Ad aprile primi bagni o ultime curve? Quando essere piccoli può essere un vantaggio

In Valle d’Aosta la stagione sciistica è terminata ma diversi turisti vedendo ancora tanta neve si lamentano: è davvero troppo presto per chiudere?
Turismok
Economia, Società

Negli ultimi giorni ci si è improvvisamente trovati nel bel mezzo di un’estate anticipata, ma fino alla scorsa settimana pareva di essere in pieno invern, con temperature rigide e neve abbondante anche a quote relativamente basse.
Nonostante quindi si fosse già ad aprile inoltrato lo scorso weekend è stato all’insegna dello sci in quasi tutti i principali comprensori della Valle d’Aosta, che – con l’eccezione di Cervinia – hanno celebrato con condizioni ideali la chiusura della stagione. Proprio questo fatto ha portato numerosi turisti (vedasi i profili facebook dei comprensori sciistici) a lamentarsi di una chiusura considerata quasi "anticipata": infatti, secondo questi “insaziabili” della neve, le condizioni avrebbero permesso di prolungare l’apertura almeno fino alla fine di aprile. La risposta degli impianti è che in primavera la voglia di sci, e quindi l’affluenza, è minore e quindi difficilmente giustifica i costi per mantenere aperti i comprensori.

C’è da evidenziare che ultimamente in Italia il turista è diventato  più volubile (spesso basta un bollettino negativo del venerdì per annullare il weekend sulla neve) e sempre più ancorato a festività classiche:  la Pasqua è tipicamente identificata come il termine della stagione sciistica. Per questo motivo, se come quest’anno la Pasqua cade presto, il mese di aprile rischia di essere consacrato alle prime sortite in spiaggia più che alle ultime curve sulla neve. Da questo punto di vista, il ragionamento economico delle società di impianti pare motivato: per quanto se ne dica, lo “sci fuori stagione” attrae il grande pubblico soprattutto in autunno quando la fame di sci è tanta, mentre spesso a fine stagione si registra un effetto saturazione che porta la maggioranza a scegliere il mare mentre solo gli irriducibili continuano a cercare la neve. Inoltre, proprio il caldo di questi giorni suggerisce un’altra considerazione: in primavera il tempo è particolarmente mutevole ed il sole già molto caldo: bastano quindi pochi giorni per passare (esattamente com’è successo) da condizioni quasi invernali ad una “canicola” che squaglia la neve a velocità impressionante, specialmente alle quote medie.

Ci sono però delle interessanti eccezioni. In Valle d’Aosta ad esempio, Cervinia continua con il suo motto  “primi ad aprire, ultimi a chiudere” che fa ormai parte del suo brand: il fatto che la lunghezza della stagione sciistica sia appunto associata alla sua immagine, fa sì che questa località sia sempre particolarmente frequentata ad inizio e fine stagione, anche approfittando dell’assenza di competitors in quei periodi.  Un altro caso interessante è quello di Gressoney che, insieme ad Alagna in Piemonte, programma delle aperture speciali dopo la chiusura ufficiale: in alcuni giorni e a determinati orari, gli impianti che conducono alla zona dell’Indren rimangono aperti per i praticanti di freeride e scialpinismo. Si tratta di una soluzione intelligente sia da un punto di vista di ottimizzazione dei costi (funzionamento solo di alcuni impianti e spese di battitura/manutenzione delle piste assenti), sia da un punto di vista di branding e fidelizzazione di un target. In questo modo, infatti, si sviluppa l’associazione di queste località col prodotto freeride rafforzando il brand e ci si avvicina ad un target, quello degli scialpinisti, tradizionalmente “allergico” ai comprensori sciistici.

Altri casi sono quelli delle piccole stazioni che, avendo pochi impianti e quindi costi minori, possono permettersi una gestione più flessibile promuovendo iniziative di “apertura ad oltranza”: è il caso di Prali in Piemonte che, in anni di abbondante innevamento, è arrivata a tenere aperto fino all’inizio di giugno. Queste iniziative sono molto apprezzate dagli utenti, che avvertono una grande disponibilità da parte della destinazione, arrivando quasi a formare un “club” con una fortissima fidelizzazione.
Ecco un vantaggio competitivo che le piccole stazioni possono avere e sfruttare nei confronti dei “giganti” che in passato minacciavano di spazzarle via. Un ulteriore esempio di come spesso le ridotte dimensioni possano costituire un’opportunità di fare qualità e personalizzazione dei servizi.

 

A CURA DI TURISMOK
 

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