Processo Bccv, la Cassazione riscrive l’esito: Perron e Linty assolti

La sesta sezione penale della Corte ha annullato senza rinvio “perché il fatto non sussiste” la sentenza che dichiarava colpevoli di induzione indebita l’ex assessore regionale e il già presidente della banca.
Ego Perron
Cronaca

Dopo due gradi di giudizio finiti in condanna e ad oltre cinque anni dai fatti, la Cassazione riscrive l’esito del processo Bccv. Dopo l’udienza tenutasi l’altro ieri, mercoledì 13 dicembre, gli ermellini hanno annullato senza rinvio “perché il fatto non sussiste” la sentenza della Corte d’appello di Torino del 16 luglio 2019, che aveva dichiarato colpevoli di induzione indebita a dare o promettere utilità l’ex assessore regionale Ego Perron (cui erano stati inflitti un anno ed otto mesi di reclusione, pena sospesa) e l’ex presidente della Banca di credito cooperativo valdostana Marco Linty (sei mesi, sempre con sospensione condizionale).

I precedenti gradi di giudizio

Nel processo era coinvolto anche un altro già presidente dell’istituto di credito, Martino Cossard, che però non ha avanzato ricorso in Cassazione. A quanto si apprende da una fonte difensiva, tuttavia, l’assoluzione varrà anche per lui, per l’“effetto estensivo” del pronunciamento su Linty, visto che l’imputazione era mossa in concorso ai due. Le pene decretate dalla Corte d’Appello  nel 2019, erano state riviste rispetto alla sentenza di primo grado, pronunciata dal Gup del Tribunale di Aosta il 10 novembre 2017, quando Perron venne condannato a tre anni di carcere e gli altri due imputati ad uno ciascuno (pena sospesa).

Marco Linty

L’ipotesi di reato

L’ipotesi di reato, su cui avevano indagato la Procura di Aosta e i Carabinieri, riguardava il progetto di spostare la filiale di Fénis della Bccv da una sede di proprietà dell’istituto a locali dell’allora assessore, in affitto. Per l’accusa, Perron, con l’obiettivo di ottenere un contratto di locazione per l’immobile (poi annullato per un vincolo d’uso dello stabile), si prodigò per far rieleggere i co-imputati negli organi sociali della banca, in vista dell’assemblea dei soci, nella primavera del 2015. Perron, a seguito della sentenza aostana, dette le dimissioni dalla carica di assessore alle finanze e, qualche settimana dopo, venne sospeso dalla carica di consigliere regionale per effetto della “legge Severino”, non ricandidandosi alle elezioni successive, nel 2018.

Ego Perron: “Ristabilita finalmente la verità. Ho pagato però un prezzo abnorme”

“Sono iper felice per questa sentenza che finalmente ristabilisce la verità”. Così Ego Perron commenta il giudizio arrivato ieri dalla Cassazione “Questa vicenda ha recato una macchia pesante sul mio operato, per anni sembrava che avessi voluto approfittare del mio ruolo di Assessore per interessi personali. I giudici della Cassazione hanno chiarito in modo definitivo che così non fu. Questo mi fa tornare un po’ di luce dopo un periodo buio durato cinque anni. Purtroppo ho dovuto pagare un prezzo abnorme e sopportare una gogna mediatica per una vicenda inesistente.”. 
Perron ricorda come all’epoca si dimise da Assessore senza aspettare la Severino, “decisi anche di non ricandidarmi alle regionali, perché ritenevo non fosse opportuno”. In Consiglio Valle venne approvata una risoluzione, all’unanimità, anche con i voti del gruppo Uv. “Quell’atto mi ferì, penso che il garantismo valga fino a sentenza definitiva.” Dal suo movimento però Perron non si allontanò. “Sono sempre rimasto nell’Uv e nelle ultime regionali ho seguito da vicino la campagna di Giulio Grosjacques. Ieri mi ha chiamato Aurelio Marguerettaz e stamane mi ha inviato un messaggio il presidente della Regione Lavevaz, mi ha fatto molto piacere. ” Perron si dice ora fiducioso per le altre vicende giudiziarie che lo vedono coinvolto, come l'”Affaire Casinò”.

Linty: “Giornata di grande gioia”

“Oggi è una giornata di grande gioia per me! – è la reazione di Marco Linty alla decisione della Cassazione – Ho creduto nella giustizia e con fiducia mi sono difeso all’ultimo grado per dimostrare la mia innocenza, che finalmente è stata riconosciuta”. L’ex presidente Bccv sottolinea poi “i tempi troppo lunghi di questo assurdo procedimento penale, che ha richiesto più di 5 anni per arrivare alla sentenza definitiva, togliendo serenità a me e alla mia famiglia e compromettendo la mia immagine di uomo e di professionista, totalmente dedito al buon andamento della banca che ho avuto l’onore di presiedere per 6 anni”.

La difesa Linty: “Mancavano i presupposti del reato”

Sulla stessa lunghezza d’onda la reazione del suo difensore, l’avvocato Enrico Grosso, che osserva come sia necessario “ovviamente attendere le motivazioni della sentenza per comprendere nel dettaglio le ragioni che hanno condotto la Cassazione a tale esito”. Tuttavia, agli occhi del difensore, “l’annullamento senza rinvio di una doppia sentenza di merito di condanna ‘perché il fatto non sussiste’ lascia intendere che, secondo la Cassazione, mancavano fin dall’inizio i presupposti giuridici per la configurazione del reato”- A sua volta, il legale afferma che “non posso non rammaricarmi del fatto che ci siano voluti più di cinque anni, e tre gradi di giudizio, per giungere a riconoscere quanto, in tutta evidenza, avrebbe dovuto essere chiaro da subito.

La Bccv: “Istituto indipendente dalla politica”

Sull’esito della vicenda, fa sentire la sua voce anche la Banca di Credito Cooperativo Valdostana. “Prendiamo atto con soddisfazione del dispositivo di assoluzione del dott. Marco Linty – afferma, per mezzo di un comunicato, il presidente Davide Adolfo Ferré – che testimonia, come già ribadito in questi anni, l’indipendenza dell’Istituto bancario dalle influenze politiche. La BCC risponde unicamente alla Vigilanza (BCE e BANKIT) ed ai propri circa 10mila soci che ne sono i proprietari ed eleggono i propri rappresentanti in un’assemblea democratica viva e partecipata”.

Nel motivare le condanne del primo grado di giudizio, il Gup Davide Paladino aveva ritratto un contesto di “forte legame di compenetrazione di tipo clientelare fra il mondo politico locale e la banca, a struttura cooperativistica, di maggior diffusione regionale”, con lo “scontro per la conquista del controllo della banca stessa tra opposte fazioni in seno al partito politico dell’Union Valdôtaine” sullo sfondo degli eventi. Parole che la sentenza dell’altro ieri della Corte di Cassazione cancella, assieme alle condanne inflitte agli imputati.

Martino Cossard

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