei “sistemi torbidi di gestione della sanità locale”. Una chiave di lettura è giunta dall’assessore regionale Luigi Bertschy che, ascoltato nelle indagini, ha riferito agli inquirenti che Barmasse aveva posto una sorta di veto sulla pubblicazione in tempo utile della procedura, in quanto, a suo dire, il reggente teneva all’interno dell’azienda atteggiamenti “quasi mafiosi”.
Stupisce la Procura il fatto che l’Assessore non abbia trovato alcuna opposizione da parte del Direttore generale dell’epoca, che non solo ha abdicato “volontariamente all’esercizio delle sue prerogative”, ma ha pure – con le parole proferite al medico – espresso in modo inequivocabile il concetto per cui “la gestione e l’amministrazione dell’azienda Usl sono serventi ed ancillari rispetto alle dinamiche della politica regionale”. Nulla però che, alla luce del Codice penale, nelle tre vicende scrutinate, risponda ad un reato.
2 risposte
Che vergogna.Per risolvere un problema urgente di salute ho dovuto fare ricorso ad un noto Centro Ospedaliero di Torino ( con annesse visite private ) mentre in Valle capitavano le non piacevoli cose descritte nell’articolo.
In maniera provocatoria chiedo ai Consiglieri regionali che velocemente firmarono per indire un Consiglio straordinario sulla famosa sentenza della Corte dei Conti se non sarebbe il caso di chiederne un’altro per dibattere i temi sollevati nel citato articolo?
Immagino la risposta che non arriverà mai : qualunquismo,populismo ecc.ecc.
I consiglieri regionali, nostri “rappresentanti”, i consigli straordinari li fanno solamente per pararsi il fondoschiena o meglio per garantirsi la poltrona… quindi mi dispiace Roberto ma mi sa che ci toccherà fare altre visite a Torino, magari mettendoci 2 ore di treno mentre loro fantasticano sull’idrogeno…