Per l’accusa, ha provato ad imporre un rapporto sessuale, nonostante fosse chiaro il “no” di colei con cui si era incontrato, cagionandole anche delle lesioni in varie parti del corpo. Per l’avvocato di parte civile, a fianco della donna che ha denunciato l’acccaduto, lui era animato da “volontà, istinto di dominio e prevaricazione”, che lo hanno portato ad equivocare, leggendola come una “resa sessuale”, il fatto che lei avesse accettato l’appuntamento. Per la difesa dell’imputato, i due protagonisti dell’episodio intrattenevano una relazione intima e i fatti di quel giorno vanno collocati in quel contesto.
La sentenza
Sono le visioni che si sono confrontate nel processo conclusosi oggi, mercoledì 15 maggio, al Tribunale di Aosta con la condanna a tredici mesi di reclusione di Sergiu Munteanu, 45enne nato in Romania e residente in Valle, per tentata violenza sessuale e lesioni personali. La pena sarà sospesa se, entro tre mesi dall’irrevocabilità della sentenza, l’imputato risarcirà la donna con 5mila euro (oltre a 2710 euro di spese di costituzione nel giudizio e assistenza legale) e prenderà parte a percorsi di recupero. Una prescrizione, introdotta dalle norme più recenti, che viene applicata per una delle prime volte in Valle.
Il racconto della donna
L’accusa, rappresentata in aula dal pm Francesco Pizzato, aveva chiesto una condanna ad un anno e dieci mesi di carcere. I fatti risalgono allo scorso 6 dicembre. Quel giorno, nella ricostruzione fatta in aula dalla donna, l’imputato la ha raggiunta, ad inizio pomeriggio, per poi recarsi a casa sua. Una volta là, “lui continuava a bere” ed avrebbe cercato, in due riprese, di trascinarla in camera da letto, nell’intento di consumare un rapporto. In quella fase, la avrebbe anche morsa, procurandole ecchimosi e segni testimoniati da foto scattate durante le visite in pronto soccorso.
Lei, dopo aver raccontato di essere riuscita a divincolarsi, ha spiegato di aver cercato una scusa per allontanarsi, proponendo di uscire per bere un aperitivo. “Sono andata via – ha sottolineato – e lui è rimasto lì, mi ha detto delle parolacce in romeno. Non ho chiamato le forze dell’ordine, perché lui aveva promesso che se ne sarebbe andato”. In realtà, non solo l’imputato resta in casa quel giorno, dove trascorre anche la notte da solo, ma la Polizia locale (cui l’accaduto viene segnalato) si reca all’abitazione in ben tre diversi momenti. Solo l’ultima volta, quando intervengono anche i Carabinieri – e siamo al giorno dopo – lui lascia la casa.
L’esame dell’imputato
Sentito dinanzi al collegio giudicante, l’uomo ha ammesso, per uno “scherzo”, di aver dato un pizzicotto su un braccio alla donna, in taxi, mentre stavano raggiungendo l’alloggio, e successivamente, mentre lei era in cucina intenta a preparare del cibo, con lo stesso spirito “le ho dato un morsetto” su un gluteo: “non forte”. Per il resto, ha respinto gli addebiti. L’imputato ha pure ripercorso la frequentazione con la donna, da cui era stato inizialmente contattato su un social network, incontrandola per la prima volta in settembre. Qualche giorno dopo, tra i due era in programma un altro appuntamento, ma “lei non ha trovato la fermata del bus” a cui scendere e “abbiamo litigato molto forte”.
La discussione tra le parti
Nella percezione dell’uomo, la denuncia depositata a seguito dell’incontro di dicembre era quindi stata una “vendetta” per quel litigio. Un aspetto su cui hanno insistito i legali dell’imputato, sia evidenziando alcune circostanze di quel giorno (“lei dice di essere uscita per paura, peccato che siano rimasti 4 ore insieme” ha sottolineato l’avvocata Corinne Margueret, nel team difensivo assieme al collega Ascanio Donadio), sia puntando sul contenuto di alcuni messaggi scambiati tra le parti, e depositati agli atti, dopo che lui si era trovato da solo in casa.
“Lui scrive ‘io dormo sul divano’, lei risponde ‘puoi dormire nel letto’. Se penso che quell’uomo abbia tentato di stuprarmi, non gli dico di dormire nelle lenzuola dove dormo tutte le notti”, ha tuonato il difensore. Per l’avvocata Manuela Ghillino, che assisteva la donna costituitasi nel giudizio, “l’ossessione di possesso di questo signore si è impadronita di lui, degradandolo, vittima dei suoi biechi istinti”. Il “cercare di portarla in camera, poi aspettare sul divano, quindi prenderla di nuovo” – ha puntualizzato il legale, è stato “quasi un ghermire la preda, proprio degli animali”.
Per il pm, la ricostruzione effettuata dalla donna “è chiara e va ritenuta attendibile”, anche perché se nella prima parte dei fatti può essere che l’imputato non avesse percepito il rifiuto della donna, nella fase in cui ha cercato di portarla in camera da letto, “si deve pensare che non potesse che avere chiaro” il diniego al rapporto sessuale opposto dalla persona offesa. E poi le dichiarazioni sono “corroborate da documentazione medica e fotografica sui morsi”. A quel punto, per l’accusa, “che avessero una relazione sentimentale, o meno, non rileva e non toglie che lei avesse, quel giorno, detto ‘no’”.
La difesa preannuncia appello
Lasciando il palazzo di giustizia, i difensori dell’imputato hanno preannunciato l’impugnazione della sentenza in appello. “Leggeremo le motivazioni, riconosciamo che è una pena contenuta. Bisognerà valutare il merito della decisione”, sono state le parole dell’avvocato Donadio. Il deposito della decisione, da parte dei giudici (presidente del collegio Giuseppe Colazingari, con i colleghi Marco Tornatore e Maurizio D’Abrusco a latere) è atteso entro 35 giorni da oggi.