‘Ndrangheta Vda: secondo “no” alla scarcerazione, Sorbara resta in cella

Il provvedimento del Gip di Torino è stato notificato negli scorsi giorni ai difensori del consigliere regionale sospeso. Arrestato il 23 gennaio, il politico è nella casa circondariale di Biella da quasi cento giorni.
Consiglio regionale 26 giugno 2018 - Marco Sorbara
Cronaca

“Abbiamo ai domiciliari delinquenti che sparano e stuprano e qui siamo in questa situazione?”. E’ ai confini dello sfogo l’avvocato Raffaele Della Valle, difensore di Marco Sorbara, nel commentare il respingimento dell’istanza depositata al Gip di Torino per vedere modificata la misura cautelare a carico del suo assistito. L’atto è stato notificato negli scorsi giorni: dopo quasi cento giorni di carcerazione preventiva (è stato arrestato lo scorso 23 gennaio), il consigliere regionale accusato di partecipazione esterna ad un sodalizio mafioso resta quindi in cella a Biella.

La richiesta di scarcerazione era stata presentata dopo l’interrogatorio in cui, lo scorso 4 aprile, Sorbara aveva risposto per quasi cinque ore ai pm della Dda Valerio Longi e Stefano Castellani, titolari dell’operazione Geenna su presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta in Valle. “Credevamo che, alla luce del tempo trascorso, del nocumento fisico e psicologico patito e dei chiarimenti forniti dal mio cliente – continua il legale, che assiste il politico assieme ai colleghi Donatella Rapetti e Sandro Sorbara – il quadro si affievolisse”.

Invece, nel provvedimento di rigetto, il giudice “dice che il pericolo di inquinamento delle prove non esiste più, ma rimane quello di reiterazione del reato, perché Sorbara non mostra segni di dissociazione” dall’organizzazione criminale che gli inquirenti (ad indagare sono i Carabinieri del Gruppo Aosta) ritengono abbia sostenuto nella veste di Assessore alle politiche sociali del capoluogo regionale (per questo è al lavoro, sull’attività del Comune, una Commissione per l’accesso antimafia).

Nell’annunciare l’impugnazione, già lunedì prossimo, del provvedimento del Gip al Tribunale del Riesame (“e se servirà andremo anche in Cassazione, perché prima o poi il giudice a Berlino lo si trova”), il legale osserva: “Portare dei mobili, a proprie spese, è partecipare ad un’associazione?”. “Non c’è una delibera che agevola qualcuno. – aggiunge, come un fiume in piena – Questo ragazzo parlava con tutti. Con Raso (Antonio, titolare della pizzeria “La Rotonda”, un altro degli arrestati nell’operazione, ndr.) parlavano tutti. Al suo ristorante andavano tutti. Di questo parliamo”.

“Pensa che, se uscisse, – afferma ancora l’avvocato Della Valle – Sorbara penserebbe a commettere altri reati, dopo che è stato ‘sputtanato’ per cento giorni?”. Agli occhi del difensore, “il provvedimento è scritto da qualcuno che è molto bravo in geografia, ma non in storia”. Un’affermazione criptica, che sembra rilanciare il tema della “ghettizzazione” della comunità calabrese già sostenuto dal team legale del consigliere regionale all’indomani del primo “no” alla scarcerazione (arrivato dal Tribunale del Riesame a metà febbraio), ma alla richiesta di chiarire la risposta si limita ad un laconico: “a buon intenditor…”.

La considerazione successiva, l’avvocato che difese Enzo Tortora, la riserva al “giustizialismo in atto, spaventoso. C’è aria mefitica in giro. Poi, appena si parla di ‘ndrangheta tutti diventano professionisti dell’antimafia”. Sorbara ha trascorso in cella la Pasqua e così “la custodia cautelare non ha più il senso dell”Angelo custode’. Si vuole qualcosa in più e che mi si tenga dentro così cedono i nervi…”. Concludendo, Della Valle precisa di “non voler fuggire dal processo, anzi desideriamo che inizi il prima possibile”, ma ci “stava una misura di prevenzione, non una cautelare. Siamo al romanzo”. L’inchiesta dei pm torinesi, tuttavia, non è ancora chiusa, e chissà se quelli trapelati sinora siano davvero tutti i capitoli.

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