Processo “Giroparchi”, nessun illecito nei lavori: dieci assoluzioni

Scagionati dalle accuse, “perché il fatto non susssiste”, il funzionario regionale, i quattro liberi professionisti e i cinque legali rappresentanti di imprese a giudizio per ipotesi di frode, falso ideologico e violazioni edilizie.
Il tribunale di Aosta
Cronaca

Si è chiuso con l’assoluzione di tutti e dieci gli imputati, “perché il fatto non sussiste”, il processo su presunte difformità nella realizzazione dei sentieri del progetto “Giroparchi”, nella zona del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Il Gup Giuseppe Colazingari ha letto la sentenza attorno alle 12.30 di oggi, giovedì 28 gennaio. Le contestazioni erano, a vario titolo, di frode nelle pubbliche forniture, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale e violazione del testo unico in materia di edilizia, nonché del codice dei beni culturali e del paesaggio.

Chi era imputato

A giudizio, a seguito delle indagini coordinate dal pm Carlo Introvigne (oggi in servizio a Vercelli) e sviluppate dal Corpo di Sorveglianza del Parco e dai Carabinieri, erano finiti il funzionario della Regione investito delle funzioni di Responsabile Unico del Procedimento (Alessandro Ceccon, 49 anni, di Aosta), quattro liberi professionisti che hanno agito in qualità di direttori dei lavori: Duilio Gal (53, Châtillon), Aldo Neyroz (61, Sarre), Manuel Lavoyer (40, Pontey) e Mauro Andrea Perino (47, Bollengo), oltre a cinque legali rappresentanti delle imprese realizzatrici delle opere.

Si tratta di Ennio Da Canal (60, Quart) della “Ecoval Srl”, Egidio Pellini (45, della “Ecn34” di Roma), Mario Nera (60, della “3A Spa” e “3° Srl” di Roma), Simona Maccarone (36, San Gregorio di Catania) e Domenico Cavallaro (46, Catania), entrambi della “Ingegneria e Ambiente Srl”. Per tutti gli imputati la Procura, nell’udienza dello scorso 3 marzo, aveva sollecitato la condanna di tutti gli imputati, invocando pene che, complessivamente, superavano i 10 anni di carcere e i 7mila euro di multe.

Le acccuse in dettaglio

Le accuse si riferivano a difformità nei lavori eseguiti, rispetto ai progetti esecutivi. Secondo gli inquirenti, nell’attuazione dei progetti non erano state piazzate funi, soste e cartelli, alcune staccionate erano state posizionate vicino al parcheggio per evitare il “trasporto in elicottero”, mentre pozzetti progettati in cemento armato avevano visto la realizzazione in “pietrame a secco, di dubbia qualità e robustezza”.

Le opere finite nel processo, finanziate anche con fondi comunitari (perché rientranti nel Programma attuativo regionale 2007/13 del Fondo per le Aree sottoutilizzate), erano: il sentiero della Valnontey al rifugio Sella (totalmente all’interno del parco), il giro della Valsavarenche, il giro della Grivola, il Tour de la Vallée de Cogne e il giro della Valnontey (non del tutto nell’area protetta), l’“Itinerario rosso” Col Nivolet-Col Rosset-Rifugio Benevolo-Lago Pellaud e l’“Itinerario blu” Bivacco Gonthier-Chevrère-Mont Blanc-Voix-Mélignon-Bruil (sia all’interno, sia all’esterno del parco).

Un procedimento lungo e complesso

Gli imputati avevano scelto tutti di essere giudicati con il rito abbreviato, in alcuni casi condizionato all’audizione dei consulenti tecnici cui i rispettivi difensori hanno commissionato perizie sui lavori svolti. Il procedimento è stato lungo e dallo sviluppo complesso: le richieste di rinvio a giudizio degli allo risalgono al marzo 2018, mentre l’inchiesta era stata chiusa nel novembre dell’anno prima. Parallelamente al giudizio penale, conclusosi oggi con le assoluzioni, la Corte dei Conti aveva chiamato in causa, per ipotesi di danno erariale, tre direttori dei lavori e il funzionario regionale. In quel caso, una istanza di rito abbreviato e tre assoluzioni avevano definito la vertenza.

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