Mentre si attende l’emendamento del governo Meloni sulla “maxi-agevolazione” del Superbonus e la Commissione Finanze del Senato sta cercando di portare a termine le votazioni sugli emendamenti agli articoli del decreto entro la settimana, il deputato Franco Manes esprime tutta la sua preoccupazione.
Anzitutto, riguardo l’accelerazione impressa al provvedimento: “Vi è preoccupazione per alcuni articoli contenuti nell’atto in questione, ad esempio l’obbligatorietà di spalmare i crediti su 10 anni, una misura annunciata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che ci auguriamo non venga applicata retroattivamente”.
Ma non solo: “Inoltre – aggiunge Manes –, la norma che sembra affidare ai Comuni i controlli sui cantieri è allarmante. Se in passato i Comuni sono spesso diventati esattori per conto dello Stato, le disposizioni attuali rischiano di sovraccaricarli con l’onere dei controlli in una materia che nemmeno le strutture statali sono in grado di gestire”.
“Francamente, non si capisce come la politica in generale non si renda conto che gli apparati tecnici e amministrativi dei Comuni sono da tempo allo stremo”.
La norma in discussione prevede che i Comuni possano trattenere un ipotetico 50 per cento degli introiti eventualmente definiti, spiega una nota del deputato. Che aggiunge: “Capisco la necessità dei Comuni di avere più risorse, ma imporre loro di diventare contemporaneamente agenti riscossori, fiscali e di polizia è davvero eccessivo. Non è accettabile che i sindaci siano sempre l’ultima ruota del carro in politiche come quella del Superbonus, che era un’ottima idea in origine ma poi gestita negli anni in modo assurdo“.
“Spero che in Aula al Senato ci sia la possibilità di adeguare il disposto di legge alla realtà e alle effettive esigenze dei Comuni, soprattutto quelli più piccoli, dato che quando il provvedimento arriverà alla Camera dei deputati sarà in seconda lettura e quindi non più modificabile”, chiude Manes.
Una risposta
È arrivato il fenomeno di Manes. Se avessimo dovuto adeguarci alla realtà, come sostiene, il
Parlamento non l’avrebbe dovuto vedere nemmeno con il cannocchiale