Processo Geenna, udienza dedicata ai comuni di Saint-Pierre ed Aosta

Sentiti gli ex amministratori dell’ente in cui era assessore Monica Carcea fino all’arresto durante le indagini, oltre al sindaco del capoluogo regionale Centoz, sui suoi rapporti con il ristoratore Raso e con il già assessore Sorbara.
Il sindaco Fulvio Centoz a palazzo di giustizia.
Cronaca

Il filone d’indagine dedicato al comune di Saint-Pierre è stato ampiamente sviscerato nell’udienza di oggi del processo Geenna. Tutto ruota attorno alla figura dell’ex assessore Monica Carcea, arrestata nel “blitz” dei Carabinieri del 23 gennaio 2019 e oggi a processo perché accusata di concorso esterno alla “locale” di ‘ndrangheta emersa, per i Carabinieri e la Dda di Torino, dalle indagini. Tra i fatti contestati alla donna, le presunte pressioni per far ottenere la proroga del servizio di trasporto scolastico alla ditta di Salvatore Addario, attuale presidente Cna, e cugino di Antonio Raso, anch’egli imputato quale presunto partecipe del sodalizio criminale.

Carcea si sarebbe “sdebitata” in quel modo per il sostegno elettorale ricevuto. Testimoniando in mattinata, il segretario comunale Osvaldo Chabod aveva definito gli atti di proroga come “sua iniziativa”, sottolineando che quella soluzione, adottata per due volte nel 2016, fosse “la sola possibile”, perché “l’alternativa era sospendere il servizio”. Le deposizioni di altri ex componenti della Giunta comunale (l’amministrazione è stata commissariata lo scorso febbraio, in esito all’accesso antimafia seguito alle risultanze emerse dall’inchiesta) hanno poi messo in luce momenti successivi alla rassegnazione del servizio, avvenuta a favore dell’azienda dell’imprenditore di Saint-Pierre, Patrick Parleaz.

“Addario voleva fare il servizio”

In particolare, Alessandro Fontanelle, già titolare della delega alla pubblica istruzione, ha raccontato che il nuovo aggiudicatario “mi telefonò dicendomi che c’era Addario che voleva fare il servizio”. “Quando mi ha chiamato – ha aggiunto – era turbato. Mi diceva di aver ricevuto pressioni e mi chiedeva di mandare un controllo per dimostrare che il servizio era monitorato. Addario non aveva neanche partecipato al bando”. La circostanza è stata confermata da Parleaz, sentito nel primo pomeriggio, secondo il quale Addario gli disse: “ci sono quando hai bisogno, se riesci magari qualcosa in più”.

Una prospettiva rispetto alla quale Parleaz in aula ha manifestato perplessità (“ma già il servizio è retribuito poco o niente. E mandare una terza persona tenendo le mie macchine ferme…”), da cui la richiesta di controllo, perché “ci tenevo che la cosa fosse monitorata, in modo che non si arrivasse all’eccesso”. Un controllo scatta, tuttavia, a fine 2019, quando la Polizia locale ferma il bus, trovandogli alla guida – aveva raccontato in mattinata il segretario Chabod – “un soggetto non autorizzato, Salvatore Addario. Il bus, inoltre, non aveva revisione ed assicurazione”.

Il “subappalto” non autorizzato

L’assegnazione è stata così revocata per il “subappalto non autorizzato”. All’accadere dei fatti, Parleaz ha detto di essere “caduto dal pero”, perché “che il referente di categoria” per la Cna “vada in giro con l’assicurazione scaduta da tre, quattro mesi…”. Al riguardo, è stato lo stesso imprenditore a spiegare che “capitava di avere dei transfer aeroportuali da fare” e di dover quindi chiedere supporto. A quel punto “mi rivolgevo all’azienda che reputavo il più limpida possibile, chiedevo ad aziende di Cna di effettuare il servizio. Chiedevo a ‘Turismo e servizi’, chiamavo il signor Addario. Non so chi andasse, lui o qualche altro associato Cna”.

Sull’indomani dell’assegnazione dell’appalto a Parleaz è tornato anche l’ex sindaco del comune Paolo Lavy, ricordando che il neo aggiudicatario “venne in ufficio da me”. “Disse – è continuata la deposizione – di essere stato contattato da chi aveva il servizio prima. In quella circostanza, uscì dicendo ‘mal che vada, assumo un operaio di quella ditta lì”. Affermazione che ha spinto il pm Stefano Castellani a chiedere: “Lei era Sindaco, c’era appena stato un cambio di assegnatario, non gli chiese perché?”. Risposta: “No, all’epoca non gli chiesi nulla. La percezione che ebbi” fu di una dinamica del tipo “‘non ho potuto riavere l’appalto, vediamo di farlo insieme’. Sono ingegnere e vedo che, ogni volta che c’è una gara, il secondo non è contento e cerca di trovare una soluzione”.

Carcea e “qualche arrabbiatura di troppo”

Deponendo sui rapporti con l’imputata, l’ex assessore Fontanelle aveva riferito un episodio in cui “con aria un po’ minacciosa Monica Carcea”, vicino “alla palestra di località Preille a Saint-Pierre”, “si era avvicinata a mia moglie, dicendole che dovevo stare tranquillo e che ero un po’ nervoso. Mia moglie era rimasta infastidita”. La vicenda fu riferita al sindaco Lavy, che ha deposto di non aver fatto nulla al riguardo, ma di aver detto, nel tempo, alla donna di “fare attenzione”, perché “aveva un comportamento facilmente irascibile” e “si lasciava andare a qualche arrabbiatura di troppo nelle riunioni di giunta”.

Sulle relazioni interpersonali, la difesa di Carcea, con l’avvocato Francesca Peyron, ha contestato al testimone alcuni messaggi, contenuti in una chat Whatsapp della Giunta, in cui Fontanelle si scusava con Carcea per il suo comportamento in una riunione ed altri in cui il tono tra i due non era affatto di scontro. Scambi di messaggi, hanno sottolineato i difensori, “continuati fino a dicembre 2018”. “Certo, – ha commentato il testimone – altrimenti non avremmo potuto collaborare tre anni in Giunta”.

“Valdostanità” vs. “Calabresità”

Fontanelle ha quindi evocato un altro episodio, in cui il dipendente regionale Gianni Mongerod, suo cugino di secondo grado (definito dagli inquirenti, in una precedente udienza, come “il trait-d’union attraverso il quale Raso arrivava a Palazzo regionale”), incontrato ad una manifestazione, gli disse “che non andava bene che andavo a dire in giro che mi sentivo più valdostano che calabrese”. L’ex assessore ha spiegato di essere rimasto spiazzato da quelle parole, che ha collegato soltanto in seguito a quanto successo in una riunione di maggioranza. Allora, parlando di appartenenza, “dissi a Monica che mi sentivo più valdostano che calabrese” e “ricordo che lei alzò il sopracciglio”.

Sul tema ha deposto anche Lavy, osservando che “di ‘valdostanità’ e ‘calabresità’ in Giunta se n’è parlato di continuo”, perché “io sono valdostano e c’erano Monica e Fontanelle che difendevano la loro calabresità”. Fontanelle racconta al Sindaco del “rimprovero”, sentendosi rispondere: “sei cresciuto qui…”. La questione – ha sottolineato Lavy – “era anche oggetto di battute”. L’ex primo cittadino del Comune è pure tornato su un episodio risalente all’aprile 2016, quando in un incontro con l’allora consigliere regionale Ego Perron, sotto i portici del palazzo di piazza Deffeyes, questi gli chiese “se c’erano problemi con Carcea”.

“Gli dissi – ha raccontato il Sindaco – che, a parte i modi di esprimersi un po’ appariscenti, era tutto normale”. Incalzato dal pm sull’aver chiesto i motivi della domanda, Lavy ha risposto “in quella occasione non gli diedi peso. Conoscevo Perron e ogni volta chiedeva come andava”. Peraltro, l’incontrò durò “5-10 minuti, non di più, eravamo in piedi, sotto i portici e lui, credo, era anche impegnato in Consiglio regionale, quindi era uscito e rientrato”. Ricorda, ha quindi chiesto il pm, “se in quel periodo c’erano state tensioni in Giunta”? “A distanza di 4 anni – ha concluso Lavy – diventa difficile dire”.

Il sindaco Centoz in aula

A pomeriggio inoltrato, le deposizioni si sono spostate sull’altro comune che, all’indomani dell’inchiesta, era stato interessato da accesso antimafia per i fatti emersi, Aosta (con esito opposto a Saint-Pierre, vista la non sussistenza di elementi di condizionamento tali da procedere allo scioglimento). E’ stato sentito il sindaco Fulvio Centoz, con riferimento alla “proposta di ‘aiuto’ elettorale”, in vista delle comunali 2015, che gli investigatori hanno ricostruito essergli stata avanzata da Antonio Raso. Lo “incontrai due o tre volte nel periodo antecedente la campagna elettorale, nei primi mesi” dell’anno, ha dichiarato in merito, “e facemmo qualche chiacchierata alla Rotonda”.

La “proposta di aiuto” di Raso

“Gli incontri sono sempre avvenuti tramite l’intermediazione di Addario”, che “conoscevo perché aveva un appalto con il comune di Rhêmes (di cui Centoz era stato Sindaco, ndr)” e parlammo “non nel dettaglio, ma certamente di elezioni e di come potesse darmi una mano”. Raso, ha ripreso il teste, disse che “in qualche modo poteva garantirmi diversi voti, senza quantificare nello specifico e che sarebbe stato disponibile”. Nessun accenno a numeri e di modalità, ma “nella mia percezione io immaginavo che, essendo di origini calabresi, avesse rapporti di parentela estesi e mi ha fatto presumere che avesse un certo bacino di voti”.

Il presidente Gramola ha quindi chiesto se venne indicato, dal ristoratore, come poteva essere ricambiato per quei consensi. “Non ricordo ci fosse una richiesta di altro genere, non di denaro o di altro – ha detto il Sindaco di Aosta. Non c’era evidenza di qualche scambio. Non mi pare che ci furono valutazioni così dettagliate”. Centoz ha aggiunto di aver avuto l’impressione “che si parlò di come raccogliere dei voti, ma in ambito più generale”. Per questo, “andai un paio di volte” al ristorante” e “alla fine la mia considerazione è stata che mi sembravano più promesse che altro, che non so se sarebbero state mantenute”. Dopo l’elezione a Sindaco, “non ho più avuto contatti, neppure con Addario”.

“Sorbara, difficile da gestire in gruppo”

Sui rapporti con Marco Sorbara, che fu in Giunta con Centoz (come assessore alle Politiche sociali) fino all’elezione in Consiglio regionale nel 2018, ed oggi è a giudizio nel processo per concorso esterno alla “locale” di ‘ndrangheta del capoluogo regionale, il primo cittadino di Aosta ha escluso “in linea di massima” dei contrasti, ma “è persona difficile da gestire in un rapporto di gruppo, perché tende a muoversi per conto suo”. A volte “è difficile capire cosa sta facendo”, ma “tolto questo aspetto caratteriale non c’è molto”. L’audizione ha quindi virato su alcuni dei fatti contestati al consigliere regionale sospeso nei capi d’imputazione.

Parlando della consegna di mobili dell’amministrazione aostana al comune di San Giorgio Morgeto, che per gli inquirenti vennero portati in Calabria dallo stesso Sorbara, il Sindaco ha osservato di non aver dato “troppo peso” alla questione, “perché sostanzialmente era già stato deciso di darli al comune” calabrese “dalla precedente Giunta”. “So – ha continuato Centoz – che i mobili furono consegnati da Sorbara e questo creò problemi. Non so dire chi doveva fare la consegna, probabilmente ci voleva un atto dirigenziale, ma non atteneva alle mie deleghe. C’erano un assessore e dei dirigenti che immaginavo avessero dato seguito”.

Il contestato “bando anziani”

Quanto al contestato bando sui servizi agli anziani, nel 2016, Centoz ha ripreso le pressanti richieste di ritiro da parte “degli assessori dell’Union Valdôtaine” e rivelato che “fummo convocati a Palazzo regionale, dove alcuni dirigenti chiesero di revocarlo e a me arrivò una bozza di revoca del bando anziani dalla Regione”. Quel documento “fu protocollato” e tali “pressioni” divennero oggetto di una richiesta all’Autorità nazionale anticorruzione che, ha annotato Centoz, non ottenne risposta.

“L’amministrazione – ha rammentato il Sindaco – doveva scegliere tra un lotto o due. Io preferivo due, mentre Sorbara spinse per uno. Alla fine facemmo un appalto di un lotto unico, anche in considerazione delle economie di scala. E questo generò ricadute politiche anche di un certo livello”. L’appalto andò alla società “Kcs Caregiver” e la cooperativa “Leone Rosso” (la cui offerta economica, migliore, fu giudicata “anomala” dagli uffici comunali) perse il proprio ricorso amministrativo.

Il retroscena sulla nomina del Segretario

Nella sua lunga testimonianza, il Sindaco di Aosta ha anche svelato un retroscena sulla scelta del segretario comunale subito dopo le elezioni 2015. Centoz è intenzionato a nominare Donatella Eloisa D’Anna, ma “la Giunta era scettica”. “Il presidente della Regione Rollandin mi fermò per strada – ha proseguito – sconsigliandomi questa nomina e consigliandomi di confermare il segretario uscente (il dottor Stefano Franco, ndr.)”. Per accelerare, “anticipai la scelta del segretario che avrei dovuto fare per ultimo tra i sindaci e scelsi per primo”.

Questo, “di fatto, comportò la fine dell’incarico di D’Anna”, per l’irregolarità della procedura (il presidente Gramola è anche ritornato sulla causa di lavoro tenutasi al Tribunale di Aosta). D’Anna restò in carico dal giugno al settembre 2015 e poi prese il suo posto Annamaria Tambini, al tempo dirigente alle Politiche sociali. L’udienza si è conclusa poco dopo le 18.30. Riprenderà mercoledì 17 giugno, con l’esame di alcuni testimoni indicati dalla difesa Sorbara.

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