Le Regioni tentano il “forcing”, il 18 gennaio data ultima per riaprire gli impianti di sci

"È l'ultima data per poter dare un senso a questa stagione invernale e programmare assunzioni e aperture” spiegava Bertschy dopo la Conferenza delle Regioni. Da Avif arriva un documento che si rivolge al Governo: "La Valle d’Aosta, insieme a tutte le regioni di montagna, deve essere ascoltata".
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Economia

L’ultimatum per aprire gli impianti da sci, e partire – di rincorsa – con una stagione invernale “ammazzata nella culla” dall’emergenza Coronavirus, è il 18 gennaio.

“L’ultima data per poter dare un senso a questa stagione invernale e per programmare sia le assunzioni che le aperture degli impianti” spiegava ad Ansa Luigi Bertschy, Assessore allo Sviluppo economico, dopo che la richiesta al Governo era emersa nella Conferenza delle Regioni, spostando di fatto dall’inizialmente sperato 7 gennaio al 18 la data di riapertura degli impianti sciistici solo nelle Regioni in zona gialla, con i divieti che rimangono per le zone rossa e arancione.

Una data certa, e vicina, cui si aggiunge “una richiesta forte di ristori per le società di impianti a fune, per i maestri di sci, per tutti gli operatori che in questo periodo sono rimasti fermi e senza reddito”, prosegue Bertschy. Richiesta in realtà ribadita, che fa il paio con l’aggiornamento apportato ai protocolli riapertura.

Avif: “La Valle d’Aosta, insieme a tutte le regioni di montagna, deve essere ascoltata”

Intanto, l’Associazione valdostana degli impianti a fune, nel corso della sua assemblea annuale ha annunciato la presentazione di un documento che mette nero su bianco le istanze del mondo della montagna, e.

Documento redatto con il contribuito – si legge in una nota – della Giunta regionale, le Organizzazioni sindacali regionali settore impianti a fune, la Chambre valdôtaine, l’Associazione valdostana enti gestori piste di fondo ed il Cpel, con i contenuti condivisi anche dell’Unione Valdostana delle Guide di alta montagna e l’Associazione valdostana maestri di sci.

Il mondo della montagna “fa quadrato”, con Avif che spiega: “Il Governo nazionale deve dare risposte anche alla montagna e alle attività collegate allo sci. Il settore degli impianti a fune e, di conseguenza, la montagna tutta, sono in attesa di certezze sulla possibile riapertura e sulle regole per l’avvio della stagione invernale. Il Dpcm del 4 dicembre prevedeva l’apertura, subordinandola all’adozione di un protocollo che è già stato analizzato e depositato dalla Conferenza delle Regioni ma che si trova ancora in corso di validazione a seguito degli ulteriori adeguamenti richiesti dal Cts per renderlo definitivo ed operativo”.

“La Valle d’Aosta, insieme a tutte le regioni di montagna, deve essere ascoltata – si legge ancora -: il turismo invernale rappresenta per gli operatori economici e per i lavoratori, in gran parte stagionali, la principale, quando non l’unica, fonte di sostentamento. L’annullamento della stagione invernale o anche una sua ulteriore contrazione o peggio ancora la cancellazione rischiano di compromettere gravemente il futuro delle aziende, dei lavoratori e delle famiglie valdostane. È una comunità intera, quella della montagna, che verrà colpita dalla ricaduta di scelte non affrontate con senso di responsabilità”.

I numeri del settore

Avif che, per rendere la questione ancora più chiara, fa di conto: “Il settore degli impianti a fune in Valle d’Aosta genera un fatturato annuo di più di 80 milioni di euro e garantisce lavoro a circa 330 dipendenti a tempo indeterminato, attualmente a casa quasi tutti inseriti nel Fondo Integrativo Salariale, e 670 dipendenti stagionali che non sono ancora stati assunti. La chiusura di tutti i comprensori sciistici fino al 6 gennaio crea un danno diretto nel solo fatturato degli impianti a fune di circa 30 milioni di euro al quale si dovrà comunque aggiungere un ulteriore danno determinato dalla mancanza della clientela straniera. A questo si aggiungono le ricadute negative che, a cascata, vanno a colpire tutte le attività commerciali operanti sul territorio”.

“Tutte le nostre vallate laterali vivono direttamente o indirettamente del turismo dello sci: dall’artigiano al ristoratore, dall’albergatore all’elettricista, dal maestro di sci alle guide alpine – spiega ancora l’Associazione -. In Valle d’Aosta, così come in tutto l’arco alpino, lo sci non è solo divertimento ma lavoro per tutti. La Valle d’Aosta chiede al Governo nazionale la giusta attenzione, affinché il popolo di montagna non debba pagare un prezzo troppo alto e possa sopravvivere a questa pandemia, impegnandosi nel rispetto di regole e protocolli, per poter guardare al futuro”.

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